Commercio: così difendo la mia legge

Rispondo volentieri alla lettera del sig. Mario Decarli, le cui valutazioni trovo peraltro generiche e imprecise. Non per dire, necessariamente, “qualcosa di sinistra” (come il Direttore mi ha invitato a fare), ma per amore di verità, voglio chiarire che la cosiddetta “legge Olivi” sul commercio, modificata dalla recente legge provinciale 21/2012, non è stata impugnata dal Governo, che l’ha ritenuta invece pienamente compatibile con i principi dei recenti decreti Monti.
Alessandro Olivi, "Trentino", 6 dicembre 2012

Nonostante la preoccupazione derivata da errate anticipazioni che parlavano di possibili censure, quindi, il Governo, sulla base delle precisazioni tempestivamente fornite dai nostri uffici, ha dunque riconosciuto che la nostra legge risponde pienamente ai principi di libertà di iniziativa economica, e pertanto non si può configurare come una norma protezionistica. Si tenga presente fra l’altro che a suo tempo essa era stata addirittura notificata a Bruxelles, da dove nascono le norme europee a tutela della concorrenza, e anche in quella sede era stata validata. Vorrei dire però qualcosa di più: non solo la legge trentina è coerente con i principi della legislazione nazionale, ma l’esito dell’iter di esame conferma semmai che può costituire un possibile modello, relativamente alla sua capacità di coniugare un processo di modernizzazione del settore che è comunque irreversibile, con la difesa di alcuni principi fondamentali, primo fra tutti la tutela delle specificità del territorio da una presenza invasiva ed incontrollata delle grandi concentrazioni commerciali.
In Trentino la deprogrammazione è stata governata dalla Provincia tenendo conto della necessità di preservare il pluralismo distributivo del tessuto commerciale locale nonché dei bisogni della clientela e degli interessi generali delle comunità. E’ questo il nostro punto di forza. La legge 21 di fatto ha ampliato lo spazio di operatività delle imprese del settore, avendo codificato la liberalizzazione delle aperture nel centro storico e avendo elevato contestualmente le soglie di attività delle medie strutture di vendita, riservando ai comuni compiti relativi alla sola zonizzazione. Per le superfici di grandi dimensioni, poste al di fuori dei centri storici, sono stati al tempo stesso introdotti nuovi criteri di valutazione basati sulla programmazione territoriale. L’intento era e rimane quello di fare dei centri storici i nuovi attrattori di un commercio di qualità, difendendo il territorio dall’eccessiva aggressività di politiche immobiliari di tipo speculativo e rendendo al tempo stesso più flessibile la situazione a livello intermedio. In definitiva, la Provincia non ha applicato automaticamente le norme nazionali al territorio, ma le ha reinterpretate alla luce delle esigenze e delle potenzialità presenti in Trentino. Abbiamo confermato in questo modo il protagonismo della stessa Autonomia speciale nell’aprire la strada alla deprogrammazione del settore, che non può essere elusa, a patto di non abdicare al ruolo fondamentale che è proprio del legislatore, quello cioè di governare i processi di cambiamento. La nostra proposta, anziché creare omologazione e appiattimento, conformandosi ad uno schema impersonale deciso altrove, ha declinato le linee generali della riforma nazionale tenendo conto delle imprescindibili specificità di una terra come questa, una terra alpina, interessata dai grandi flussi turistici, che vuole conservare la propria identità e farne un autentico motore dello sviluppo economico.