Nonostante i ripetuti dinieghi espressi a tu per tu e pubblicamente, Alberto Pacher continua a subire il pressing dei molti esponenti del Pd e di altri partiti della coalizione, che lo sollecitano a un ripensamento, ritenendolo l'unico capace di tenere insieme un'alleanza che sta già dando segnali di cedimento e che appare in pericolosa difficoltà nella scelta del candidato alla successione di Lorenzo Dellai. L. Patruno, "L'Adige", 11 aprile 2013
L'attuale presidente della Provincia è tutt'altro che orientato a tornare sui suoi passi perché dice: «Non è emerso alcun elemento tale da indurmi a cambiare idea», ma all'interno del Pd c'è già chi mette le mani avanti per chiarire che: «Se anche Pacher dovesse decidere di tornare, dovrà sottoporsi alle primarie come gli altri nomi del Pd».È il consigliere provinciale del Pd, Mattia Civico, che nel 2008 sfidò Pacher alle primarie per la segreteria del partito arrivando al 30%. Civico mette in chiaro che: «Non siamo più nel 2008. Il Pd è cresciuto ed è cambiato e rifiuto quello schema maggioranza e minoranza». Insomma, forse Pacher non esprime neppure più quel largo consenso nel partito e tra gli elettori che l'avevano premiato cinque anni fa, quindi è un nome come un altro. Consigliere Civico, l'assemblea provinciale del Pd ha rinviato a lunedì prossimo ogni decisione sulle primarie. Lei è tra coloro che le ritengono irrinunciabili, però la coalizione ha concordato di verificare prima se c'è la condivisione di un nome. Come stanno assieme le due cose? Dobbiamo un po' uscire da questa mistica della coalizione e la coalizione non può pensare di porre veti sui nomi. A me pare che un nome per le primarie di coalizione ci sia già ed è quello dell'assessore Ugo Rossi del Patt, che si è dichiarato favorevole. Il Pd non ha ancora individuato il suo candidato. Le primarie servono per esprimere sensibilità diverse che ci sono e ampliare il perimetro del Pd. Ci potranno essere Olivi, Pacher, se ritorna, Zeni e Donata Borgonovo Re o altri. Io penso che dovremmo fare delle primarie di partito per presentare poi un nome unico alla coalizione. Lei sostiene Donata Borgonovo Re come candidato presidente? Olivi dice che Borgonovo Re e Zeni sono nomi di nicchia e non di coalizione. Non c'è questo pericolo? Io emotivamente e affettivamente sono vicino a Donata Borogonovo Re, ma la politica è sintesi e non si fa solo con la pancia e il cuore. Vorrei però che le istanze e le sensibilità che Donata esprime siano riconosciute come di casa. Ritengo che lei possa parlare all'elettorato che oggi magari è attirato dal Movimento 5 Stelle. Per questo penso che Olivi sbagli a marginalizzare qualcuno. Nello stesso tempo Donata e Luca dovranno fare uno sforzo di sintesi con la coalizione nella quale si riconoscono. Respingo però l'idea che ci siano i sacerdoti della coalizione che possono porre veti su nomi e persone. Donata Borgonovo Re come candidato presidente vuol dire discontinuità? Riguardo ai contenuti io non penso che serva grande discontinuità rispetto alle politiche di questi cinque anni nelle quali tutte le anime del Pd si riconoscono. La conferenza programmatica che faremo il 20 aprile servirà però a mettere a punto i contenuti per il futuro. Quello che serve è una spinta innovatrice e maggiore coraggio. In questi 5 anni la capacità di attuazione di quanto fatto è un po' mancata. Ma non è in discussione il Dna della coalizione. Ma da chi sarà formata la coalizione di ottobre? Credo che vada senz'altro allargata a Sel, con cui siamo alleati a livello nazionale, mentre ridiscuterei il rapporto con l'Italia dei valori. Perché Firmani ha stoppato l'istituzione del Garante dei detenuti che lei aveva proposto? Diciamo che l'ostruzionismo è uno strumento da minoranza. Queste cose andranno chiarite.
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