Petizione popolare: introduciamo anche in Italia il reato di tortura

Petizione popolare ai parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per l’introduzione anche in Italia del reato di tortura, per l’abolizione della legge ex Cirielli che vieta ai recidivi le misure alternative alla detenzione e per l’abolizione del reato di immigrazione clandestina.
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I sottoscritti cittadini elettori chiedono ai parlamentari della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica di assumere i provvedimenti necessari perché anche in Italia sia introdotto il reato di tortura. La tortura, così come il genocidio, è considerata crimine contro l’umanità dal diritto internazionale. La proibizione della tortura e di altre forme di trattamento o punizione crudele, inumana o degradante costituisce oggetto di molteplici Convenzioni internazionali ratificate anche dal nostro Paese. Esiste, quindi, un obbligo giuridico internazionale ad oggi inadempiuto dall’Italia, ossia l’introduzione del reato di tortura nel codice penale, più volte sollecitato sia dal Comitato sui diritti umani istituito dal Patto sui diritti civili e politici, sia dal Comitato istituito dalla Convenzione europea per la prevenzione della tortura. L’esplicita previsione del reato di tortura costituisce anche un forte messaggio in chiave preventiva. Significa chiarire con nettezza quali sono i limiti dell’esercizio dei pubblici poteri rispetto ad esigenze investigative o di polizia. L’introduzione del reato di tortura costituisce, quindi, un adeguamento della normativa interna a quella sovranazionale, colma le lacune del diritto interno e costituisce un’ulteriore norma a garanzia dei diritti umani di tutti i cittadini.

Chiediamo, inoltre, la modifica del codice penale in materia di recidiva. L’attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l’intento delineato dalla nostra Costituzione e non è più tollerabile. Vi è stata da vari anni una politica della sicurezza incentrata sull’elaborazione di nuovi reati, utili a rispondere a vere o presunte emergenze, sull’innalzamento delle pene per reati di non particolare allarme sociale e sulla contrazione della possibilità di utilizzo delle misure alternative al carcere. Il caso emblematico è rappresentato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta legge “ex Cirielli”), che ha, tra l’altro, introdotto limiti alla concessione delle misure alternative alla detenzione ai recidivi reiterati, categoria che ricomprende in sé anche reati per fatti di scarso allarme sociale e spesso distanti decenni nel tempo. Questa legge ha contribuito così a determinare quel drammatico sovraffollamento penitenziario che rende le nostre strutture ormai prossime al collasso. La condizione carceraria in Italia rimane uno dei problemi più acuti all’interno del settore della giustizia e sono necessarie misure che incidano stabilmente sull’assetto complessivo dell’ordinamento penitenziario a cominciare, appunto, dall’abrogazione della legge ex Cirielli.

Chiediamo, infine, di abrogare il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato italiano. L’immigrazione è la sfida del futuro, il terreno specifico sul quale si misurerà la nostra capacità di confrontarci con le complesse dinamiche della contemporaneità. La politica dell’immigrazione, specificatamente quella messa in atto dai governi di centrodestra, appare profondamente inadeguata e totalmente sbagliata. L’immigrazione può e deve essere governata avendo presenti, da un lato, il presente e il futuro della società italiana e, dall’altro, i diritti inalienabili della persona sanciti dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali. Il Governo Berlusconi ha invece introdotto nel nostro ordinamento nel 2009, con la legge n. 94, il “reato di clandestinità” che comporta, a carico dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio, l’obbligo di denunciare la persona definita come “clandestina”, ovvero il migrante colpevole di non possedere o di avere perduto (suo malgrado e anche temporaneamente) il proprio permesso di soggiorno. Il reato di clandestinità è palesemente incostituzionale, perché punisce la persona in conseguenza non di un comportamento contrario alle norme, cioè non in ragione di quello che fa, ma per il fatto di trovarsi in una condizione personale di difetto di permesso di soggiorno, ovvero per quello che egli è, e non per ciò che fa, in totale e aperta violazione dell’articolo 3 della Costituzione. Chiedendo, quindi, l’abrogazione dell’articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, legge cdenusrata anche dall’unione europea, si porranno le basi per una nuova visione della politica nazionale sull’immigrazione.