Specialità da abolire, altolà del segretario del Pd Nicoletti: "Ma sui costi della politica tutti abbiamo sbagliato".
P. Morando, "Trentino", 25 settembre 2012
Gli slogan di Matteo Renzi sull’abolizione delle regioni speciali? Prima che segretario provinciale del Pd, Michele Nicoletti è un professore. E così preferisce partire dall’intervento di ieri sul Corriere della sera del presidente emerito della Consulta Valerio Onida: una replica al costituzionalista Michele Ainis, che aveva indicato nella modifica del Titolo V della Costituzione, e dunque nel federalismo all’italiana, una delle principali cause dell’attuale disastro finanziario della cosa pubblica. «Mentre Onida - spiega Nicoletti - sostiene che le responsabilità sono delle persone, non delle istituzioni. E cita la Provincia di Trento come esempio di buona amministrazione».
Professor Nicoletti, quella di Renzi è solo propaganda in chiave primarie? L’impianto regionalista e non centralista della Repubblica è un valore da difendere. E il riconoscimento di alcune specialità, per ragioni geografiche, economiche o culturali, è stata una intuizione positiva. Il che non toglie che tutti debbano essere chiamati a concorrere al risanamento dello Stato. Ma le questioni economiche congiunturali vanno distinte dal quadro istituzionale.
Renzi quindi non va preso troppo sul serio? Dico che su questi temi non si può procedere per slogan. L’impalcatura costituzionale è una cosa seria. Senza dimenticare che il presidente Napolitano, nella sua recente visita, si è espresso in tutt’altro modo.
Tra le regioni meno virtuose il Lazio in questi giorni ha il posto d’onore. Nessuna responsabilità del suo partito? Anch’io sono stupito e preoccupato, perché fin dalla sua nascita il Pd si è dato un codice etico preciso. In generale, c’è stata una sottovalutazione da parte di tutti di come i costi della politica fossero sproporzionati, a tutti i livelli: dalla legge sul finanziamento pubblico dei partiti alle dotazioni attribuite ai gruppi consiliari.
Quello regionale del Pd sta avanzando buona parte dei fondi attribuiti. È la dimostrazione di ciò che ho detto. E infatti a fine legislatura li restituiremo. Ma il caso Lazio dimostra che non avviene ovunque, saremmo nel mondo ideale. Oggi si deve invece intervenire drasticamente, riducendo i fondi a disposizione e introducendo rigidi obblighi di rendicontazione.
Il Consiglio regionale lo sta facendo. Dovrebbe farlo anche quello provinciale? Senz’altro. Sarebbe un buon segnale, indispensabile se vogliamo essere più europei. Basta pensare a Kohl, il cancelliere della riunificazione, dimessosi per un finanziamento non dichiarato, tra l’altro non a lui ma al partito. Oppure alle notizie spesso provenienti dall’Inghilterra, di dimissioni per l’uso allegro delle carte di credito da parte dei parlamentari.
Lì tra l’altro i politici si dimettono non perché spinti a farlo dall’opinione pubblica: lo fanno da soli. È così. Il che spiega quanto altrove, diversamente che da noi, la moralità personale sia vissuta dalla classe politica.
Primarie nazionali del centrosinistra: a che punto siamo? La definizione delle regole avverrà nell’assemblea nazionale convocata per il 6 ottobre. Il nostro statuto prevede che il segretario del Pd sia automaticamente il nostro candidato premier.
E la candidatura Renzi? Richiede una decisione. Bersani ha già detto che non intende avvalersi della disposizione statutaria, dunque porte aperte. Poi andranno definite l’ampiezza della coalizione, il numero minimo che i candidati dovranno raccogliere e le caratteristiche del registro degli elettori.
Lei fa parte della dirigenza nazionale del Pd: come giudica la candidatura Renzi? È la spia del più drammatico problema italiano: il mancato inserimento dei giovani nella società, a livello economico prima ancora che politico. Bankitalia ci ha spiegato come la fascia 20-40 anni sia quella che più ha perso potere d’acquisto. Per cui non mi scandalizzo per le cose che dice Renzi. Ma sono questioni enormi, da non strumentalizzare per beghe interne.
Lei sta con Bersani, no? Ne apprezzo la capacità di non cedere sulle questioni sociali ed economiche che contano. E poi stiamo attenti: non siamo ancora del tutto usciti dal berlusconismo, non servono altri presunti salvatori della patria. L’Ilva, l’Alcoa, la Fiat non si possono affrontare a colpi di battuta: serve esperienza nei rapporti con il mondo del lavoro.
OLIVI: "L'Italia assomigli più al Trentino e non viceversa", "Trentino", 25 settembre 2012
Punto primo: per il Pd trentino l’autonomia è una “invariante”. Cioè, elemento fondativo da non mettere in discussione. E tale deve essere anche per il Pd nazionale. Punto secondo: data questa premessa, la questione riguarda come riempire questa autonomia di contenuti al passo con il cantiere in continua evoluzione) della crisi economica e finanziaria. E quindi in primo luogo attraverso proposte relative a lavoro e crescita. Punto terzo: la cultura dell’autonomia va esportata intercettando le sensibilità presenti in tutti i partiti nazionali, «per convincerli che è meglio che l’Italia asssomigli un po’ di più al Trentino piuttosto che viceversa». Così l’assessore provinciale Alessandro Olivi interviene sulle dichiarazioni di Renzi a proposito delle specialità. «Sono d’accordo con l’assessore Rossi, dobbiamo esportare il nostro modello - afferma - ma non esibendo statistiche, bensì dimostrando che sui temi cruciali non rinunciamo a innovare le politiche di autogoverno».