Difficile capire perchè dirigenti del PD come Giorgio Tonini abbiano rinunciato al progetto originario del Partito Democratico che Veltroni aveva saputo con forza comunicare. Non so come altro definire se non come una resa una posizione che rinuncia alla proposta programmatica del PD e alla candidatura a guidare il paese per assumere invece come unico orizzonte quello dettato dalla agenda Monti e dalla leadership Monti.
Roberto Pinter, "Trentino", 11 ottobre 2012
Dentro il PD non c'è stato il problema di quali scelte fare rispetto al governo Monti, l'abbiamo sostenuto senza esitazioni, consapevoli che era l'unico modo per far uscire il paese dallo sfascio morale, economico e istituzionale provocato dalla gestione Berlusconi. L'Italia ha riacquistato un minimo di credibilità, benchè messa a dura prova dalle performance dei suoi politici statali e regionali, e va detto che la guida di Bersani e l'europeismo convinto del PD hanno contribuito in modo decisivo.
Non ci sono nemmeno significative differenze rispetto alla necessità di continuare nel risanamento finanziario di questo paese ma a quanto pare non basta,paventando la deriva a sinistra del PD che nessuno vede a dire il vero, si vorrebbe che il PD rinunciasse a proporre un programma di riforme che permetta a questo paese di non essere solo in pareggio di bilancio ma di esserlo con maggiore equità sociale. E la candidatura di Renzi, che peraltro non intende cedere il passo a Monti, viene comunque vista come quella che più si avvicina al Monti bis.
Non so se il tema delle alleanze è quello che confonde al punto da preferire un altra guida rispetto a quella del PD, credo che Bersani abbia fatto bene ad aprire al centro come a sinistra, purtroppo non ci sono facili certezze e d'altronde proprio Veltroni aprendo a Di Pietro ha fatto una scelta ben più devastante che non la partecipazione alle primarie di Vendola.
Non sarà facile per il PD ottenere la maggioranza necessaria per governare questo paese, ne sarà facile costruire una coalizione di maggioranza, ma se il PD non ci prova può anche rinunciare ad essere un partito perchè non svolgerebbe la funzione alla quale è stato chiamato, quella di provare a cambiare il paese.
L'attuale governo è sorretto da una maggioranza improponibile, perchè non è in grado di fare una riforma elettorale, perchè non può toccare la ricchezza dove c'è ,perchè anche lo volesse la destra lo impedisce, e finisce così per risanare a spese del lavoro e dei lavoratori.
Il PD è costretto a porre dei vincoli per aggiustare il tiro ed evitare che peggiori drasticamente la condizione sociale dei ceti popolari, per non lasciare migliaia di lavoratori senza alcuna protezione sociale, per non strozzare gli enti locali e i sistemi sanitari e per porre il problema di una ripresa economica. L'agenda Monti è evidente che non basta, ci vuole quella del Partito Democratico se vogliamo dare risposte a chi non ha merito da rivendicare se non quello rappresentato dal proprio lavoro e che è quello che tiene in piedi l'Italia.
Io non mi arrendo all'idea che si possano tutelare solo alcuni grandi interessi per quanto importanti, io penso che il PD sia nato per dare speranza ai lavoratori, alle imprese, al paese che non si arrende alla mafia e alla corruzione.
Anche l'ennesimo assalto alle casse e alle prerogative delle Autonomie e delle Regioni dimostra che il governo Monti è a corto di idee e dovrebbe preoccupare i sostenitori dell'agenda. Le schifezze diffuse a livello regionale e locale, peraltro non diverse da quelle che si annidano nella struttura inefficiente dello Stato, sono usate come pretesto per riprendersi soldi e potere. Il paese non sta rinsavendo rispetto ad un federalismo mai completato ma piuttosto sta arretrando, tornando ad un centralismo esasperato che non porterà alcun vantaggio se non ai poteri di sempre e alle grandi lobbies che sanno come ottenere concessioni energetiche e appalti di grandi opere. Il merito non c'entra e i comportamenti virtuosi ancor di meno, conta far cassa e la si fa dove ce n'è, non certo dove è stata scialacquata.
Anche questa è una buona ragione per non rinunciare alla candidatura del Partito Democratico alla guida del Paese.