Pinter: «Grisenti chiude al Pd? Bene, anche noi: impallidisco di fronte all’idea di dare più spazio a sanità e scuola private».
P. Morando, "Trentino", 12 marzo 2013
Il Grillo del Trentino? Lasciamo stare. Magari Grisenti ci crede pure. Il che è abbastanza sorprendente, nella gran voglia di volti nuovi dei nostri giorni...». E ride, Roberto Pinter, nel commentare il varo di Progetto Trentino.
Ma si fa subito serio quando si tratta di passare alle proposte del nuovo partito. Sulle quali, archiviata in fretta la chiusura al Pd con una formula a specchio («Non vogliono fare nessuna alleanza con noi? Mi fa piacere, neppure noi con loro»), il giudizio è drastico.
E passa per quella che il responsabile enti locali del Pd definisce «nostalgia di un modo di fare politica che speriamo appartenga al passato».
Quello cioè che vedeva (vede?) gli amministratori locali puntare su rapporti privilegiati con l’assessore provinciale di turno, o con lo stesso presidente della giunta: rapporti da riattivare di volta in volta in occasione di questioni riguardanti i propri territori.
«Da questo punto di vista l’idea di abrogare le Comunità di valle non è affatto casuale - afferma Pinter - nella base “grisentiana” che era nella sala dell’Interporto, persone ovviamente rispettabilissime, ho visto tanti amministratori di piccoli Comuni, o all’opposizione nelle Comunità, che mugugnano conto le gestioni associate e mal sopportano la nuova stagione che abbiamo cercato di far partire, quella della condivisione dei problemi in maniera unitaria da parte dei territori, senza scorciatoie di favore». La responsabilità spesso non facile, insomma, di intraprendere scelte comuni su investimenti e infrastrutture, ragionando poi con logica di perequazione nel confronto tra i Comuni all’interno delle Comunità.
Il che, afferma Pinter, «è esattamente cioè che Grisenti ha sempre detestato: per lui dev’essere invece l’assessore provinciale ad avere in mano il bandolo della matassa, anzi, i cordoni della borsa». Un processo, quello del decentramento dalla Provincia verso l’ente intermedio, che anche secondo Pinter è tutt’altro che concluso.
Ma quella è la direzione: «Se spostassimo ancor più i poteri verso i territori, in maniera più radicale, faremmo davvero un grosso favore a tutti».
E poi c’è il “modello Lombardia”. Che nelle prospettive di Progetto Trentino Pinter vede stagliarsi con chiarezza: anche per via della presenza l’altro ieri all’assemblea “grisentiana” del consigliere provinciale Walter Viola, da sempre vicino a Comunione e liberazione e alla Compagnia delle Opere.
«Hanno parlato chiaramente di due precisi punti tematici: un maggior ruolo dei privati nella sanità e un maggior spazio alle scuole paritarie: due punti peraltro sui quali il Trentino non è mai stato particolarmente intransigente in senso opposto, dando sempre spazio alle convenzioni e favorendo la crescita delle istituzioni scolastiche private».
Un passo indietro del pubblico in favore dei privati: eccola, la ricetta Formigoni, «che in Lombardia ha portato al disastro totale del sistema, all’insegna del connubio tra affari e politica. Impallidisco di fronte a questa proposta, in un momento in cui la crisi richiede ancor più un sistema pubblico garanzia di equità: mi auguro che si tratti solamente di un’uscita infelice». Pinter a Progetto Trentino attribuisce comunque un merito: che è, paradossalmente, quello della chiarezza nel collocarsi in opposizione al centrosinistra autonomista.
Diverso ovviamente il giudizio sull’esito positivo di tale scelta: «Tutti si aspettavano un nostro magro risultato alle politiche, specialmente nei tre collegi del Senato: speravano di “scomporci” creando un centro allargato al centrosinistra, ma senza ali estreme. E all’insegna del pragmatismo efficientista incarnato da Grisenti. Ma così non è stato. E non solo in Trentino, ma in tutta Italia. Non c’è spazio per un progetto del genere, né qui né altrove. E credo che molti, tra coloro i quali domenica erano all’Interporto, lo abbiano capito bene».
