"L'Italia è ancora in emergenza, serve un Monti bis"

Tonini: «La politica faccia un atto di umiltà e ascolti il Paese E il Pd eviti di arroccarsi in una vecchia cultura di sinistra». I «civatiani» raccolgono firme per 6 referendum.
C. Bert, "Trentino", 2 ottobre 2012

Prende il via anche a Trento la raccolta firme a sostegno di 6 referendum promossa dal consigliere regionale lombardo Pippo Civati (Pd) e dalla rete di «Prossima Italia». Riforma fiscale (e patrimoniale), reddito di cittadinanza, incandidabilità dei condannati, matrimonio per i gay, una legge contro il consumo di suolo, un’alleanza con le forze progressiste che non abbiano sostenuto i precedenti governi Berlusconi. Ecco le sei proposte referendarie su cui si punta a far esprimere i cittadini. «In una fase nella quale a prevalere sono i personalismi e i tatticismi, rivendichiamo il dovere di pensare non solo a "chi", ma anche a "cosa" fare», annuncia il gruppo trentino di «Prossima Italia» che si è costituito nel luglio scorso a Villalagarina e che ha tra i suoi promotori il coordinatore cittadino del Pd Vanni Scalfi. «Un modo per parlare di contenuti anziché di schieramenti e alleanze, che possano fondare una direttrice politica del Pd realmente condivisa». «Accanto ai referendum - spiegano i sostenitori di Civati - continua la battaglia per le primarie per la designazione dei parlamentari, per restituire quel ruolo partecipativo ai cittadini nella scelta dei loro rappresentanti che la legge elettorale ancora nega». In attesa di capire se anche Civati sarà in campo alle primarie del centrosinistra. di Chiara Bert wTRENTO «L’Italia non è uscita dall’emergenza, la politica faccia un atto di umiltà e il Pd si attivi per proseguire il lavoro del governo Monti». Il senatore Giorgio Tonini è tra gli esponenti dell’ala montiana del Pd. Tonini, perché all’Italia serve un Monti bis? Io penso che il Paese si può governare solo nella continuità dell’agenda Monti. Perché è l’unico punto di sintesi tra l’esigenza del risanamento finanziario, la crescita economica che si garantisce anche attirando capitali dall’estero e la necessità di fare riforme. Non semplicemente ripetendo i mantra degli anni ’70, ma spostando quote di risorse dalla previdenza verso gli ammortizzatori sociali e la formazione, come ha fatto Elsa Fornero, dando vita a una nuova generazione di diritti per una nuova generazione di lavoratori. A questa sollecitazione Bersani ha risposto che lui lavora a costruire lo schieramento dei progressisti. Se il Pd non si proporrà come il pilastro della continuità con l’esperienza di questo governo, lo farà qualcun altro. Ci stanno provando in tanti al centro, non so se ci riusciranno. Ma è evidente che il Pd rischia di perdersi, di arroccarsi in una vecchia cultura di sinistra. E non a caso abbiamo rispolverato l’espressione “progressisti” con cui perdemmo nel 1994, e abbiamo abbandonato la categoria dei “riformisti” con cui nel 2008, pur nella sconfitta, abbiamo preso quasi la metà dei voti degli italiani. Monti ha però detto che non si candiderà. Che senso hanno le elezioni con un candidato premier che non si candida? Non è una resa della politica? Siamo in una transizione confusa. Eravamo nel bipolarismo selvatico della seconda Repubblica - dove le due coalizioni si fondavano più su un nemico in comune che non su un progetto per il Paese - ed è un bipolarismo fallito, perché non ha saputo produrre governi credibili. Ora dobbiamo costruire un bipolarismo fondato su proposte di governo. Doveva essere l’obiettivo da perseguire nell’anno e mezzo del governo Monti. Dovevamo fare la riforma costituzionale, la riduzione dei parlamentari e la riforma elettorale. Nulla di tutto questo è stato fatto, quindi è evidente che siamo ancora in una situazione di emergenza dal punto di vista politico e democratico. La risposta è affidarsi ancora a un tecnico? La cosa migliore per la politica è fare un atto di umiltà e ascoltare il Paese. E il Paese si sta polarizzando: da un lato c’è chi dice che bisogna buttare a mare il governo Monti e la sua agenda, il capo di questo schieramento è Grillo e mi pare che anche Berlusconi e alcune forze della sinistra siano sulla stessa strada. Dall’altra ci sono forze che io penso debbano essere radunate dal Pd attorno all’agenda Monti, con Monti in un ruolo di primo piano. Perché è ancora la figura baricentrica attorno a cui coagulare un ampio consenso, come dicono i sondaggi. Ha il profilo dello statista e la credibilità internazionale. Trovo surreale che in nome della democrazia si impedisca a Monti di andare avanti. Allora non sarebbe il caso che Monti si candidasse alle elezioni? Non possiamo costringerlo a schierarsi in questo bipolarismo sbagliato. Dobbiamo lavorare perché questa esperienza di governo vada avanti e fare le riforme che finora non siamo stati capaci di fare. Secondo lei il Pd dovrebbe essere pronto ad allearsi e governare anche con Fini, che è tra i primi sostenitori di Monti? In questi mesi abbiamo sostenuto, Bersani per primo, che sarebbe servito un lavoro di ricostruzione del Paese, con alleanze larghe, per porre rimedio ai guasti del berlusconismo. Oggi dobbiamo essere conseguenti. Bisogna allearsi con chiunque in questo momento lavori per sostenere un’esperienza di governo difficile ma che sta facendo ritrovare fiducia all’Italia, e per scongiurare la deriva populista di Grillo, Berlusconi e di certe forze irresponsabili della sinistra. Non le sembra un po’ troppo affollato il partito pro-Monti che si sta costituendo al centro? Queste forze da sole non sono in grado di mantenere quello che promettono e per questo io penso che il ruolo del Pd sia determinante. Un partito deve fare i conti con la realtà. Un anno fa, dopo la caduta di Berlusconi, Bersani disse “Avrei vinto su un cumulo di macerie”. La situazione non è cambiata. Che senso avrebbero le primarie se il candidato indicato fosse ancora Monti? Le primarie sono una cosa molto importante ma la vita interna di un partito non può prescindere da quello che succede fuori. Spero che servano ad un chiarimento e a una correzione di rotta da parte del Pd. Io ho apprezzato di Renzi una certa evoluzione dall’epopea della rottamazione a un avvicinamento all’agenda Monti. Ma ancora non vedo chiarezza né da una parte né dall’altra.