“La storia siamo noi, nessuno si senta escluso”. È un verso di una bella canzone di Francesco de Gregori del 1985, ma oggi quanto mai attuale. “La Storia”, quella con la “S” maiuscola, la fanno le persone, singolarmente e collettivamente. Quando decidono di togliere al proprio privato e di metterlo nello spazio pubblico, di dedicare tempo, energie, risorse ad un progetto che riguarda i destini della comunità.
Mattia Civico, "Trentino", 24 novembre 2012
Mi è venuta in mente questa canzone vedendo domenica scorsa tante persone votare per le primarie del centrosinistra. Una moltitudine di volontari e di cittadini, gioiosamente in fila. File, più o meno lunghe, cariche di aspettative, di speranze. Di persone che si sentono chiamate in causa, che vogliono partecipare attivamente, alle scelte, alla storia del nostro partito, della nostra coalizione, del nostro Paese. “La Storia siamo noi, nessuno si senta escluso”.
“Nessuno si senta escluso”, da questa responsabilità, dalla possibilità di decidere insieme. Perché le cose non accadono per il volere di altri, di pochi. Abbiamo già visto i danni che produce la cultura dell’”uomo solo al comando”, quello che di fronte ai problemi di tutti diceva “ghe pensi mi!”. Ha alimentato la convinzione che la “cosa pubblica” potesse essere questione privata di pochi. Che fosse possibile delegare il bene comune a un gruppo ristretto di persone.
La stagione berlusconiana non è chiusa, non solo perché il principale responsabile medita un ritorno, ma perché nella testa di molti, anche elettori del centrosinistra, si è radicata l’idea che affidarsi ad una persona, che possa risolvere i problemi di tutti, sia una strada percorribile. Vi è ancora la percezione che l’apparenza sia sinonimo di modernità e che innovare voglia dire buttare il passato: acqua sporca, bambino e bacinella.
Penso che abbiamo di fronte una grande opportunità: quella di affermare che la politica non è una branca della magia, che le scelte camminano sulle gambe delle persone, che abbiamo bisogno che tutti partecipino in maniera consapevole e concreta alla costruzione del bene comune. Di riacquistare fiducia nella politica, nella buona politica. E questo non dipende da pochi ma dipende da tutti.
Domenica prossima, alle primarie del centrosinistra, voterò nuovamente Bersani, perché è capace di mettere in primo piano il “noi”, perché non ha lustrini addosso, perché non scrive il suo nome a lettere cubitali, perché pensa all’”adesso” ma soprattutto al “dopo”, perché a se stesso antepone il bene del Paese. Perché racconta una politica che richiede fatica, sforzo collettivo, unione, tenacia. Voterò Bersani perché non penso che siano tutti uguali e non penso che il problema sia la presenza di alcuni, ma eventualmente l’assenza di molti. Voterò Bersani, perché pensa ai diritti di chi oggi si sente escluso, perché è capace di includere e non escludere. Perché mette in primo piano “lavoro e moralità”.
E se qualcuno mi dirà che nulla cambia perché sono tutti uguali, gli risponderò cantando ancora la canzone di de Gregori. “E poi ti dicono “Tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera”. Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera. La Storia siamo noi, nessuno si senta escluso”.