Turismo: pilastro dell’economia trentina

E’ il turismo ad accollarsi la maggior portanza anticongiunturale di fronte alle difficoltà degli altri comparti economici.
Oggi il turismo in Trentino è più che mai voce portante dell’economia provinciale. Lo si deve anche alle scelte fatte dalla politica trentina, quando decise di incentivare notevolmente lo sviluppo turistico di zone che altrimenti oggi, senza quella scelta, ritroveremmo economicamente ancorate a un’agricoltura di sussistenza o all’industria del legname con prospettive di sviluppo asfittiche e aperture ridotte, tranne quelle di emigrazione verso Paesi più ricchi.
Andrea Rudari, 15 marzo 2013

Quella scelta si conferma ancor oggi nella sostanza giusta e lungimirante, pur riconoscendo anche qualche decisione meno felice.

E questo non vuol dire solamente interventi contributivi. Le Relazioni annuali della Camera di Commercio confermano che i contributi dalle casse pubbliche vanno a sostegno di tutti i settori economici, anzi al turismo meno che ad altri.

Perché in qualche modo se la cava sempre, si dice. Ed anche la stagione invernale che si sta chiudendo sembra confermarlo: il turismo è il settore ombrello che tiene almeno parzialmente al riparo altri comparti socio-economici in maggiore difficoltà.

Quindi, un comparto che svolga simile ruolo non è più soltanto importante o centrale, ma, come si dice spesso, è strutturale nel tessuto imprenditoriale trentino.

In primo luogo perché le Dolomiti, il Brenta, il Garda, le città di Trento e Rovereto qui sono e qui rimangono; semmai devono confrontarsi con la concorrenza di altre regioni od aree geografiche, ma il tema si sposta allora su piani completamente diversi, quello della promozione.

In secondo luogo perché il turismo può essere una delle eccellenze esclusive che la nostra terra propone, grazie alla sua territorialità ma anche ad un sistema di ospitalità ormai all’avanguardia per gli standard delle strutture, dei servizi, dei target verso cui riesce a farsi strada in maniera  convincente..

Infine, perché il PIL del turismo raggiunge direttamente il 12% nell’economia trentina al quale si aggiunge un indotto del 18% che si allarga a tutte le altre categorie, dall’artigiano all’imprenditore edile, dal commerciante al panettiere, dal giovane studente che fa la stagione, alla casalinga che arrotonda il bilancio familiare con qualche ora di aiuto in albergo, dal maestro di sci alla guida turistica, a chi costruisce statuine di legno.

Valorizzando la sua diffusa turisticità il Trentino ha così saputo intercettare il fenomeno economico più nuovo della seconda metà del secolo XX, poggiare il suo sistema sociale su un quinto pilastro, ormai di maggior portanza rispetto ai quattro tradizionali, vale a dire un’agricoltura alle prese con spazi coltivabili e numeri produttivi limitati, l’industria e l’artigianato a debole apertura nazionale e internazionale, un commercio sempre più servizio di prossimità.

Senza negare rilevanza ad altre forme ricettive microimprenditoriali, il sistema turistico si sostiene attorno all’albergo e il contributo pubblico aiuta la costruzione di un sistema alberghiero per una media del 25% degli investimenti effettuati. Quindi, per il restante 75% deve provvedere il privato. Negli ultimi sei anni gli albergatori trentini hanno investito circa 700 milioni di euro nelle loro strutture, quindi oltre 500 milioni di tasca propria, e questo per necessità di restare sul mercato più globalizzato del mondo, perché si offre turismo dall’America all’Africa, dall’Europa alla Nuova Zelanda.

E’ importante anche sottolineare un altro aspetto. L’ascesa del turismo nella scala dei valori produttivi e d’immagine del Trentino ha contribuito anche alla tutela e alla qualificazione ambientale. Non ci sarebbe “ritiro” altisonante di squadre di calcio senza un’offerta ambientale di eccellenza che, pur concentrando la ricettività in spazi urbanistici ristretti, intensamente strutturati e a elevata produttività turistica, non avesse saputo dar loro equilibrio con vaste aree complementari ideali, anche per la fatica estrema richiesta nello spettacolo sportivo.

 

Oggi serve un progetto più ampio, moderno e condiviso. Spetta al turismo trentino e alla categoria albergatorile in primis costruirlo. Intanto alcuni indicatori segnaletici su questa strada.

  1. Fare più sistema e lavorare in rete (magari anche con altre realtà alpine), facendo da punto di riferimento per tutti gli operatori che dal turismo traggono forza e riscontro e sui quali ne ricade l’indotto, conquistando così quell’autorevolezza nel tessuto sociale trentino che non ci viene dai numeri, ma dalla capacità di sapere essere interpreti ed interlocutori autentici della propria comunità.
  2. Essere punto di riferimento per le istituzioni pubbliche, chiedendo con forza di portare sul tavolo degli albergatori (e non su quello di altri interessi a corollario) le decisioni di politica turistica che li riguardano direttamente.
  3. Interiorizzare il rispetto dell’ambiente non come “protezione museale”, ma come “custodia pro futuro” di un bene vitale ed al tempo stesso delicato e prezioso. 
  4. Capire prima di altri quale tipo di vacanza il turista di oggi si aspetta di vivere in Trentino, cercando di non scopiazzare mode e tendenze che meglio si adattano ad altre latitudini, ma valorizzando le specificità che ci contraddistinguono. Al tempo stesso, essere attenti alle nuove tecnologie di marketing e di diffusione senza però cadere nel “tecnicismo” perché il turista non è solamente l’internauta che si documenta on line, ma anche chi vede ancora nell’aspetto personale un valore aggiunto che ci può qualificare
  5. Studiare di più e far crescere una nuova classe dirigente ed imprenditoriale che non conta più solamente sulla capacità attrattiva della propria zona turistica per fare bilanci, ma anche sulla capacità d’impresa, di sapere spendere ed investire oculatamente le proprie risorse, di sapere collocarsi opportunamente sui giusti mercati.
  1. Si deve rivedere l’impianto della promozione perché il territorio trentino, suddiviso oggi sulle dodici APT di ambito, appare molto frammentato e quindi poco efficace nel presentare proposte di prodotto sui mercati soprattutto internazionali. L’Italia stessa deve oggi porsi - a fatica - sul mercato internazionale, e la nostra Provincia si inserisce in un contesto mondiale che riconosce il nostro paese per Roma, Firenze e Venezia e dove diventa quindi sempre più difficile promuovere il brand Trentino; e questo a maggior ragione se lo si va a parcellizzare troppo, con addirittura il rischio che territori finitimi si facciano concorrenza tra di loro o che siano ridondanti nelle proposta di iniziative e di prodotti turistici.