«Governatore, Pd pronto»

«Il Pd ha i titoli per guidare la coalizione e può farlo senza timori reverenziali. Ma non è detto che il candidato più forte del Pd sia anche il più forte sull’esterno». Alessandro Olivi, assessore provinciale all’industria, commercio e artigianato, è tra i papabili candidati presidente.
C. Bert, "Trentino", 1 marzo 2013

«Sono a disposizione», aveva detto a metà agosto.
E oggi, assessore Olivi, si candida? Non ho ancora deciso. Il mio impegno amministrativo è totalizzante e, sono sincero, non ho aspirazioni. Non mi piacciono le autocandidature che stanno venendo avanti a prescindere dal gioco di squadra. Credo che sia il momento meno ideale per i protagonismi. So che su di me c’è qualche aspettativa, ma non ci sarò a tutti i costi. Voglio capire come intende muoversi il Pd.
E come dovrebbe muoversi? Le elezioni politiche hanno messo in evidenza che c’è un Pd vivo e generoso, pronto per assumersi delle responsabilità. E che oggi, per il percorso e il consenso accumulato, ha legittimamente la prerogativa di fare una proposta alla coalizione senza timori reverenziali e uscendo da una cultura di subalternità tipica della sinistra. Se non si ponesse l’obiettivo di guidare la coalizione, il Pd rinuncerebbe alla sua ragion d’essere. Il che non significa imporre una persona.
Pensa che la strada per individuare il candidato presidente siano le primarie? Io sono perplesso sulle primarie di partito, a meno che non siano primarie aperte a tutti come quelle tra per la premiership del centrosinistra, perché non è detto che il più forte al nostro interno lo sia anche all’esterno, nei confronti degli alleati e della comunità. E poi rischiano di farci arrivare fiaccati da una competizione interna. Preferirei un percorso partecipato, con i circoli e gli amministratori del Pd, che individui un candidato di sintesi tra le diverse sensibilità che saranno in campo.
E poi primarie di coalizione? Direi di sì. La coalizione confermata e rinforzata dalle elezioni è il vero valore aggiunto, oggi più di ieri il Trentino è l’unica esperienza dove il patto tra la Lega e il berlusconismo non è riuscito a irrompere. Ma attenzione a considerare il capitale politico che abbiamo conquistato come una rendita di posizione. Il buon governo non è più sufficiente, dobbiamo saper proporre una visione del Trentino per i prossimi 10 anni. Anche perché il Trentino non è estraneo alla crisi in cui sta sempre più spronfondando l’Italia, con conseguenze pesanti di cui la politica mi pare poco consapevole.
Se il buon governo non è più sufficiente, cos’altro serve oggi? Vedo tre priorità. Andare avanti senza titubanze sul taglio ai costi della politica e sulla sobrietà, rivedendo anche le priorità degli investimenti programmati per poter dirottare risorse a favore delle parti più deboli della popolazione. Il secondo punto è il lavoro. Il terzo è un riassetto istituzionale che trasferisca dalla Provincia alcune competenze di governo. Oggi ci sono ancora troppi livelli nel processo decisionale.