Comunità, Upt e Pd pronti a cambiare

Pinter: «Pronti a discutere su come cambiare, ma va fatta chiarezza sui ruoli» Gilmozzi: «Dobbiamo trovare una sintesi come coalizione di centrosinistra».
G. Lott, "Trentino", 26 marzo 2013

La “controriforma” delle Comunità di valle sta diventando uno dei nodi cruciali del programma della coalizione di centrosinistra autonomista. E tra i diversi partiti che la compongono, ciascuno ha una ricetta diversa. Ieri, sulle nostre pagine, il Patt proponeva un radicale ridisegno della composizione delle assemblee. Che secondo gli autonomisti va ridotta ai soli sindaci, riservando la carica elettiva solo al presidente.
Roberto Pinter, neopresidente del Pd del Trentino, appena succeduto a Giorgio Tonini, ammette che la riforma delle Comunità di valle «è uno dei temi in discussione, che va chiarito prima di arrivare alle elezioni provinciali di ottobre». La proposta del Patt non lo convince. «Mantenere una sola carica elettiva, quella del presidente, mentre il resto dell’assemblea sarebbe composta dai sindaci mi pare un ibrido un po’ strano. Il vero problema è fare chiarezza sui ruoli, stabilire chi fa cosa. Siamo pronti a ridiscutere le riforma, ma eliminando i doppioni e le figure pletoriche. Ci deve essere certezza dei ruoli, altrimenti si rischia una situazione di perenne stallo».
All’interno del Pd, c’è un gruppo di lavoro che sta elaborando una bozza di riforma che ridisegni l’assetto istituzionale rispetto al suo varo del 2006 (quattro anni prima delle prime elezioni delle Comunità). «Abbiamo ragionato su diverse soluzioni - spiega Pinter - ma senza mettere in discussione che i Comuni debbano svolgere la propria funzione. Ad oggi, il doppio meccanismo elettorale di rappresentanza, diretta e indiretta, determina la dimensione eccessiva di alcune assemblee, generando una confusione nel governo per il diverso mandato. Ragioni di natura costituzionale implicano che la Comunità rimanga associazione di Comuni, e che ogni comune sia rappresentato. Ma noi stiamo pensando di assegnare ai sindaci e alla loro conferenza un diverso ruolo, lasciando all’assemblea una natura di rappresentanza politica della comunità». La presenza dei delegati dei consigli comunali «va superata»: i sindaci potrebbero cioè presenziare in assemblea ma solo in via subordinata, mentre il ruolo della Conferenza dei sindaci andrebbe ridefinito. Il tutto, contenendo i costi di funzionamento della macchina amministrativa, riducendo assemblee, enti e società pubbliche, ma anche le indennità di carica per gli amministratori delle Comunità.

Mauro Gilmozzi, assessore agli enti locali e “padre” della riforma del 2006, non nasconde che «alla luce dell’esperienza fino qui maturata, è evidente che alcuni aspetti vanno modificati». Tra questi, l’assessore evidenzia il numero eccessivo dei componenti delle assemblee e la criticità del rapporto fra sindaci e Comunità, tema notissimo (il conflitto esplose a fine anno, con la “fronda” di alcuni sindaci, poi rientrata in extremis: motivo del contendere, le gestioni associate dei servizi) e del resto già evidenziato anche dal documento del gruppo di lavoro del Pd. Per risolvere questi nodi, Gilmozzi rammenta la proposta da lui fatta a novembre, «che teneva conto di questi elementi di criticità. Ma mi preme sottolineare come nella coalizione non ci sia contrarietà alle Comunità di valle, che hanno il loro valore e vanno viste nell’architettura istituzionale complessiva del Trentino». Una parte dei sindaci, per Gilmozzi, «va coinvolta nella giunta, ma serve anche una rappresentanza elettiva. La riforma va dunque calata in un contesto più generale, quello dell’assetto istituzionale del Trentino». L’assessore aggiunge però che «le assemblee non devono essere composte da più di 10 persone». Per ora, osserva Gilmozzi, «ogni partito della coalizione sta proponendo una propria sintesi. Tra queste dovremo trovare una sintesi condivisa per la coalizione». Dunque entro ottobre.