Rilancio Pd: "Come Pacher, diversi da Roma"

L'addio anticipato di Pacher potrebbe finire per anticipare le scelte all'interno del Partito Democratico Trentino su chi sarà il leader da lanciare nell'agone in vista delle provinciali dell'autunno 2013 come candidato alla successione di Dellai.
F. Gottardi, "L'Adige", 23 ottobre 2012

La richiesta di anticipare i tempi rispetto alle previsioni l'ha lanciata ieri nel corso dell'assemblea del partito l'ex parlamentare  Luigi Olivieri . Che tanto per essere chiari non è un fan delle primarie e non pensa necessariamente ad una scelta affidata alla base, con le possibili spaccature che questo comporta. «Credo però - sostiene - che sia necessaria la scelta chiara di un leader da affidare alla coalizione».
Tema ripreso da  Bruno Dorigatti  che ha invitato tutti i possibili candidati governatori, impliciti o espliciti, presenti nel partito, a fare un passo indietro. «Ricercando l'unità attorno a una figura di riferimento, come fatto a Roma o nel Friuli» dice. Il presidente del consiglio provinciale è aperto al lato sinistro dello schieramento ed è convinto che per storia ed esperienze il Pd sia la sintesi di culture diverse, che possono portare ad una larga aggregazione che parta da Sel fino ad abbracciare il centro, con cui rilanciare subito il tema di una grande alleanza.
L'assemblea di ieri sera, convocata in tempi non sospetti con all'ordine del giorno la situazione politica e le prospettive future, è stata giocoforza incentrata sulla «bomba» Pacher e l'annuncio del suo addio alla politica tra un anno, proprio quando avrebbe potuto essere incoronato primo governatore Pd della Provincia autonoma. E lo stesso è avvenuto nel tardo pomeriggio con la riunione di coordinamento. In entrambi i frangenti il segretario Michele Nicoletti ha espresso il proprio dispiacere per la scelta di Pacher invitandolo ancora una volta a ripensarci. Ma ha anche reagito con orgoglio a chi considera questo un colpo mortale. Lui, come i quadri dirigenti, sottolinea in particolare le diversità del Pd trentino rispetto alle dinamiche nazionali. Qui non c'è un interlocutore forte a sinistra come Vendola e la storia recente sta a dire di un partito che ha sempre cercato al centro i suoi alleati, trovandoli nel Patt, nell'Upt e a livello comunale anche nell'Udc. Senza cedimenti ed estremismi di sorta. Quella vocazione moderata e maggioritaria che sta tanto cara a Pacher insomma da noi è realtà e da questo punto di vista Nicoletti ha voluto lanciare messaggi rassicuranti anche agli alleati, soprattutto agli autonomisti di Rossi, che nei giorni scorsi aveva lanciato l'allarme per le simpatie vendoliane dell'alleato democratico.
Assente al coordinamento per impegni di giunta, Pacher in serata è rimasto a lungo seduto ad ascoltare. Dopo il segretario è intervenuto Piergiorgio Cattani, critico col segretario nazionale Bersani per le sue scelte troppo a sinistra. Poi Olivieri, Dorigatti, Maestri e altri in un dibattito proseguito fino a tardi, ma che in un certo senso per il Pd, dopo il «caso Pacher», è come un nuovo inizio.

