"La sorgente della felicità l'abbiamo dentro"

Il Dalai Lama incanta Trento. "Giovani, questo secolo sia quello del dialogo". Pinter: "Lo sgomento non deve tradursi in rassegnazione. Siamo  noi prigionieri dell'effimero". Pacher: "Condividiamo la sofferenza del suo popolo. Lei ci ricorda cosa vuol dire essere cittadini del mondo".
M. Damaggio, "Corriere del Trentino", 12 aprile 2013
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«Ed ecco perché l'autonomia della nostra terra è importante per il Tibet». Roberto Pinter riesce ad afferrare il microfono e fa in tempo a dire queste parole prima che il Dalai Lama venga «assalito» dai fedeli buddisti e dai simpatizzanti accorsi per sentire le sue parole. Dopo il mercoledì bolzanino, per Tenzin Gyatso è arrivato il giovedì trentino. Agli amici dell'Associazione Italia Tibet, di cui Pinter è rappresentante di primo piano, la guida spirituale del buddisti tibetani ieri ha parlato degli obiettivi: «Noi non vogliamo l'indipendenza dalla Cina, ma vogliamo una convivenza costruttiva: una vera autonomia, sufficiente per far sì che noi stessi tibetani possiamo controllare la nostra cultura. Il Tibet non è mai stato parte della Cina». Ricorda che si trova proprio «in mezzo tra l'India e la Cina». Le somiglianze con il Trentino Alto Adige - che si trova tra il Mediterraneo e il mondo germanico - ci sono, a volerle cercare, anche se Tenzin Gyatso pare pensare più al Südtirol che al Trentino. Nell'incontro privato con il governatore Alberto Pacher parla infatti di Tirolo del Sud: «Mi dicono che la crisi economica si sente, ma che qui nella regione autonoma le cose vanno un po' meglio».
Conquista tutti, il Dalai Lama, che per la quarta volta viene in provincia (ci era stato nel 2001, nel 2005 e nel 2009). Accompagnato da Roberto Pinter e Alberto Pacher, va in Consiglio provinciale, dove il «padrone di casa» Bruno Dorigatti, dopo qualche insistenza, riesce a cedergli la poltrona da presidente. «Sono sedie molto pesanti le vostre -. nota lui - Qui non potete lanciarvele come succede in altri Parlamenti che preferisco non nominare». Parla di «democrazia quale unica via per il futuro». «Dove c'è democrazia, i Paesi sono più stabili». Poi, in conferenza stampa, alla domanda sulla politica e la democrazia italiana, risponde così: «So che recentemente ci sono state le elezioni. Assistiamo ad una mancanza di decisione. Sono cose che succedono, ma il sistema democratico resta il migliore possibile». È un messaggio di speranza, il suo. E non potrebbe essere altrimenti. Per certi versi ricorda la speranza di cui parla papa Francesco, che però non incontrerà, almeno non in questa trasferta italiana, anche se la richiesta era stata intoltrata oltre Tevere. La ragione ufficiale è che in questi giorni l'agenda del pontefice è troppo fitta di impegni. Non è dato sapere se, da parte vaticana, esistano anche ragioni di opportunità visti i rapporti delicati fra Chiesa cattolica e governo cinese.
Davanti ai consiglieri provinciali (Mario Magnani lo accoglie sulle scale, anticipando di un soffio il presidente Dorigatti; lo saluta ricordandogli che nel 2005 era stato nello stesso «parlamento» ma quello era il Consiglio regionale e lui allora era presidente) Tenzin Gyatso dice che per il nostro futuro la preghiera è importante ma da sola non basta: «Servono le azioni». Davanti a cameramen, fra i flash dei fotografi, dice: «Sono solo un essere umano. Siamo tutti esseri umani: politici e non politici, uomini e donne». E ancora: «Abbiamo tutti gli stessi bisogni».
Come ormai da tradizione, il Dalai Lama viene scortato dal Palazzo che ospita il Consiglio a quello della giunta. Le guardie del corpo cercano di eliminare gli ostacoli sul suo percorso, evitando cadute. Per tutto il tempo non molla la mano del presidente Pacher, che nota il suo ottimo stato di salute: «Sembra che il tempo non sia passato». Il Dalai Lama gli mostra le sopracciglia: «Se guardi bene si vede che avrei capelli bianchi, ma questo è segno di saggezza». Durante l'incontro con i media, prende il mento barbuto e imbiancato del governatore e fa notare che anche lui dovrebbe essere saggio. Giornata politicamente indimenticabile per Pacher. «Ho 78 anni ma me la cavo ancora bene», dice Tenzin Gyatso, che poi ricorda che il suo medico personale gli ha detto che biologicamente ne ha una sessantina. «Il segreto è curare la mente e il corpo. Se c'è pace nella mente, sta bene anche il corpo. E non dimenticatevi di dormire almeno sei ore per notte».
Scherza, gigioneggia, con i giornalisti. Poi si fa serio quando arriva la domanda sui tibetani che si sono tolti la vita per sfuggire alle torture e alle prigioni dei cinesi: «Non sono matti. Hanno pensato che togliersi la vita fosse l'unico modo per sfuggire alla brutalità (...) Sono molto preoccupato e soffro per loro, io sono qui per servire i 6 milioni di tibetani ma cosa posso fare da fuori? Posso solo pregare affinché i leader politici trovino una soluzione ragionevole per la questione del Tibet. Non si risolvono queste situazioni con la forza. Anche Deng Xiao Ping si è detto d'accordo a trovare soluzioni di buon senso». E intanto la guida spirituale dei buddisti tibetani rafforza i rapporti con le province autonome di Bolzano e Trento. Il Trentino ha promosso un progetto di ricerca scientifica, in collaborazione con l'Università, dedicato al rapporto tra Buddismo e felicità. E poi c'è lo stanziamento di 71.174 euro per l'associazione Italia-Tibet, che promuove il «piano telemedicina» a favore del Tibet.

