Ho trovato molto stimolante e per parte mia condivisibile l’analisi del prof. Sandro Trento, pubblicata su questo giornale, sulla necessità di attivare un progetto sul futuro del settore manifatturiero del nostro paese e sulle strategie che le politiche pubbliche dovrebbero intraprendere, in una moderna economia di mercato, per favorire la competitività e l’occupazione qualificata. Ha ragione soprattutto il prof. Trento quando stigmatizza come l'Italia, in questi ultimi 20 anni, abbia rinunciato ad attuare una moderna politica industriale.
Alessandro Olivi, "L'Adige", 17 febbraio 2013
In questo modo i grandi poli produttivi, che avevano nei decenni precedenti contribuito in modo decisivo alla crescita economica del Paese, sono stati soppiantati in ragione di un modello di sviluppo, quello della c.d new economy, che illusoriamente doveva produrre progresso e lavoro a prescindere da una politica di sostegno alla produzione di beni e servizi. Possiamo invece ritrovare il nostro disegno di futuro nelle sagge parole del Presidente Napolitano in occasione di un incontro, di qualche mese fa, con gli operai Fincantieri: «Questo Paese deve tornare a fare politica industriale come in passato. Ma anche capire che oggi, nel mondo globale, la sfida si chiama innovazione, ricerca, competitività; sfida che si configura come la miglior risposta alla crisi economico-finanziaria».
L’importanza e la centralità delle politiche industriali va oggi in ogni caso reinterpretata rispondendo ad alcuni interrogativi.
Ma non è proprio la manifattura la parte «vecchia» del sistema economico, che dovrebbe lasciare il posto alle attività innovative? In realtà, esperienze virtuose, come quella tedesca, dimostrano che il manifatturiero può ancora oggi trainare l’economia, specie dove il livello qualitativo è in grado di riequilibrare il maggior costo dei fattori. L’attività di trasformazione, più di altre, fertilizza il sistema locale creando competenze tecniche e manageriali e trasmettendole al mercato indotto in quel fecondo processo chiamato «innovazione aperta». Un deciso impulso alla cultura del cambiamento proviene in effetti dalla contaminazione con le migliori attitudini imprenditoriali.
Per tutto questo il Governo provinciale ritiene che il settore produttivo sia ancora una componente irrinunciabile del nostro modello di sviluppo futuro.
La qualità, nelle sue varie declinazioni (originalità, creatività,
affidabilità…) è la risposta anche ad una seconda domanda, e cioè come possa il nostro manifatturiero difendersi dalla concorrenza dei Paesi emergenti. Al riguardo è illuminante una esempio concreto raccontato durante il Festival dell’Economia (Salvatore Rossi, Ufficio studi BankItalia, 2 giugno 2006). Una media azienda veneta, esportatrice di serrature, è in crisi perché i cinesi ne hanno contraffatto il prodotto. Durante una drammatica riunione, un giovane ingegnere, fino ad allora poco ascoltato, lancia l’idea di automatizzare le serrature con un chip elettronico. L’azienda, disperata, decide di provarci.
Reperisce la tecnologia acquisendo una vicina impresa produttrice di cancelli automatici, pure in crisi, e in questo modo recupera un vantaggio competitivo, che le consente di respingerne l’invasione dei concorrenti asiatici e di continuare a produrre serrature di nuova generazione. Morale della favola: il manifatturiero può autorinnovarsi e battere il mercato globale, senza trasformarsi in «qualcos’altro».
E’ una storia a lieto fine, che si svolge tutta nel cuore del manifatturiero, e nella quale aleggiano i simboli di ciò che il tessuto produttivo ha sempre dato: imprenditori, tecnologie, competizione, sostituzione di aziende marginali, tutti gli ingredienti capaci di far lievitare l’innovazione. Anche il sistema trentino molte storie come questa.
Del resto, non sarà una forzata migrazione della struttura economica verso il settore dei servizi ad ergere un muro difensivo contro i Paesi a basso costo del lavoro. Sarà piuttosto il costante protagonismo del comparto produttivo nell’incessante ricerca di nuove missioni, tecnologie, alleanze, trasversalità che hanno saputo cambiare il mondo e accelerare i meccanismi della crescita.
In un contesto economico sempre più complesso e globalizzato come può un piccolo sistema territoriale come il nostro competere?
Il Trentino industriale e più in generale quello delle attività produttive del futuro dovrà necessariamente riconfigurarsi e rigenerarsi non essendo possibile procrastinare un modello statico di manifattura ancorata ai paradigmi meramente quantitativi degli ultimi
15/20 anni
Penso ad un Trentino che diventa una sorta di piattaforma tecnologico-produttiva capace di creare delle “nicchie globali”: un ossimoro per rappresentare l’idea di imprese innovative e flessibili, in grado di misurarsi sul mercato internazionale per la qualità e originalità dei prodotti.
In questo processo dobbiamo aver presente che non è il settore merceologico a determinare necessariamente la capacità competitiva delle imprese, ma la loro reputazione, l’inserimento in reti lunghe, le solide basi patrimoniali, gli indici di produttività, la collaudata presenza internazionale e soprattutto l’inesauribile propensione innovativa.
Per questo l’intervento pubblico deve puntare ad un’economia sostenuta da massicce dosi di conoscenza, nella quale comparti diversi si integrino per realizzare il momento più fertile del processo innovativo, cioè quello in cui le «tecnologie abilitanti», come l'ICT, vengono sfruttate dalle aziende produttive rafforzando la qualità dell’impresa, del lavoro e della convivenza.
Ciò significa tuttavia non accontentarsi dei processi inerziali, ma aprire il sistema a robusti innesti di energie imprenditoriali, nuove tecnologie, investimenti sfidanti. Grazie anche ad un clima di leale collaborazione con le parti sociali, nei mesi scorsi abbiamo attuato una riforma degli incentivi alle imprese, individuando nuovi aiuti per l’innovazione, l’interconnessione e l’internazionalizzazione e sui progetti di ricerca applicata. Continueremo perciò ad investire nell'Università e nei laboratori pubblici di ricerca, ma in stretta sinergia con il sostegno all'innovazione che incessantemente proviene dalle attività manifatturiere più dinamiche.
Inoltre l’intesa sulla produttività siglata con le parti sociali testimonia l’impegno della Provincia per quanto di sua
competenza(IRAP) ad utilizzare la leva fiscale per migliorare gli standard di competitività del sistema locale detassando l’impresa ed il lavoro.
Purtroppo in una campagna elettorale caratterizzata da slogan, scorciatoie varie ed enfatizzazione mediatica, questi temi sembrano suscitare scarso interesse.
Ma da questa crisi cha ha radici profonde non usciremo con azioni miracolose né tanto meno affidandoci a qualche imbonitore.
Serve aprire un lungo ciclo di governo riformista che abbia tra i suoi obiettivi primari quello di rilanciare una politica industriale capace di offrire ai giovani una concreta opportunità di lavoro e maggiori certezze per il loro futuro.