I democratici: "Noi diversi dal nazionale"Pinter: "La nostra esperienza di governo non è nata guardando a Roma.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 21 aprile 2013
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La paura fa novanta. I Democratici trentini temono «l'effetto domino». Dopo le figuracce fatte a livello nazionale, c'è chi dice che molti elettori di sinistra, stufi delle gestioni pasticciate e degli scontri interni, anche nella terra dell'autonomia, voteranno per Grillo. E c'è chi dice che gli alleati (Patt e Upt) evidenzieranno le debolezze del Pd e pretenderanno la candidatura alla presidenza della Provincia (si vota in ottobre). Lo scossone romano delle «elezioni presidenziali» con le fumate nere potrebbe essere sentito anche qui nel profondo nord.
Il governatore Alberto Pacher, in Parlamento come grande elettore del capo dello Stato, dopo il «terremoto» ha inviato ai colleghi di partito sms molto chiari. «Peggio di così non potrebbe andare - ha scritto venerdì dopo la mancata elezione di Prodi alla presidenza della Repubblica - Ora possono solo cadere le meteoriti». Quadretto poco edificante, quello del Partito Democratico: una presidente che lascia l'incarico, un segretario nazionale dimissionario che non ne ha imbroccata una dal giorno successivo alle elezioni primarie e un partito allo sbando. Nel giorno della sesta votazione del presidente della Repubblica - dopo l'impallinamento di Franco Marini e di Romano Prodi - non il partito resterà in piedi o no. E ieri alla conferenza programmatica del Trentino c'era chi cercava di sorridere, ma la preoccupazioni per la sorte del Pd era palpabile. Nella sala congressi del Nero Cubo di Marco, in tanti hanno visto nero. « Sono incazzato - dice Flavio Ceol - Il solo fatto che Napolitano, un ottantottenne che voleva andare in pensione, sia stato costretto ad accettare di mettersi a disposizione è l'emblema del fallimento della politica».
Nel Pd (ieri in realtà a Marco si sono contate 140 persone nell'ora di massimo afflusso, che poi sono calate a 80 nel pomeriggio) tutti sembrano d'accordo su un punto: il partito non ha colto i segnali, ha perso la bussola e i 101 franchi tiratori che hanno «bruciato» Prodi, candidato al colle, non si devono cercare solo fra i renziani, ma magari anche fra chi, fra gli ex Dc, avrebbe voluto Marini e se lo sono visto mandare a casa. «Gli errori ci sono stati eccome - dice Sara Ferrari , consigliere provinciale - ma non vedo perché dobbiamo raccogliere noi i cocci di un danno prodotto da altri. Il Pd è un patrimonio, non possiamo buttarlo. Io non voglio chiudere baracca e burattini dopo tutta questa fatica. Ricordo che il Pd trentino non è come quello nazionale. Noi siamo forza di governo. Penso che verremo giudicati per quello che abbiamo fatto». Il giudizio arriverà presto. Il vento delle elezioni provinciali si sente già. E c'è chi teme l'abbinamento con quelle nazionali.
«Certo, la conferenza programmatica non poteva essere più intempestiva di così - dice Andrea Rudari , il consigliere che ha tenuto un contatto diretto con Pacher - ma ora dobbiamo concentrarci su un programma come Dio comanda e su un messaggio chiaro». Un'altra renziana, Elisa Filippi, dice: «Quello inferto al Pd non è un colpo mortale». Bruno Dorigatti , presidente del Consiglio provinciale, parla di occasione mancata e invita a ragionare sulle primarie di coalizione. Luca Zeni : «Il rischio di disaffezione degli elettori è reale». C'è chi, come Laura Froner , si chiede se ci sarà ancora un Pd. «Non escludo di poter fare poltica anche fuori da un partito» dice sibillina. Parole chiarissime invece da Donata Borgonovo Re , che si è messa a disposizione come candidata alla presidenza della Provincia, dice che «anche in Trentino si dovrebbe iniziare ad ascoltare la gente». «I programmi non possono essere decisi da un pugno di persone. Il confronto sulle grandi decisioni è la base». Gennaro Romano nota le tante analogie tra Roma e Trento, dove «il partito pare essere allergico al rinnovamento». Paolo Serra dice che c'è tanta gente di qualità, soprattutto a livello comunale. «Uno tsunami in Trentino? Faremo diga».