Dopo lo scossone voglia di andare avanti

 Lo scossone provocato dall'annuncio di Alberto Pacher potrebbe anche essere salutare per il partito. Ne è convinto il consigliere provinciale Michele Nardelli, che sottolinea: «La fatica di Ale è anche la mia. Serve un nuovo pensiero, servono nuove categorie e il Pd è nato per questo. Ecco perché questa scossa può essere utile, purché sia letta con la necessità di riprendere un cammino. Il Pd - ricorda - è nato perché gli strumenti che avevano i precedenti partiti non erano sufficienti. È riuscita questa scommessa? Purtroppo non ancora e in questo Ale Pacher coglie il problema. Le motivazioni all'origine della nascita del Pd non si sono ancora realizzate, ma credo che dovremmo rimettere in moto quel percorso, fatto di nuove sintesi culturali».
Si dice molto dispiaciuta per l'annuncio di Pacher l'onorevole Laura Froner che, pure condividendo alcune criticità sollevate, ritiene comunque sia troppo presto per giungere a conclusioni sul futuro del partito. «Spero - premette - che questa sia una occasione utile per riflettere e che possa esserci un ripensamento da parte sua, perché credo sia importante che Pacher possa fare ancora parte di questo percorso. In alcune cose posso ritrovarmi, in altre meno. Ma penso che le primarie siano un processo in pieno svolgimento e mi pare si arrivi a conclusioni che, forse, si dovrebbero invece lasciare aperte. Inoltre non sappiamo ancora come sarà la legge elettorale. In questo momento - conclude - sento forte l'esigenza di impegnarci sui temi del lavoro e della crescita, che dovrebbero essere anche quelli di queste primarie».
Poche battute da parte del consigliere provinciale Mattia Civico, che preferisce discuterne prima nel partito e capire quale significato politico abbia questa vicenda. «Anche se - dice - mi pare prevalga la dimensione personale. Nelle argomentazioni politiche non trovo un fondamento così forte».

«Decisione presa serenamente»

Si frequentano da anni nelle sale di partito e nei palazzi delle istituzioni. Ma pure - anzi, probabilmente di più - per condividere momenti privati e passioni comuni, quali la musica e il calcio. Tra una pizza al lago e due passi nei boschi Italo Gilmozzi, assessore in Comune a Trento, conosce l'Ale Pacher «non politico» e non è rimasto assolutamente colpito da una decisione che - per chi non conosce il protagonista - può apparire strana, inconcepibile. Di sicuro in controtendenza. «Per vicinanza personale e politica - racconta Gilmozzi - ci siamo confrontati spesso sul tema e lui mi aveva fatto partecipe delle sue riflessioni sul Pd e dei suoi dubbi sul poter essere ancora propositivo in una fase come questa».
 Ma lei era convinto che Pacher avrebbe compiuto l'ultimo passo?
 Ero convinto che continuasse nel suo impegno, per quanto aveva creduto nel Pd originario e per quanto è legato al suo impegno amministrativo. E poi, voti alla mano, essendo sempre stato apprezzato dalla gente pensavo fosse più difficile che ci convincesse a lasciare.
 Lei che lo conosce bene, come ha vissuto la scelta?
 Serenamente, perché sa che tornerà a fare una professione che gli è sempre piaciuta e di cui mi parla spesso. Eppoi perché è partito da un concetto molto semplice: in politica uno non può decidere quello che vuole fare, però può decidere cosa non vuole fare.
 Sta dicendo che Pacher non voleva fare il presidente della Provincia?
 No, dico che ha deciso serenamente che era concluso il suo momento di impegno politico. In effetti in Italia ci stupiamo di decisioni come questa, mentre all'estero è normale che uno, conclusa un'esperienza in politica, torni alla sua professione. La politica può essere - e lo è stata anche per Ale - un interesse totalizzante, ma per lui ci sono anche altri valori e interessi: il suo lavoro, la famiglia, la cultura, lo sport, la musica. Nei nostri discorsi questo emerge molto spesso.
 Pacher sostiene che lascia perché il Pd di adesso non è quello delle origini. Ma perché non ha combattuto per tornare a quel partito?
 Nelle sedi opportune l'ha anche fatto, ma nel momento in cui le sue perplessità rivestono anche la sfera nazionale sulla quale ha poco da incidere, e il suo sogno è stato cancellato ha sentito che non aveva altro da dare.
 Considera che l'esperienza politica di Pacher sia definitivamente conclusa?
 Nella vita mai dire mai ma non me lo immagino a fare vita di partito. Certo comunque, per quello che rappresenta e per la fiducia che hanno in lui tante persone, sarà sempre un punto di riferimento. Ma non penso che tornerà. Ai miei amici dico sempre che se un politico dice che è pronto a farsi da parte lo fa per posa. Ma se lo dice lui sono sicuro che è così.