Ieri emarginati, oggi alleati per aiutare i senza dimora

Il nuovo approccio scelto dal Comune vede fra i protagonisti delle azioni gli «utenti esperti» che a loro volta sono stati assistiti dai servizi a Trento. L’assessore Violetta Plotegher spiega «Non solo risposte ai bisogni invernali ma percorsi continuativi con l’aiuto di chi ha vissuto questa esperienza».
Z. Sovilla, "L'Adige", 15 dicembre 2012


Torna il gelo e per le persone senza dimora la vita si fa ancora più dura, mentre la loro condizione di sofferenza trova temporaneamente qualche maggiore attenzione in un'opinione pubblica poco incline a interrogarsi sulle storie di chi finisce per strada.
Spezzare il circolo vizioso di questa emergenza ciclica è uno degli obiettivi del nuovo approccio adottato dal Comune di Trento, che punta a forme concrete di accompagnamento oltre l'emarginazione. E per attuare queste linee guida, con azioni il più possibile calate sulle esigenze individuali, diventa un operatore sociale anche chi è stato a sua volta assistito dal sistema.
«Si tratta - spiega l'assessore comunale Violetta Plotegher - del gruppo che abbiamo definito "utenti esperti": dopo il loro percorso, diventano essi stessi protagonisti, per esempio partecipando alla definizione delle scelte di intervento e assumendosi direttamente responsabilità quali la gestione di un appartamento in convivenza».
L'esponente della giunta municipale illustra, inoltre, un effetto collaterale che di questi è tempi particolarmente apprezzabile: «La scelta fondata sull'inclusione produce rapidamente una crescita qualitativa rilevante della nostra capacità di dare risposte adeguate ai bisogni; ma allo stesso tempo genera anche una riduzione dei costi. Lo si può facilmente intuire pensando alla minore necessità di aprire strutture pubbliche, quando si favorisce l'opzione della convivenza residenziale autonoma. In altre parole, abbiamo superato la vecchia idea della semplice erogazione del servizio fornito dagli operatori e cerchiamo piuttosto, grazie al contributo essenziale degli utenti esperti, di costruire una rete in grado anche di rompere lo schema che riporta ogni inverno anche le stesse persone a chiedere aiuto. L'accoglienza nella stagione fredda va dunque inquadrata in un contesto continuativo di azioni, da mantenere tutto l'anno (anche estendendo l'apertura delle strutture di accoglienza) e da calibrare e sviluppare secondo le specifiche esigenze di ognuno, non sulla base di astratti protocolli uguali per tutti. Abbiamo parecchi operatori impegnati sul campo, a cominciare dall'unità di strada "Contatto", gestita dalla fondazione Comunità solidale, e da molte altre figure coinvolte nelle varie fasi del lavoro. Alla base c'è un preciso indirizzo politico che impegna maggiormente l'ente pubblico, in un'architettura che in ogni caso vede l'associazionismo e il volontariato in un prezioso ruolo di primo piano».
Costruire relazioni umane e intrecci di cittadinanza per contrastare gli stati di marginalità è una prassi che ha riflessi anche sul reinserimento lavorativo delle persone: «Quanto si trova un'occupazione - osserva Plotegher - gli altri passaggi risultano notevolmente facilitati. Esiste poi una quota di fragilità croniche per le quali, anche se l'inclusione lavorativa non è praticabile, si possono ottenere significativi progressi nella qualità della vita quotidiana attraverso la stabilità data da situazioni abitative. Per esempio, si può ottenere una stanza o andare in appartamenti condivisi nei quali tessere relazioni e riempire le giornate in modo assai più fruttuoso di quanto accadrebbe peregrinando da un dormitorio all'altro. Bisogna evitare la rigidità in ingresso e valutare caso per caso: non è detto che il dormitorio sia il primo passo migliore per tutti, per molti si potrebbe andare direttamente alla seconda accoglienza, alla stanza, a un più breve percorso di autonomia individuale».
Per parte sua, il responsabile, Nicola Pedergnana (vedi l'articolo sotto), riassume la visione e i risultati con una semplice osservazione: «Abbiamo sperimentato sul campo che coinvolgere tutti è una strategia feconda».
La gran parte dei senza dimora presenti a  Trento sono maschi e circa i due terzi provengono dall'estero. Il loro numero negli ultimi anni tenderebbe a stabilizzarsi mentre risulta in calo il tasso di ricambio: con la crisi economica le persone tendono a spostarsi meno di prima, sia all'interno dell'Italia sia all'estero. Il che, peraltro, forse, può favorire localmente i percorsi di inclusione sociale e di uscita dal disagio.