Il senatore: al limite dell’eversione la marcia Pdl sul Tribunale «Il confronto sui presidenti delle Camere è un buon segnale».
P. Morando, "Trentino", 13 marzo 2013
Ripreso il filo delle priorità istituzionali, prima l’elezione dei presidenti delle Camere e solo a quel punto ragionamenti e trattative su possibili maggioranze di governo, chissà che le nubi non inizino a diradarsi. Ci spera, Giorgio Tonini. Soprattutto dopo la clamorosa marcia messa in atto l’altro ieri dai parlamentari del Pdl sul Tribunale di Milano. Su cui il senatore trentino del Pd, ieri mattina ospite di Raitre ad “Agorà”, ha avuto parole durissime: «Se c’era un modo per allontanare qualunque possibilità di confronto tra Pd e Pdl era fare ciò che è stato fatto a Milano: è difficile per un verso richiamare al senso di responsabilità e per l’altro dare luogo a comportamenti ai limite dell’eversione, come cercare di entrare in Tribunale con la forza».
Senatore Tonini, dunque nessuna chance per un “governissimo” sostenuto da Pd e Pdl?
Confermo quanto ho detto ad “Agorà”. Dove Laura Ravetto del Pdl, parlando prima di me, sosteneva che in qualsiasi altro Paese europeo, in un vuoto politico come quello in cui ci troviamo e con una situazione economica così difficile, un accordo tra le forze maggiori sarebbe il percorso naturale. Peccato che in qualsiasi altro Paese europeo Berlusconi sarebbe già stato accompagnato all’uscita. Basta pensare a cosa è accaduto in Germania, dove il ministro della Pubblica istruzione si è dimessa perché si è scoperto che aveva copiato la propria tesi di laurea.
O in Gran Bretagna, dove il ministro per l’energia e il clima Chris Huhne si è dimesso per aver cercato di attribuire alla ex moglie una multa per eccesso di velocità del 2003.
Ecco, appunto. E non si trattava di prostituzione minorile. O di compravendita di senatori. Berlusconi è un ostacolo gigantesco a qualsiasi possibilità di dialogo. Non escludo un certo eccesso da parte dei magistrati, ma la risposta che ha dato il Pdl, parlamentari in marcia sul Tribunale dicendosi rappresentanti del popolo, per condizionare la giustizia, è davvero ai limiti dell’eversione.
Il Pd ha avviato colloqui con le altre forze politiche in vista dell’elezione dei presidenti delle Camere. Partendo dal Movimento 5 Stelle. Può essere il punto di partenza per ulteriori ragionamenti?
Me lo auguro. Il quadro è chiaro: il Movimento 5 Stelle non ha alcuna intenzione di formare una maggioranza con noi, mentre il Pdl vorrebbe farlo eccome, ma qui siamo noi a essere indisponibili.
E se parte del Pdl decidesse di affrancarsi dal Cavaliere?
Difficile che accada, soprattutto al Senato. Chi in passato ha cercato di distinguersi, come Pisanu, non è stato ricandidato. Sono stati fatti tutti fuori.
Venerdì le Camere si costituiscono come seggio elettorale. Vede possibile un accordo?
L’elezione dei presidenti è un atto obbligatorio, senza il quale la legislatura non può partire. Si tratta di un dovere istituzionale, che prescinde dalle alleanze. Il che non esclude che il Parlamento possa essere poi sciolto rapidamente. Ma a deciderlo non potrà essere Napolitano, per via del “semestre bianco”, ma solo il nuovo presidente della Repubblica. Che va eletto dal nuovo Parlamento. Ecco perché quello di venerdì è un passaggio delicatissimo.
Avremo già venerdì i presidenti di Camera e Senato?
Non detto che tutto si decida il primo giorno. Nelle prime tre votazioni servono i due terzi dei voti. Dalla quarta in poi, alla Camera basta la maggioranza assoluta, mentre al Senato si va al ballottaggio tra i primi due. Potrebbe dunque servire qualche giorno in più.
Qualche giorno in più per trattare?
Diciamo per parlarsi. D’altra parte è questa l’unica via. Partire dalla formazione del governo si è invece rivelata una strada impervia. Anzi, bloccata.
Con Grillo a lanciare siluri al Pd un giorno sì è l’altro pure. Vedi la questione dei rimborsi elettorali.
Ora per fortuna a dettare legge è il calendario. Che ci ha spinto verso la strada maestra. D’altra parte la funzione e l’importanza del Parlamento stanno proprio in questo: che ti costringe a confrontarti. E chissà che non possa sortirne dell’altro.