"Voglia di ripartire. Il partito c'è. Viabilità, gestioni associate e potenziamento delle comunità di valle. Il programma del Pd presentato nella giornata più difficile" A. Tomasi, "L'Adige", 21 aprile 2013
Un partito che non vuole riconoscersi in quello nazionale, perché - come ha sottolineato Alessio Manica, sindaco di Villa Lagarina - ci sono ottimi amministratori pubblici del Pd trentino che hanno dimostrato grandi capacità. Nella conferenza programmatica del Partito Democratico c'è voglia si smarcarsi, di allontanarsi da quell'immagine di partito «opaco, trafficone e inconcludente» che i vertici nazionali sembrano aver cucito addosso a quella che, fino a qualche tempo fa, era considerata la vera novità della politica. Quel partito, frutto della fusione a freddo fra cattolici e laici, scricchiola. Ma i democratici trentini rivendicano un ruolo di partito responsabile, di governo, dal loro punto di vista, di buon governo. E così Manica ricorda che le Comunità di valle, frutto della riforma istituzionale firmata dall'Upt Mauro Gilmozzi, è valida.
È stato Roberto Pinter a sottolineare i tre terreni su cui dovrebbe concentrarsi la politica: lavoro, autonomia e diritto di cittadinanza per tutti. Ma anche formazione, ricerca, sostegno alla natalità (un riferimento forse ai costi insostenibili degli asili nido), famiglia, energie alternative, riduzione della burocrazia, controllo della spesa sanitaria. Si parla anche di riduzione dei costi della politica e degli enti pubblici. Pinter parla di taglio drastico dei Comuni (un dimezzamento), di aggregazione, di gestione associata, di potenziamento delle Comunità di valle: «Con l'attribuzione di maggiori competenze (come cultura e turismo) alle Comunità di valle, ci potremmo permettere di eliminare società partecipate con connessi costi di gestione». Si ribadisce poi il no al progetto Metroland, puntando su un consolidamento della rete ferroviaria esistente.
Roberto Valcanover ha illustrato lo studio della commissione di lavoro dedicata all'ambiente: un documento che assomiglia ad una dichiarazione di intenti, con principi interessanti come l'aumento della raccolta differenziata e la riduzione a monte degli imballaggi inutili. Si fa riferimento ai biodigestori, gli impianti dedicati allo smaltimento dei rifiuti organici, che tanto hanno fatto discutere anche per l'impatto paesaggistico e in atmosfera. Progetti su cui il centro sinistra autonomista, in Provincia, è scivolato più di una volta, provocando la creazione di comitati spontanei non sempre ascoltati. Nel documento letto da Valcanover si fa riferimento al fatto che la politica trentina ha avuto la forza di fare marcia indietro sul progetto inceneritore, ma non si è espresso su una questione che preoccupa tanti cittadini: l'ipotizzato utilizzo (come prevederebbe il decreto Clini) - e mai smentito dalla Provincia - dei cementifici (di Riva e Sarche) come «inceneritori alternativi».
Lo choc del Pd «Ostaggi di Grillo»
Alla conferenza programmatica tutti con un occhio a Roma Il voto a Pergine e le provinciali: «Ora rischiamo grosso», P. Morando, "Trentino", 21 aprile 2013
La rappresentazione plastica delle divisioni del Pd trentino va in scena al ristorante, nella pausa tra i lavori della mattina e l’assemblea plenaria del pomeriggio: ecco il tavolo dei zeniani, quello dei renziani, più in là Pinter e i suoi, accanto gli amici di Donata Borgonovo Re. Poi altri tavoli sparsi: i giovani, i trentini, i roveretani, e via così. Per carità, nulla di tanto drammatico come le ultime notti romane di dalemiani, rottamatori ed ex popolari. E d’altra parte il clima, qui all’hotel Nerocubo, è lo stesso su ognuno dei tavoli, al di là delle divisioni locali: più che rabbia, uno choc che ammuitolisce. Anche se il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti, al caffè, parla invece di «sconcerto e incazzatura» al medesimo grado di intensità. Mentre fuori, tra i fumatori, c’è chi fa buon viso a cattivo gioco e trova la forza per riderci sopra. Come quando un ritardatario chiede «è qui il Pd?» e gli viene risposto: «Sì, per adesso ci siamo ancora...». Oppure: «Occhio a Twitter, magari ci comunicano che i circoli sono azzerati e il partito non esiste più». Rovereto, conferenza programmatica “Idee per il Trentino”. Quando è stata scelta la data, nessuno poteva immaginare che sarebbe caduta all’indomani della notte più nera del Pd: Prodi impallinato da oltre 100 franchi tiratori, le dimissioni in sequenza della presidente Bindi e del segretario Bersani, l’accusa di tradimento ai grandi elettori... Seduta su un divanetto, la consigliere provinciale Sara Ferrari pensa al voto di ottobre e scuote la testa: «Qui siamo forza di governo affidabile, sarebbe comunque ingiusto disconoscere il nostro percorso...». La raggiunge Elisa Filippi, la “renziana” rimasta esclusa dal Parlamento. Apocalittica: «Il colpo mortale e definitivo al partito non è ancora stato inferto, ma le premesse ci sono tutte». Mentre Andrea Rudari, preoccupato da un ulteriore boom del Movimento 5 Stelle alle elezioni di oggi e domani in Friuli-Venezia Giulia («e poi ci sarà il voto a Pergine, avremo un sindaco grillino...»), si rifiuta scherzosamente di dare conto dei messaggi di Pacher da Roma: come dire che servirebbero numerosi “biiip”.
