Pd, Nicoletti segretario e Pinter eletto presidente

Assemblea senza numeri per votare un successore, compromesso nel coordinamento: Tonini lascia la presidenza a Pinter.
P. Morando, "Trentino", 25 marzo 2013

Alla fine lo scontro è stato evitato. Almeno per ora. Perché la decisione assunta ieri dal coordinamento provinciale del Pd, e poi presentata in serata all’assemblea, è un compromesso. E oltre a non accontentare tutti, è fragile come tutti i compromessi. Michele Nicoletti rimane dunque alla guida del partito, sulla poltrona di segretario. Le “mezze” dimissioni (tecnicamente aveva rimesso il mandato all’assemblea) sono rientrate, di fronte all’impossibilità delle varie anime del partito di ottenere i numeri sufficienti per proporre e votare un successore. Il neodeputato, che intendeva lasciare il ruolo di segretario proprio per non sovrapporre i due incarichi, rimane in sella fino alla scadenza naturale del suo mandato, cioè il prossimo autunno. E sarà quindi lui a guidare il partito in questi mesi, nella non facile marcia di avvicinamento alle elezioni provinciali di fine ottobre. Che passerà per la spinosa questione della scelta del candidato presidente, vero nodo del contendere all’interno del partito. Per non parlare dell’intera coalizione del centrosinistra autonomista. Al fianco di Nicoletti, anzi, sempre più al suo fianco visto che è stato lui il gran tessitore dell’intesa con Patt e Upt per i collegi uninominali del Senato, ci sarà Roberto Pinter. Che assume la presidenza del Pd al posto del senatore Giorgio Tonini, che ieri ha infatti deciso di fare un passo indietro, nel nome dell’unità del partito. Lasciando appunto la carica al responsabile enti locali. Proprio Pinter in queste settimane era stato da più parti indicato come possibile segretario traghettatore ma attorno al suo nome, appunto, è sempre apparso impossibile coagulare il consenso dei due terzi dell’assemblea necessari per l’elezione. E rimane così ai nastri di partenza anche l’altra candidatura, in realtà l’unica presentata formalmente: quella dell’avvocato Gennaro Romano, nome spuntato l’altro ieri in extremis, sostenuto ufficialmente dal coordinatore cittadino Vanni Scalfi e, non esplicitamente ma con indicazioni “pesanti”, dai consiglieri provinciali Luca Zeni, Sara Ferrari e Margherita Cogo. Tramonta così anche l’opzione del congresso anticipato, pure sostenuta da più parti, ma giudicata dal coordinamento del tutto inopportuna. Probabilmente anche alla luce della delicata fase che ora si trova a vivere il Pd nazionale dopo l’affidamento a Bersani dell’incarico di formare un governo. Una “mission impossibile” che potrebbe anche concludersi con un rapido scioglimento delle Camere. E in uno scenario del genere aprire a livello locale una fase congressuale rischierebbe di risultare una scelta incomprensibile. Non la pensa così ovviamente chi desiderava un rinnovamento radicale - e immediato - del partito. E c’è da scommettere che gli strascichi della decisione di ieri caratterizzeranno a lungo il dibattito interno al partito.

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