In molti nel Partito Democratico non si rassegnano all'idea che Alberto Pacher lasci la politica, convinti come sono che con un uomo della sua esperienza candidato governatore potrebbe ricoagularsi il partito e andare unito verso le elezioni provinciali di ottobre. Senza rischiare lo scontro con le primarie in un momento così delicato. L'ultimo appello è arrivato ieri dal sindaco Alessandro Andreatta. Senza grande successo.F. Gottardi, "L'Adige", 27 aprile 2013
Presidente Pacher, c'è la possibilità che lei cambi idea? Non è questione di cambiare idea. Io a ottobre avevo espresso alcuni temi politici secondo me importanti ma da allora non sono stati affrontati nel Pd i nodi rilevanti. Non è cambiato niente per farmi cambiare idea. Manca una linea, come a livello nazionale? A livello nazionale la posizione del Pd è davvero imbarazzante. Abbiamo un'area politica che ha propri rappresentanti in tutte le cariche istituzionali e mai ha passato un momento di così profonda difficoltà. Quanto successo la scorsa settimana non è un episodio congiunturale ma un problema strutturale. Problema strutturale che esiste anche in Trentino? In un partito se non si affrontano i nodi di fondo i problemi non si risolvono e non si riesce a elaborare una posizione. Io non credo che sia molto sensato che il nocciolo della questione sia primarie si primarie no. Si discute sempre su questioni metodologiche che certo hanno anche una valenza politica ma non dovrebbero essere l'unico argomento. Quindi il suo, lo conferma, è un no politico, non una scelta di vita personale? Certo che è una scelta politica. Anche se in questi mesi ne ho sentite di tutti i colori su quelle che sarebbero le vere ragioni della mia scelta. Compreso il fatto che sarai un malato quasi terminale, cosa che grazie al cielo è una stupidaggine totale. Per fortuna non è questo il tema, ma il vero tema è politico. Manca lo spirito di coalizione? Alle volte ho la sensazione che anche all'interno del Pd vi siano chiavi di lettura molto diverse su quello che è stato il percorso di governo degli ultimi anni. Forse sarebbe bene che si trovasse l'occasione per parlarne in maniera approfondita. Certo però la questione primarie è sul tappeto, i tempi sono stretti e il Pd, che ha impostato spesso la sua politica su questo metodo, deve fare delle scelte. Lei come la vede? Il tema deve discendere dal confronto tra le forze politiche. Le primarie in alcuni casi sono state molto utili, in altri sono state inutili e non si sono fatte, tipo in Friuli con nla Serracchiani o nel Lazio con Zigaretti, perché evdentemente le forze politiche avevano trovato un accordo e una convergenza. Forse stabilire prima di aver messo le premesse un metodo di lavoro non è la strada ideale. E si rischia poi di farsi male. Quello che è successo a Pergine è anche figlio di una serie di dinamiche locali ma deve anche essere un invito a stare attenti. Condivide l'appello fatto da un gruppo di sindaci e amministratori del Pd, che chiedono un maggiore coinvolgimento nei processi decisionali? Certo che lo condivido. Perché viene da un gruppo di persone che sono sul territorio e svolgono tutti i giorni il compito di tenere assieme la coalizione e lavorare per relazioni e legami. Sono i più esposti su questo fronte. Dellai prima di dimettersi da governatore aveva auspicato che il suo successore venisse scelto tra i suoi stessi assessori. Condivide anche lei questo auspicio? È meglio che su questo non dica niente. Io credo che possa aiutare molto avere una conoscienza dei meccanismi amministrativi. Ma sarà la coalizione a doversi confrontare. Parteciperà all'assemblea del Partito? No, sono fuori città.
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