Anche qui a Rovereto è ovviamente scattata la caccia al colpevole. Chi ha tradito Prodi? Renzi, D’Alema, chi altri? «Matteo non c’entra», assicura la Filippi. «Molti di noi, specie i parlamentari più giovani, sono rimasti vittime del “mail bombing” pro Rodotà», è l’analisi di Rudari. Mentre Dorigatti è per il pane al pane e il vino al vino: «Chiunque sia, sono traditori indegni di stare nel partito. I franchi tiratori nel voto per il Quirinale ci sono sempre stati anche ai tempi della Dc, ma allora erano giochi interni solo a quel partito, di chi conduceva guerre contro i vari leader. Qui invece si punta a sfasciare l’intero Paese. Abbiamo sempre rivendicato la nostra diversità, ma ora inizia ad avere ragione chi dice che siamo tutti uguali».
Chi prova seriamente a fare la conta è Roberto Pinter: «Quei cento voti mancanti vanno divisi per tre: un terzo di grandi elettori condizionati dei grillini, un altro terzo di renziani, il resto ex popolari che hanno voluto vendicare Marini. In comune hanno la stessa cosa: sono tutti dei cialtroni». Luca Zeni ammette invece che l’effetto sarà inevitabile: un ancora maggiore scollegamento della base del Pd dai propri vertici. Anche qui in Trentino? «Sì, anche qui in Trentino». L’opzione Napolitano, il sì del presidente uscente a un nuovo settennato, riaccende in parte i cuori nel dopopranzo. E il clima si fa anche un po’ goliardico. Come quando il socialista Nicola Zoller se ne esce ridendo con un «massì, finalmnete, basta giovanilismi, non se ne può più del nuovismo a tutti i costi». L
o storico Vincenzo Calì butta invece lì una considerazione tutt’altro che ottimista: «Finora ipotizzavamo per le prossime provinciali nove consiglieri del Pd e sette al Movimento 5 Stelle, ma temo che accadrà esattamente l’opposto. E sarà ancora andata bene...». Perché qui, all’hotel Nerocubo, si assiste annichiliti e impotenti alle evoluzioni romane di un partito senza più leadership, ma si pensa naturalmente anche alle cose di casa, alle elezioni di autunno. E più d’uno ammette che sì, la prospettiva è quella di un drastico calo di consensi del Pd in favore dei “grillini”. Con l’effetto di livellare notevolmente il divario con i partner di coalizione. E la scelta del candidato presidente, in che mani finisce? Dellai, spiega un altro consigliere provinciale, «non è affatto convinto dai nostri tre nomi possibili». Cioè Olivi, Zeni e Borgonovo Re. Preferirebbe invece quello dell’imprenditore Diego Mosna. «E Raffaelli e Bonvicini gli stanno già preparando un comitato elettorale». Sarà davvero così?
