Candidiamoci a vincere quel collegio mai vinto, noi democratici trentini, insieme ai nostri alleati, vogliamo investire sulla Valsugana e sulle altre valli del collegio: Fiemme, Fassa, Primiero, altopiano di Lavarone e Luserna. Del resto, si tratta di un'area del Trentino che non può e non deve più essere considerata "figlia di un dio minore".
Giorgio Tonini, 31 gennaio 2013
Sono candidato in Trentino, la terra dove ho vissuto, lavorato e fatto politica da più di trent'anni, nel collegio di Pergine Valsugana. Sì, in un "collegio": come sapete infatti in Trentino, grazie all'autonomia speciale, abbiamo il privilegio di votare al Senato con il Mattarellum anziché col Porcellum: collegi uninominali maggioritari, anziché lunghe liste proporzionali bloccate. Un collegio di...fficile, che dal 1994 ad oggi il centrosinistra non ha mai vinto. Negli altri due collegi trentini, meno difficili, i collegi di Trento e di Rovereto, sono stati candidati esponenti delle due forze alleate con noi nei comuni e nella Provincia autonoma: gli autonomisti del PATT, storicamente legati alla SVP, e l'Unione per il Trentino di Lorenzo Dellai, che a livello nazionale si riconosce nella "Scelta civica" di Mario Monti.
In Trentino (non in Alto Adige) il PD è il primo partito ed esprime in questo momento, dopo le dimissioni di Dellai e fino alle elezioni del prossimo autunno, il presidente della Regione e della Provincia, nonché i sindaci di tre dei cinque maggiori comuni: Trento, Rovereto e Riva del Garda. Come spesso succede, è il partito maggiore che deve farsi carico della tenuta della coalizione. Ed è per questa ragione che il PD ha accettato di correre nel collegio più difficile.
Del resto, noi democratici trentini avevamo un doppio interesse a tenere unita la coalizione. Innanzi tutto, come partito nazionale: il PD si è candidato, con Bersani che ha vinto le primarie, a guidare il governo del Paese. Per raggiungere questo obiettivo, non solo dobbiamo arrivare primi alla Camera (e conquistare così il premio di maggioranza), ma dobbiamo anche conquistare, regione per regione, il maggior numero di senatori. Con l'accordo regionale tra SVP-PATT e PD, allargato in Trentino ai "montiani" di Dellai, puntiamo ad eleggere tutti e 6 i senatori in palio nei collegi, lasciando alla destra solo quello di recupero proporzionale. Comprendendo i "montiani" nell'alleanza, ancora una volta facciamo del Trentino un laboratorio politico nazionale, anticipando prima del voto quell'alleanza tra Bersani e Monti che, al di là delle polemiche a tratti eccessive, forse inevitabili in campagna elettorale, è oggi l'unica proposta sul campo per il governo del Paese.
La dimensione regionale del nostro interesse a tenere unita la coalizione di centrosinistra autonomista è ugualmente evidente. Cinque anni fa, la SVP aveva scelto di collocarsi in una posizione "blockfrei", libera dai blocchi, dagli schieramenti del bipolarismo italiano, concentrata solo sull'obiettivo di difendere gli interessi della nostra autonomia speciale. Mai scelta si è rivelata più sbagliata. La SVP è diventata irrilevante negli equilibri politici nazionali e l'autonomia speciale ha finito per soffrirne come mai era avvenuto prima. Cinque anni dopo, la SVP ha deciso di cambiare radicalmente rotta e di stipulare un patto per l'autonomia proprio con Bersani e col PD. Un patto che prevede il "contributo della Provincia autonoma di Bolzano e della Provincia autonoma di Trento al pagamento degli interessi del debito nazionale, da concordare con norma di attuazione e da corrispondere fino al raggiungimento del rapporto debito/PIL stabilito dagli accordi in sede comunitaria", in cambio della garanzia della tenuta e anzi del rafforzamento del quadro costituzionale e statutario autonomistico. Sulla base di questo accordo, gli autonomisti della SVP e del PATT, non solo si impegnano a sostenere in Parlamento il governo Bersani, ma riconoscono, anche in sede regionale, il PD come la forza nazionale di garanzia dell'autonomia, rafforzando di fatto, pur senza precostituire assetti definiti, la candidatura del PD trentino a guidare, in continuità con la positiva esperienza di governo segnata dalla leadership di Dellai, la coalizione di centrosinistra autonomista.
È evidente che obiettivi e acquisizioni di tale portata politica non potevano essere sacrificati sull'altare della divisione dei collegi senatoriali tra le tre forze alleate. E che, dopo giorni e giorni di logoranti trattative, doveva essere il PD a farsi carico di una proposta concludente, che non poteva che essere quella di assumere noi la quota di rischio maggiore, accettando di correre nel collegio più difficile. Del resto, il rischio è una componente imprescindibile di ogni investimento. E candidandoci a vincere quel collegio mai vinto, noi democratici trentini, insieme ai nostri alleati, vogliamo investire sulla Valsugana e sulle altre valli del collegio: Fiemme, Fassa, Primiero, altopiano di Lavarone e Luserna. Del resto, si tratta di un'area del Trentino che non può e non deve più essere considerata "figlia di un dio minore". Non solo perché anch'essa è in grado di esibire più di un quarto di nobiltà nella storia dell'autonomia trentina: la Valsugana ha dato i natali ad Alcide Degasperi, padre al tempo stesso della Repubblica e dell'autonomia speciale, e tutte e tre le minoranze linguistiche trentine, ladini, mocheni e cimbri, risiedono in questo collegio. Ma anche perché in questa parte del Trentino sono collocate risorse strategiche per il suo sviluppo sostenibile: dalle Dolomiti, patrimonio mondiale dell'umanità e risorsa delicata e preziosa per il turismo, allo sbocco verso il Nord-Est italiano, con i grandi problemi che questo comporta, ad esempio nel campo delle infrastrutture, ma anche con le grandi potenzialità che offre, se saremo capaci di pensare il futuro, oltre la grave crisi attuale, nel segno della creatività, del rischio, dell'innovazione.
Non so se ce la faremo, non so se riuscirò ad essere rieletto. Ma è un'impresa nella quale vale la pena cimentarsi.