"In 3.500 alla ricerca della felicità. L'assedio della guida spirituale", L. Basso, "L'Adige", 12 aprile 2013

In occasione della quarta visita ufficiale del Dalai Lama Tenzin Gyatso sul nostro territorio, più di 3500 persone, provenienti da tutto il Nord Italia, hanno gremito il Palazzetto dello sport di Trento nel primo pomeriggio di ieri, riservando una calorosa accoglienza ad una guida politica e spirituale in esilio da oltre sessant'anni. L'incontro - organizzato a seguito della mattinata di confronto tra il monaco buddista, esponente del movimento nonviolento e premio Nobel per la pace, e i rappresentanti delle istituzioni locali - è stato infatti seguito da tantissimi studenti e attivisti per i diritti umani, a cui si sono uniti anche numerosi volontari degli enti di solidarietà internazionale attivi in Trentino, qualche appassionato di storia e cultura orientale e parecchi curiosi. Tanta emozione e tanto entusiasmo, nonostante la «festa» per alcuni sia stata rovinata dall'acustica. «Chi stava un po' distante non capiva nulla o quasi. C'era gente che usciva dal palazzetto ed è un peccato. Forse è colpa dell'impianto audio» dicono dei simpatizzanti.
Il tema dell'evento era la felicità e la pace interiore, ma non sono mancati i riferimenti alla difficile situazione vissuta dai tibetani (assoggettati dal 1950 alla Repubblica popolare cinese) e alcuni suggerimenti per le giovani generazioni. La guida spirituale buddista, inoltre, ha colto l'occasione dell'intervento pubblico per raccontare alcuni episodi della sua vita, rimarcare la propria vicinanza alla popolazione trentina e ringraziare chi, in questi anni, ha contribuito attivamente a migliorare le condizioni di vita dei suoi compatrioti.
«La causa del Tibet - ha detto Gyatso - è una causa giusta, e sostenerla significa schierarsi a favore della verità e della giustizia. Noi tibetani possediamo una grande tenacia e, di fronte alle difficoltà, riusciamo a non perdere di vista l'obbiettivo della nostra rivendicazione senza mai cedere alla violenza. Questo equilibrio mentale, ovvero la capacità di mantenere la pace interiore anche di fronte ad eventi sconvolgenti e dolorosi, è possibile solamente attraverso la compassione per il prossimo».
A testimonianza del suo insegnamento, il Dalai Lama ha citato l'esempio di alcuni monaci, divenuti poi oggetto di studio per la comunità scientifica internazionale, che sono riusciti a serbare la felicità e la compassione per i propri carnefici a seguito di terribili esperienze nei campi di prigionia e rieducazione cinesi.
«Ciascuno di noi - ha specificato quindi, più volte interrotto da scrosci di applausi spontanei - possiede il seme della tolleranza, dell'amore e della compassione. Ma la mente deve essere addestrata ad essere felice, e chi è incline alla collera, alla preoccupazione e all'angoscia è più soggetto anche alle malattie fisiche».
Gran parte dell'argomentazione del Dalai Lama, inoltre, è stata incentrata sul futuro e sulle responsabilità dei giovani, a cui il monaco ha riservato benevoli parole di incoraggiamento. «Il Novecento - ha spiegato Gyatso - verrà ricordato come il secolo delle guerre; il XXI deve essere il secolo del dialogo. Tuttavia, in futuro, vi sarà un forte incremento demografico ed un progressivo aumento della temperatura a causa del riscaldamento globale. Vi saranno nuovi flussi migratori e problemi nella suddivisione delle risorse. Le nuove generazione hanno l'opportunità e la responsabilità di creare un mondo migliore, servendosi del dialogo per risolvere i conflitti e generare nuove idee».
Incalzato dalle domande presentate dal pubblico, il Dalai Lama ha parlato anche di religione e relativismo morale, evidenziando l'importanza dei valori interiori a scapito della bellezza fisica e del consumismo sfrenato. Ad aprire l'incontro di ieri, sono intervenuti il presidente della Provincia Alberto Pacher, che ha parlato della vicinanza della comunità trentina a quella tibetana, ed il presidente dell'associazione Italia-Tibet Roberto Pinter. Quest'ultimo, denunciando la cortina di silenzio stampa eretta attorno alla questione del Tibet, ha esortato i presenti ad indignarsi.
Infine, in ricordo dei 120 tibetani immolatisi nel corso dell'ultimo anno per l'indipendenza del proprio Paese (datisi fuoco nelle strade di Lhasa per protesta), è stato osservato un breve momento di silenzio.