Donata Borgonovo Re: «Cittadini e movimenti non devono farci paura»
Occhiali in punta di naso, Donata Borgonovo Re prende la parola in assemblea per dire poche cose molto chiare. E che, nello sconcerto per le notizie romane, sembrano andare controcorrente rispetto al panico per l’“opa” lanciata dal Movimento 5 Stelle sul Pd, concretizzatosi nel “mail bombing” a molti grandi elettori con l’invito a votare Rodotà. Dice, l’ex difensore civico, che non deve esistere una frattura tra l’agire politicamente in un partito e l’essere cittadini interessati alla propria comunità attivi dunque in comitati o movimenti. Anzi, serve un’alleanza tra queste due forme di partecipazione, nel nome del bene pubblico. E poi l’autonomia, che anche in tempi di vacche magre deve produrre «altre autonomie». Come? Sostituendo alle minori risorse finanziare un maggiore capitale sociale. Ed è un altro modo di chiamare i trentini alla partecipazione “dal basso”. «Mi sono segnata cinque parole, che vi ripeto qui: sostenibilità, innovazione, sussidiarietà, semplificazione e inclusione. Se ci pensate bene, hanno un comune denominatore, che è un’altra parola: quella che ci deve guidare: corresponsabilità. Un compito impegnativo, per tutti, ma che non deve fare paura».
Poco prima, al cronista, così aveva spiegato il proprio stato d’animo dopo il venerdì nero della “trombatura” di Prodi: «È il punto più basso mai toccato dal Pd. Ed è forte il rischio che gli elettori non si riconoscano più nel partito. Ma l’alternativa è solo una: la definitiva divisione delle due anime che finora gli hanno dato vita, ognuna per conto suo. Invece no, dobbiamo ancora cercare una sintesi. E chissà che il Trentino non possa essere un buon esempio per il Pd nazionale».
Vale a dire? «Anche qui abbiamo divisioni, ma non così esplosive. E l’esperienza di governo è positiva. Dobbiamo continuare ad ascoltare i cittadini, coinvolgerli nel lavoro politico, prima di tutto attraverso le primarie. È vero, spesso l’effetto che producono è quello di far vincere le posizioni più radicali. Ma Pisapia a Milano mi sembra che sia un ottimo sindaco, no? La democrazia è sempre positiva. Anzi, non ce n’è mai in eccesso».
Quattro i gruppi di lavoro che, dopo le relazioni di apertura degli assessori Olivi e Dalmaso e del capogruppo in provincia Zeni, si sono confrontati su altrettanti argomenti: lavoro, autonomia, cittadinanza e territorio, con relazioni finali affidate rispettivamente a Laura Froner, Roberto Pinter, Giulia Merlo e Roberto Valcanover. Moltissimi i punti su cui occorreranno maggiori approfondimenti, ma tutti sono destinati fin d’ora a costituire la piattaforma programmatica in vista delle elezioni di ottobre.
In tema di lavoro, oltre alla sottolineatura del metodo della concertazione (a partire dall’attuazione della delega sugli ammortizzatori sociali, con un focus sulle politiche attive), i punti cardine per il rilancio del sistema produttivo sono stati identificati nelle politiche di filiera, nel sostegno all’internazionalizzazione, negli incentivi alla ricerca, nella creazione di reti e distretti e in interventi che rendano il territorio polo di attrazione per l’insediamento di aziende ad alto tasso d’innovazione. Il tutto favorendo il più possibile le interazioni tra scuola e mondo del lavoro.
Nella sua relazione, il presidente Pinter si è invece soffermato in particolare sul rafforzamento dell’autonomia attraverso l’assunzione di nuove competenze, sull’avvio della revisione dello statuto e sulla Regione da superare («ma da abbandonare solo se sostituita da un quadro che dia altrettanta certezza all’autonomia»). Come da superare è il centralismo provinciale, trasformando le Comunità di valle ora “ibride” in vere e proprie Agenzie del territorio al servizio di Comuni, con funzioni specifiche riservate alle Conferenze dei sindaci. «Ma l’obiettivo - ha chiarito - deve essere comunque quello del dimezzamento dei Comuni, allineandoci all’Alto Adige». Infine i costi della politica: molto è stato fatto su tagli di vitalizi e riduzioni delle indennità, «ma il processo va completato».
Il tema cittadinanza è stato invece declinato da Giulia Merlo saldandolo all’articolo 3 della Costituzione: e dunque uguaglianza davanti alla legge, rimozione degli ostacoli economici e sociali, partecipazione dei lavoratori all’organizzazione del Paese. Inoltre, cultura come motore di sviluppo in termini di creazione di servizi e posti di lavoro e pari opportunità come fattore di maggiore qualità della società. Infine l’ambiente. Su cui, ha detto Valcanover, ogni ragionamento (compreso Metroland) deve muovere da un presupposto: l’accettazione dei limiti, strettamente ambientali ma anche per quanto riguarda la ricaduta sociale di ogni intervento.