L'intervento in Assemblea di Roberto Pinter

Comunque vada il nostro impegno per il governo del Paese abbiamo un patrimonio che non dobbiamo disperdere, e questo patrimonio sono le tante persone che hanno rinnovato la loro fiducia nel Partito Democratico. Verso queste persone e verso chi ha sospeso la sua fiducia per l'assenza di una proposta credibile o di comportamenti credibili, noi dobbiamo sentirci responsabili.
Roberto Pinter, 25 marzo 2013

La prima cosa da fare è cercare di rispondere al nostro scopo sociale che è ben descritto dall'atto costitutivo del PD e dunque interpretare la domanda che ci viene rivolta e che noi stessi abbiamo rivolto al PD. Rendere questo paese più giusto.

Un paese più giusto non è solo quello ribalta il rapporto tra economia e politica, che dà lavoro a tutti, che riduce le disuguaglianze sociali, che tutela il bene comune e offre cittadinanza e partecipazione, che crea pari opportunità, opportunità per i giovani e parità tra i generi, un paese dei diritti e della legalità, libero dalla corruzione e dalle mafie:

un paese più giusto è anche quello che riforma le sue istituzioni e la politica, che trasforma gli apparati e ne riduce il costo, che conosce la sobrietà e la trasparenza, evita il conflitto di interessi e cambia il sistema elettorale.

Ci siamo detti più volte che era l'ultimo appello e questa volta lo è stato veramente, ci siamo illusi che il degrado del paese fosse sufficiente per motivare un voto utile, per scegliere chi aveva la capacità di offrire una alternativa di governo, ma non è bastato. Il PD non ha risposto in tempo utile alla domanda di radicale cambiamento e nemmeno ha comunicato in modo chiaro e forte le idee di governo e per molti elettori oggi, che non è il tempo dei distinguo ma solo delle differenze, è troppo tardi.

Anche in Trentino dove l'Autonomia e un governo migliore ci hanno permesso di pagare un prezzo più basso per la crisi che ha colpito il paese e per il crollo di fiducia, non possiamo pensare di avere una rendita sufficiente. Il messaggio “uniti per il senato, uniti per l'autonomia” ci ha permesso un risultato unico nel paese ma non basta.

L'autonomia è il nostro bene primario e dobbiamo rivendicarlo anche come prodotto del nostro impegno, dobbiamo rivendicare le differenze tra il nostro tessuto sociale e quello che è stato spazzato via dal liberismo e dall'esasperazione dell'individualismo, dobbiamo mostrare le differenze ma essere consapevoli che non sempre ci sono e non sempre bastano.

Ad ottobre non si voterà solo per chi ha difeso e governato l'autonomia, ad ottobre si voterà per chi dimostra di saper sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda di chi esprime un disagio sociale (ed è dura per noi) o voteranno per chi darà risposte al disagio o rassicurerà sul futuro di questa terra. Se noi ci uniremo al coro dei luoghi comuni saremo comunque la voce più debole del coro, se noi daremo risposte e indicheremo una strada avremo qualche possibilità in più.

Cambiare le facce è utile, lo abbiamo fatto e lo faremo, ma cambiare le politiche è decisivo.

Bisogna continuare a cambiare:

non basta avere giovani e bravi amministratori come il PD già ha, non basta nemmeno offrire strumenti di partecipazione come le primarie, ci vuole molto di più.

Mentre noi ci torturiamo nel dire quanto non siamo stati in grado di parlare alla società di oggi, nel riconoscere che abbiamo continuato a rivolgerci a categorie sociali ormai superate, qualcun altro ci riesce o almeno ci prova. Lo fanno i grillini che avevano campo libero dopo che il PD si è impantanato nel pragmatismo combinato con robuste dosi di conservatorismo e di supponenza. Ma lo fanno anche chi, vedi il risultato di Dellai, offre ancora sul territorio qualche rete corta ai tanti che non vogliono ritrovarsi spaesati.

Ce lo dicevamo quattro anni fa quando il PD è nato, o siamo un partito popolare o non c'è futuro, ma non basta il nostro popolo per esserlo se il nostro popolo non è più rappresentativo di una società che cambia, anche se nel voto ci manca un pezzo di questo popolo che è stato deluso rispetto alle aspettative di cambiamento.

Al nostro popolo bastava che non ci facessimo accomunare nel giudizio giustamente impietoso sulla classe politica, bastava che i privilegi non li difendessimo fino all'ultimo, bastava dimostrare di crederci di più nella riforma del parlamento e dei partiti.