LEGGI ANCHE:
Pinter chiude a Pt:«Politica vecchia», L. Pontalti, "L'Adige", 12 marzo 2013
L'unico soggetto politico con cui Silvano Grisenti non dialogherà, ha spiegato dalla sala congressi di Interbrennero l'altro ieri, è il Partito democratico: «Non ci vogliono, nessun problema».
Il giorno dopo, il vice segretario Pd Roberto Pinter, ribadisce il concetto: «Effettivamente, non ha mal interpretato il nostro pensiero. Non abbiamo molte intenzioni di riprendere e rilanciare un'idea di politica che riteniamo sepolta da tempo, quella fatta di rapporti stretti tra amministratori che sconfinano spesso nel favore, o nelle eccessive attenzioni senza troppa trasparenza».
Ed è proprio di trasparenza che parla Pinter, nel chiudere, ancora una volta, la porta a Progetto Trentino: «Più che altro parlerei di chiarezza. Serve chiarezza nel dire che le loro proposte non sono vicine alle nostre».
Cosa non è compatibile con il Pd, al di là - pare chiaro dalle sue parole - della figura stessa di Grisenti?
«Partiamo da uno dei punti principali lanciati dall'incontro dell'Interporto: l'abolizione delle Comunità di valle. Certo, possono essere da rivedere e ne discuteremo. Ma non credo sia casuale che Grisenti non le voglia. Per come le concepiamo noi del Pd, sono strumenti che hanno fatto in modo di allentare il rapporto tra Provincia e comuni. Ovvero strumenti che impedirebbero a Grisenti di fare ciò che ha fatto per anni: ricevere sindaci e amministratori bisognosi di opere, infrastrutture, attenzioni. E questo spiega anche perché molti della "sua" base siano accorsi a sentirlo: sindaci e amministratori che non vedono di buon occhio questo strumento che deve innanzitutto garantire una razionalizzazione degli stanziamenti senza che 217 sindaci bussino in piazza Dante.
Che cos'altro è poco compatibile con voi?
«Beh, parecchi dei punti tratteggiati domenica sono legati in maniera evidente a Viola e alla Compagnia delle opere: parlo dell'apertura alle scuole private e soprattutto alla sanità privata. Quest'ultimo punto, in particolare, fa a pugni con quanto si è sempre fatto in Trentino. Non tanto perchè non ci sia spazio per i privati, ma per il modello che richiama, ovvero quello lanciato da Formigoni. Un modello piuttosto infelice, di cui il Trentino non ha bisogno».
Eppure all'Interporto erano in tanti. Non temete Progetto Trentino in vista delle Provinciali?
«Credo che Grisenti e i suoi, alle Politiche, si attendessero un arresto del centrosinistra che c'è stato forse a livello nazionale, ma non qui, dove abbiamo tenuto benissimo. Forse puntavano ad un nostro calo per rilanciare il grande centro. E visto il panorama, ora puntano verso il centrodestra».
Grisenti ha detto che Progetto Trentino non ha colore.
«Ma se chiude al Pd è ovviamente quello del centrodestra il suo orizzonte, ed è possibile che gli elettori di quell'area - così come i loro esponenti, da sempre qui in cerca di padri e di madri - possano subire il fascino dell'ex assessore».
E la cosa non vi preoccupa? Neppure se a loro si aggiungessero tanti elettori moderati dell'Upt?
«Se l'avvento di Grisenti avesse fatto saltare l'Unione per il Trentino mi preoccuperei, ma non mi pare siamo a questo punto. Mi pare ne siamo ben lontani».
Dunque, tutti tranquilli in casa democratica.
«Le antenne è sempre bene tenerle ben diritte, ma sono sicuro che quando i trentini si troveranno davanti ad una proposta di governo in continuità ed al contempo innovazione rispetto alla linea positiva degli ultimi quindici anni, Grisenti rimarrà ai margini. Farà qualche consigliere, magari, quello sì».