Mentre la neve dell'infinito scende anche sull' ultimo respiro di don Dante Clauser, non posso esimermi da un ricordo affettuoso per un Uomo che ha saputo, durante tutta la sua vita, essere soprattutto coerente con sé stesso e con la propria fede. Non è semplice oggi ricodarne i tratti di umanità, che hanno fatto di lui un simbolo, ancor prima che un esempio. So che non ha mai gradito essere un' icona, ovvero essere additato come modello di un cristianesimo francescano.
Bruno Dorigatti, 11 febbraio 2013
So invece che ha sempre voluto essere un prete. Solo un prete ed anzitutto un prete. Questo era, d'altronde, il senso del suo esistere e non altro.
Uomo fra gli uomini e povero fra i poveri, dando così concretezza ad un modo universale di intendere la fratellanza, un modo che oltrepassa anche le appartenenze religiose per farsi invece "voce" di un sentire che accomuna.
Rammento oggi, pur nella distanza del tempo, le folle che seguivano le sue prediche nella gotica chiesa di san Pietro. Era, se non erro, la prima metà degli anni settanta ed anche il Trentino avvertiva forte il vento di quella riforma conciliare che ha cambiato il volto del cattolicesimo. Ma erano anche gli anni del dialogo, dell' incontro, dei preti - operai, del dibattito sociale che si allargava ed investiva tutti gli assetti del vivere incrociando così storie ed esperienze diverse fra loro, ma legate da una medesima speranza, quella cioè di una nuova centralità dell' uomo, rispetto al profitto ed al capitale. Don Dante fu interprete coraggioso e consapevole di quell' epoca, attraverso parole forti ed atti conseguenti, che lo portarono, infine, a quella straordinaria esperienza di solidarietà trasversale e di generosità senza confini che fu ed è il "Punto d' Incontro". Come sindacalista ho avuto modo di incrociare il passo più volte, in questi anni, con don Dante, ricavandone sempre una "normalmente eccezionale" lezione di coerenza e di umanità.
Adesso che don Dante non è più, mi chiedo se la sua esistenza lascerà una traccia. Guardo questo tempo multietnico e coltivo una speranza. Quella di un mondo migliore e più umano. Quella di don Dante che è, in fondo, anche la mia.