Elezione diretta del presidente, uninominale a doppio turno, Senato delle Regioni «Qui non si tratta di addomesticare i “grillini”: governo di un anno, chi ci sta ci sta.
"Trentino", 28 febbraio 2013
Erano sembrate incaute già l’altro ieri, a Giorgio Tonini, le aperture del suo leader al Movimento 5 Stelle. E la risposta di Grillo («Bersani morto che parla, non voteremo la fiducia a nessuno») sembrano avergli dato ragione.
Anche per questo lo scenario su cui sta ragionando il senatore trentino del Pd, fresco di conferma e ieri già a Roma nel suo ufficio di palazzo Madama, potrebbe farsi strada in un Pd alle prese con un rebus per ora senza soluzione: come trovare una via d’uscita allo stallo provocato dal risultato delle urne?
Ed è un disegno davvero ambizioso, la “madre di tutte le riforme”. Che garantirebbe finalmente stabilità e governabilità. Eccola: governo a termine, ma con un programma di radicale riforma delle istituzioni, sul modello della Quinta repubblica francese. Cioè elezione diretta del Capo dello Stato, abbinata al voto per il Parlamento con collegi uninominali a doppio turno. Parlamento però ridotto a una sola Camera, appunto come in Francia, con una drastica riduzione del numero dei deputati, massimo 500. Il che corrisponderebbe di fatto a un dimezzamento complessivo dei parlamentari.
Perché il Senato, così come lo conosciamo, verrebbe abolito. Fine dunque del bicameralismo perfetto, con la seconda Camera modellata invece sull’esempio del Bundesrat tedesco, che conta una sessantina di componenti, delegati dei governi regionali. Seconda Camera così priva di scadenza di legislatura, poiché rinnovata a rotazione. Esattamente come in Germania, dove avviene in occasione delle elezioni nei singoli Länder. E senza potere legislativo “pieno”, ancora come in Germania, dove il raggio d’intervento del Bundesrat è limitato a pochi settori legati agli interessi dei Länder. Fantapolitica? Può darsi.
E lo stesso Tonini ammette che all’interno del Pd, per ora, i ragionamenti sono diversi. Anche se da qui a martedì prossimo, quando si riunirà la direzione nazionale del partito convocata ieri da Bersani, ci sarà occasione per discuterne. Benché il tempo stringa: già il 15 infatti il Parlamento si riunirà, con all’ordine al giorno l’elezione dei presidenti dei due rami. «Ma siamo nel pieno di una crisi enorme - afferma - da cui si può uscire solo con una proposta di altissimo profilo, non cercando una stampella per un “governicchio”. Qui non si tratta di addomesticare i “grillini”, richiamando l’esperienza siciliana: dove peraltro Crocetta è stato eletto direttamente dai cittadini, come Hollande in Francia, là non serve alcun voto di fiducia».
Che al Senato invece, per la nascita di un qualsiasi futuro governo, serve eccome. Con l’aggravante che l’astensione equivale a un voto negativo.
Per questo Tonini alza l’asticella, convinto che solo così si possa uscire dal labirinto. «Anche perché, altrimenti, l’economia può tornare rapidamente fuori controllo - sostiene - per non parlare del conseguente rischio di nuove tentazioni secessioniste delle regioni del Nord a guida leghista. Date queste condizioni, serve una risposta non routinaria». Che passa però anche per una proroga del mandato di Napolitano: «Se non sarà disponibile, dovremo eleggerne il sostituto». Ma per un solo anno. Fino a quando la riforma non sarà approvata. E a quel punto tutti di nuovo alle urne, per votare presidente e Camera. Domanda: e se un disegno del genere trovasse l’appoggio non del Movimento 5 Stelle, bensì del Pdl? Nessun imbarazzo? Risposta: «Si deve sparigliare. Chi ci sta ci sta. Sennò non se ne esce».