Candidature al Senato: uno nelle mani dell’altro

Non sempre ciò che non è comprensibile nell’immediato si rivela sbagliato o è necessariamente frutto dell’idiozia di pochi egoisti, dipinti in alcuni casi dalla stampa locale come disinteressati al bene comune e piuttosto concentrati sui proprio destini personali.
Mattia Civico, 21 gennaio 2013

Per comprendere le ragioni che hanno orientato la coalizione di centrosinistra autonomista a siglare l’accordo per le candidature al Senato sono necessarie almeno tre premesse. La prima riguarda il fatto che il patto PD-SVP-Patt segna una svolta storica per la solidità e la prospettiva della nostra autonomia: non più al traino di Bolzano ma, con la garanzia del primo partito a livello nazionale e quindi con l’impegno in prima persona del candidato premier Pierluigi Bersani, finalmente pienamente riconosciuta e rispettata. Nell’accordo è infatti previsto che i sottoscrittori si impegnano a “difendere e valorizzare le autonomie speciali della Regione e delle Province nel quadro di una più forte Europa dei popoli e delle regioni e di una Repubblica italiana fedele al rispetto dei diritti delle persone, delle minoranze e del protagonismo responsabile dei territori ispirato ai principi di sussidiarietà e solidarietà&rdquo. In secondo luogo, con l’allargamento del patto all’UPT, vi è l’impegno a “rafforzare la collaborazione a livello regionale e provinciale tra le forze di centrosinistra autonomista impegnandosi a consolidare l’alleanza di centrosinistra autonomista anche alle elezioni provinciali dell’autunno 2013 e a sostenere con lealtà gli impegni presi nelle numerose amministrazioni locali governate dalla coalizione”.

Basterebbero questi due elementi per comprendere l’importanza della partita che abbiamo scelto di giocare con le candidature annunciate ieri al Senato. Blindata l’Autonomia speciale a Roma e dato stabilità alla coalizione di centrosinistra autonomista ora e in prospettiva.

Il terzo elemento riguarda i rapporti interni alla coalizione: con la scelta di Dellai di candidarsi alla Camera, a capo di una delle liste antagoniste alla coalizione “Italia Bene Comune”, era davvero in discussione la stabilità degli equilibri politici sia a livello provinciale, sia nelle molte importanti amministrazioni locali: oltre alla esplicita preoccupazione  del Presidente della Provincia e di molti Sindaci, un concreto segnale di fibrillazione lo si era colto anche con l’andamento del voto che in consiglio Comunale a Trento ha respinto la sfiducia all’assessore Marchesi. Quattro voti della maggioranza sono andati con l’opposizione. Era dunque pensabile allo stato di fatto e alla luce della “responsabilità a corrente alternata o invocata solo in un senso” andare separati? Oppure non è questo accordo un importante elemento di stabilità non solo per le Giunte ma per tutta la nostra Comunità?

Premesso questo veniamo alla individuazione di candidati nei tre collegi senatoriali: al tavolo delle trattative si è certamente arrivati con molte rigidità da tutte tre le parti. L’UPT aveva il proprio candidato e non era intenzionata ad abbandonare il collegio della Vallagarina, il Patt ha costantemente proposto il proprio segretario per il collegio di Trento e ne aveva tutte le ragioni politiche alla luce dell’accordo storico di cui sopra. Il PD da parte propria arrivava sul nome di Giorgio Tonini con l’indicazione forte sia di Roma, sia dell’assemblea di Trento.

Comporre il quadro in questa situazione presupponeva che si condividesse una valutazione comune che poteva e doveva a mio avviso essere anche quella della forza dei singoli partiti sui tre territori. E la soluzione più logica, alla luce dei numeri, era certamente che l’UPT potesse e dovesse essere disponibile a proporre un proprio candidato nel collegio della Valsugana essendo –con la UAL- di gran lunga il primo partito nel collegio. Responsabilità e generosità non hanno prevalso in casa UPT e nella notte di venerdì scorso si è dunque arrivati ad una situazione paradossale: il Patt abbandonava il tavolo e ritirava il simbolo.  Soluzione cinicamente accettabile forse per l’UPT, ma non per il PD che in questa partita ha deciso di giocare fino in fondo il ruolo di vero garante della coalizione e che questo ruolo può legittimamente rivendicare anche per il futuro.

Il segretario Nicoletti ha verificato più volte la possibilità dell’azzeramento delle candidature per favorire equilibrio di genere e profili diversi. Si sono puntualmente ripresentate le rigidità di cui sopra. Dunque si poteva rompere la coalizione, ridimensionando la portata politica del patto SVP-PD  o offrire una soluzione alternativa, forse non di immediata comprensibilità, ma fondata e a tratti suggestiva.

Il risultato è noto: i tre candidati al Senato della coalizione di centro sinistra sono proposti  in collegi dove il rispettivo partito non è il più forte: non è così a Trento, dove il primo partito è il PD, e neppure in Vallagarina e in Valsugana.

Possiamo leggere questa scelta come poco avveduta e pensare che l’accordo sia frutto di una dinamica perversa.  Oppure possiamo cogliere la sfida di essere uno nelle mani degli altri. Panizza e Fravezzi principalmente nelle mani del PD, Tonini nelle mani di UPT e Patt.

E se ce la faremo consegneremo al nostro Paese sei senatori su sette e alla nostra Comunità una coalizione più solida perché più capace di farsi carico delle ragioni, e delle candidature, degli altri.

Io voto nel collegio di Trento: certamente avrei preferito poter votare un candidato espressione del PD. Ma voterò con fiducia il candidato che per me ha individuato il Patt, perché tenacemente voglio credere alla solidità della nostra coalizione, fatta di molte fatiche, ma anche di concreto e produttivo impegno per la nostra Comunità.  Addestriamo dunque il nostro palato ai sapori degli altri, rinunciando a rintanarci nelle nostre rassicuranti case, uscendo allo scoperto, legando il futuro del singolo partito al destino degli altri. Come si fa tra le persone ogni giorno.