Esattamente un anno fa, in occasione del dibattito sulle Legge Finanziaria 2012, ho presentato in Consiglio Provinciale un ordine del giorno con il quale fra l’altro si impegnava la Giunta “a coordinare l’azione dei soggetti finanziari del Trentino nell’obiettivo di raggiungere un’intesa affinché venissero messe a sistema le risorse finanziarie mobilitabili da tali soggetti nell’obiettivo di rafforzare l’economia locale legata alle filiere e alle vocazioni del territorio” nonché “ad attivare un fondo ad hoc attraverso le società di sistema della Provincia Autonoma di Trento con l’obiettivo di reperire risorse private per sostenere le aziende trentine che intendono sviluppare ricerca, innovazione e valorizzazione delle risorse locali”. Michele Nardelli, "L'Adige", 12 dicembre 2012
Seguiva un’analoga iniziativa da me presentata in Consiglio regionale e relativa al coinvolgimento di PensPlan nel sostegno all’economia del territorio.
Talvolta gli ordini del giorno consiliari, benché approvati, rimangono lettera morta. In questo caso quelle due iniziative hanno dato il là ad una delle più importanti linee di lavoro tanto del bilancio regionale approvato nei giorni scorsi, quanto della legge finanziaria che andremo a discutere nei prossimi giorni in Consiglio Provinciale.
L’obiettivo era (ed è) quello di riportare la finanza al suo ruolo di sostegno verso l’economia reale. Di fronte al dilagare di una finanziarizzazione sempre più invasiva, che tende ad annichilire l’economia basata sulla produzione di beni e servizi, costruire un’alleanza fra i soggetti della “finanza di territorio” con l’economia reale potrebbe fare la differenza e rivelarsi decisiva per affrontare in forme nuove una crisi ormai conclamata come strutturale.
Infatti, mentre le economie nazionali faticano ad uscire dalla fase recessiva in cui versano da tempo, le cifre della finanza globale fanno tremare i polsi. Secondo la Banca dei regolamenti internazionali (http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt1106.pdf), il valore nozionale dello stock in essere di derivati negoziati fuori borsa a fine 2010 era valutabile 601 trilioni di dollari (un trilione corrisponde secondo il linguaggio finanziario statunitense ad un miliardo di miliardi), ovvero circa dieci volte il Pil mondiale.
In un contesto interdipendente questo significa che abbiamo a che fare con una potenza finanziaria in grado di scardinare le economie locali o di piegarle ai propri interessi. La crisi dei sub-prime nel 2007 (che partiva dagli Stati Uniti) e quella del debito sovrano che ha investito i paesi europei nel 2010, ci raccontano di come nessuno possa chiamarsi fuori da questa dinamica perversa. In molti hanno cercato di mettere le briglia al toro, ma come sappiamo anche la Tobin tax rappresenterebbe (qualora applicata in maniera seria) un intervento a valle e non a monte del problema.
Personalmente sono convinto che l’unica forma per cercare di difendersi dalle tempeste finanziarie è il rafforzamento dell’economia reale, la qualità delle produzioni e la loro unicità, la valorizzazione della natura, della cultura e dei saperi che lungo la storia hanno costituito l’ambiente dell’uomo, una politica di finanza locale in grado di proteggere l’economia reale dalle turbolenze e dagli attacchi speculativi.
E’ in questa cornice che nasce la proposta di un patto delle istituzioni (con l’apporto del Fondo della Regione e delle garanzie delle due Province autonome) con la finanza del territorio, un progetto di coesione economica a partire dalle esperienze più importanti che, anche sotto il profilo finanziario, hanno contribuito a fare diversa questa terra. Il sistema delle Casse Rurali del Trentino, nate esattamente con lo scopo di sostenere la fragile economia di una terra dalla quale si emigrava, con i suoi 120 mila soci e oltre 16 miliardi di risparmi. Pensplan, il fondo regionale per la previdenza integrativa con oltre 40 mila aderenti ed un patrimonio netto di 293 milioni di euro. Laborfonds, il fondo pensione complementare dei lavoratori dipendenti con i suoi 113 mila aderenti e 1.407 milioni di euro di patrimonio netto. Ed altre realtà come Itas, con i suoi 430 soci ed un portafoglio nel 2010 di 1.400 milioni.
Un patrimonio importante, che può e deve interagire con l’economia regionale, come già in parte avviene (penso alle Casse Rurali) ma non ancora in maniera coordinata e per sostenere tutte quelle iniziative che possono qualificare l’economia locale, le sue filiere più importanti, le sue vocazioni, la sua unicità. Facendolo all’insegna di una carta etica e della massima trasparenza. Ed è proprio il dotarsi di una strategia condivisa l’elemento chiave di questa proposta.
La nascita del Fondo strategico di sviluppo del territorio non ci metterà al riparo dalla crisi ma ci potrà aiutare ad affrontarla con uno strumento in più. Un tratto di quella coesione sociale che, l’abbiamo imparato in questi anni, rappresenta un fattore decisivo per abitare questo impervio passaggio di tempo.
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