Nicoletti: qui un esito storico, elettori premiano la coalizione

Il neoeletto deputato rivendica la «scelta di responsabilità e generosità» nell’alleanza provinciale ma è molto allarmato sul quadro nazionale: «Grillo e Monti sono serviti solo a disarticolare il bipolarismo all’europea».
P. Ghezzi, "L'Adige", 26 febbraio 2013

Soddisfatto, segretario, e presto onorevole Nicoletti?
 «Il 23,7% migliora rispetto al dato delle provinciali, in un quadro molto difficile».
 Alla fine vi è andata bene, quassù, anche alla Camera.
 «Il Pd ha interpretato una domanda di governabilità, e di una politica seria, che mette un po' di discontinuità rispetto alla politica-spettacolo».
 All'Italia la politica-spettacolo invece piace ancora.
 «La persistenza dei voti sul Pdl è difficile da spiegare: ogni volta che arriviamo a un passo dalla normalizzazione, non ce la facciamo. Molto frustrante».
 E Monti ha dato una mano all'impazzimento della maionese.
 «Doveva fare l'argine sul centrodestra, ha tolto qualcosina a noi, ha consumato la sua immagine di uomo super partes che poteva essere prezioso in qualsiasi ruolo, dal Quirinale in giù. Ed è riuscito solo a distruggere l'Udc: non mi pare un capolavoro».
 Dellai ha avuto un buon risultato, non le pare?
 «È il riconoscimento per quello che l'ex presidente ha fatto per il Trentino, in netta controtendenza sul dato nazionale della lista Monti, che ha contribuito a scassare il quadro bipolare, mentre le democrazie mature funzionano proprio così. E il miglior servizio alla politica è far funzionare la democrazia dell'alternanza».
 E ora un'Italia tripolare, apparentemente ingovernabile.
 «Nei Paesi europei, dopo che una parte ha governato male, si dice: tocca agli altri. In Italia prevale la logica di mettere il bastone tra le ruote».
 Tornando al Trentino, alla fine ha avuto ragione lei, a insistere sulla triplice alleanza.
 «Avevamo la decisa consapevolezza del montare di una forte onda di protesta, sia dei grillini sia dei Freihetlichen a Bolzano: il che richiedeva un supplemento di responsabilità regionale, anche di sostegno al centro-sinistra del Sudtirolo. Se Bersani vincerà di stretta misura alla Camera, sarà grazie all'accordo con la Svp: è stata un'alleanza importante per entrambi, era l'unica propposta credibile».
 Le hanno dato del dilettante allo sbaraglio, per quel triciclo, e per aver ceduto ai bolzanini.
 «È stata una scelta di responsabilità e di generosità, che è stata interpretata come artificiale e dilettantesca. E invece, nessuna coalizione di centro-sinistra aveva mai vinto sei collegi su sei, in Trentino Alto Adige, e un candidato del Pd è prevalso nel collegio della Valsugana, che quasi mai era stato conquistato in passato dai progressisti. Se ne portiamo giù sei, a Roma, una mezza statua alla sede nazionale del Pd ce la devono erigere...».
 La domanda, faticosa ma inevitabile, è: se ci fosse stato Renzi al posto di Bersani?
 «Non mi sento di poter rispondere a questa domanda».
 Che cosa farebbe, al Senato, se fosse Bersani?
 «Cercherei di incontrare i nuovi senatori di Grillo, perché se si deve andare a nuove elezioni ci vuole una nuova legge elettorale. E per verificare se, al di là degli slogan antieuropeisti i parlamentari grillini vogliono fare qualcosa di costruttivo. Un parlamento ingovernabile è la cosa peggiore che c'è».
 Che sensazione è diventare deputato in un parlamento così spaccato, che rischia di vivere una legislatura brevissima?
 «Può essere che vada così, ma abbiamo il dovere di assicurare al Paese una stabilità. Mi hanno colpito, alle tre e mezzo del pomeriggio, i segnali della Borsa e dello spread favorevoli al governo del centro-sinistra, che smentivano le balle sull'Europa preoccupata da Bersani e Vendola al governo. Certo, dalle urne esce un segnale fortissimo per il rinnovamento radicale della politica, a partire dalla legge elettorale, dai costi della politica e dintorni. Almeno facciamo una legge decente, prima di tornare a votare un'altra volta».
In via Torre verde c'è anche un altro  Michele, Nardelli. Amaro: «Questo è un Paese che non impara mai dalla storia, che non riflette mai. La battuta più emblematica della campagna è stata quella su Mussolini statista. Lì c'è il cuore di tenebra dell'Italia. Pensare che nel Lazio nonostante Batman si voti ancora per Berlusconi, è allucinante. E allora va cambiato lo schema di gioco, ritrovata una sintonia con i territori, capire che conta la dimensione locale e quella europea, e sempre meno la nazionale». Che però ieri sera, in via Torre verde, contava ancora. E scottava. Forte come una febbre.