Al popolo che cresce, invece, serve anche una idea più precisa di come vogliamo assicurare la legalità, di come intendiamo creare lavoro e di cambiare il sistema fiscale, di come vogliamo riformare la pubblica amministrazione, di come diamo gambe ai diritti e alle pari opportunità, di come facciamo a cambiare l'idea di sviluppo visto che siamo ancora legati ad una vecchia concezione dello stesso.

A partire anche dal Trentino, dove le risorse non sono più le stesse ma le opportunità non sono state ancora compromesse.

Dobbiamo confermare l'impegno volto a ridurre i costi della politica e rendere più snello ed efficace il sistema pubblico.

Dobbiamo dire come sia possibile la riforma della autonomia garantendo una pubblica amministrazione trasparente, efficiente e senza favoritismi; come sia possibile rendere responsabile del suo sviluppo e democraticamente partecipato ogni territorio, riformando la Provincia, evitando lo spreco di risorse e riducendo il costo di enti e amministratori.

Dobbiamo esprimerci sul futuro assetto della autonomia nella sua dimensione regionale ed europea e in quella provinciale, nel suo rapporto con lo Stato, assicurando non solo la tutela delle competenze e delle risorse ma anche il contributo al cambiamento del paese e la qualità della democrazia, affrontando il tema della riforma istituzionale perchè Comuni e  Comunità di valle non possono essere oggetto di scambio, ma parte di un unico processo di riorganizzazione istituzionale che permetta di fare meglio a costi ridotti.

Dobbiamo dire qual è la nostra idea di sviluppo, scommettendo, in un'ottica europea sulla rivoluzione energetica e della mobilità, sulla valorizzazione dei beni comuni e sulla centralità del paesaggio, sulla formazione e l'innovazione compiendo scelte nette in tema di reti e infrastrutture.

Il PD del Trentino deve fare alcune cose:

rinnovare un patto unitario che accompagni il PD alle elezioni di ottobre e fino al prossimo congresso;

recuperare una forte iniziativa del PD che dimostri di avere una idea di governo della Autonomia e delle sue risorse;

rinnovare una coalizione di governo provinciale attorno ad alcune idee per il futuro di questa terra;

costruire una lista molto competitiva che pur esprimendo il  partito vada oltre il PD coinvolgendo il meglio di ciò che rappresenta la vera ricchezza del Trentino e di quello che si muove in direzione del cambiamento;

individuare una proposta di leadership per il governo della provincia coerente con le idee del PD attraverso un confronto aperto e proponendo lo strumento delle primarie nelle forme che decideremo, anche alla luce del confronto con la coalizione;

riorganizzare un partito che purtroppo è assente in alcune territori e nel presidio di temi che saranno invece importanti nel voto di ottobre;

promuovere iniziative aperte di confronto sui temi chiave che coinvolgano i circoli e mostrino un partito che si mette in discussione a partire dalla conferenza programmatica;

attivare da subito il confronto nella coalizione di governo estendendolo a chi ha concorso all'”Italia bene comune” e alle esperienze civiche che guardano al centrosinistra per definire le idee guida e il percorso per scegliere la guida del governo provinciale; linee guida da definire entro aprile e a cui dovranno essere vincolati tutti i candidati che parteciperanno alla scelta del prossimo governo provinciale, scelta da esaurire prima dell'estate.

Non basta mantenere quello che c'è. Non  basta trovare un equilibrio al nostro interno, ci vuole un partito che ci creda, radicato sul territorio, capace di valorizzare il lavoro dei propri amministratori e di coinvolgere i  giovani. Bisogna aprirsi per motivare una proposta di governo e di cambiamento! Abbiamo poco tempo da qui ad ottobre e non va sprecato per governare le ambizioni dei singoli ma per coltivare la nostra ambizione collettiva,che è quella di rendere questo Paese più giusto rafforzando l'autonomia.

La premessa.

Non ho chiesto di fare il segretario, mi ero candidato 4 anni fa e allora avevo proposto di sostenere tutti insieme il candidato che aveva ricevuto più voti ed è quello che ho fatto comportandomi come se avessi vinto le primarie, non come se le avessi perse.

Il partito di una testa un voto richiede questo atteggiamento, un partito plurale non viene riconosciuto solo se coincide con le proprie aspettative, il pluralismo comporta la fiducia reciproca.

Io non mi sono candidato a prescindere, ma solo se Michele si dimetteva e solo se c'era la volontà di proseguire nella gestione unitaria.

Il tema del rinnovamento è molto serio e io l'ho preso seriamente tanto da escludere ogni mia candidatura alle varie elezioni che si sono susseguite e lo prendo seriamente tanto da ribadire che le elezioni vanno affrontate con questo spirito, ancor di più di quanto non siamo riusciti a fare nelle elezioni politiche. Ma il rinnovamento richiede idee nuove e non solo volti nuovi.