L'autonomia a difesa dei più deboli

Ieri è stata una giornata importante: il presidente Napolitano ha pronunciato parole di speranza per il futuro dei rapporti tra lo Stato e le autonomie di Trento e Bolzano. Parole non scontate, che confermano la necessità di proseguire sulla strada del confronto democratico.
Bruno Dorigatti, 6 settembre 2012


Nel pomeriggio, al Teatro Sociale di Trento, ho avuto l'onore di poter aprire la Festa dell'Autonomia: pubblico il mio intervento, nel quale ho voluto mettere al centro un'idea di autonomia come strumento di progresso e, soprattutto, di difesa delle classi più deboli. Anche questa, una speranza che deve farsi concreta.

"Autorità, gentili Ospiti,
ho il piacere sincero di darvi il benvenuto a questa nostra odierna "Festa dell'Autonomia", ma soprattutto mi preme ringraziarvi di cuore per aver voluto esserci.
Credo infatti che la data del 5 settembre 2012 segni una diversità profonda con gli appuntamenti degli anni scorsi. Mai come oggi, infatti, avvertiamo nel nostro tessuto sociale e produttivo, forse ancora prima che sul versante politico, il diffondersi di una preoccupazione forte per la nostra specialità, messa in discussione in un crescendo di attacchi che spesso disorientano.
Il ritrovarci oggi, quindi, non può non assumere in sé anche un ulteriore significato, legato all' incertezza del presente. Si tratta di una fase segnata da una crisi economica dai contorni mondiali e dai pesanti effetti nazionali e locali. Essa viene a scardinare sicurezze e fiducie, generando nuove ansie e paure che spingono sull' aspro sentiero della chiusura. Su quest'orizzonte anche l'autonomia va in difficoltà, e con essa i nostri riferimenti politici, culturali ed etici.
Si prospetta così un avvenire diverso e sconosciuto: un tempo davanti al quale si fa ancor più irrinunciabile il ruolo della politica, quale laboratorio del futuro possibile e non delle utopie truffatrici dei molti venditori di ricette facili.
Su questo fondale si muove quel Trentino che ha saputo affrontare negli anni difficoltà e fatiche, superando molti ostacoli grazie a notevoli competenze statutarie; a serie culture di governo radicate nel popolarismo, nel socialismo e nell' autonomismo; ad uno spirito collettivo fondato sui valori della solidarietà e della reciprocità.
Non è però un muoversi semplice, ma piuttosto spaesato, perché ciò che stiamo affrontando è per tutti nuovo, imprevedibile, articolato e pieno di problemi.
Ed è dentro questo movimento che adesso questa terra si trova ad un bivio: un bivio sulla strada della democrazia, davanti al quale è necessario scegliere di proseguire il cammino di un autogoverno responsabile, partecipato, intelligente, moderno e sensibile.
Questa è la nostra idea di autonomia. Non chiusura dentro supposti privilegi, bensì condivisione e dialogo interno ed esterno, per favorire un complessivo e solido sviluppo capace di farci stare degnamente in Europa e di guardare con fiducia al futuro. Si tratta insomma di delineare una prospettiva dell'autonomia vissuta con passione, quale indispensabile motore di innovazione e di sperimentazione: "autonomia" che è anche dimensione elaborativa, per immaginare nuove articolazioni della "forma-Stato", dove più incisivo possa essere il ruolo delle Regioni. E' insomma uno sforzo elaborativo che dobbiamo essere in grado di concretizzare noi, per primi, immaginando un ruolo nuovo e diverso ad una Regione che rischia di morire d'inedia: non si tratta di rianimare qualcosa che non c'è più, ma di definire strategie nuove nel quadro di un'Europa in costruzione.
Per ottenere questo occorre però anche una classe politica all'altezza di questa sfida, e cioè lontana dalla sola dimensione del consenso individuale o di gruppo. Una classe dirigente capace di interpretare i cambiamenti ed in grado di avere comportamenti di alta moralità. Una classe politica innovativa, che investe nella partecipazione diretta e che dà nuova linfa e valore a rappresentanze talora inaridite.
Viviamo sicuramente in una posizione avanzata rispetto al resto del Paese. Ciò non è frutto di ingiustificati vantaggi, ma di un processo storico che ha come fondamento un'idea di comunità dove le Istituzioni sono al servizio del cittadino, e non viceversa, e dove le geografie custodiscono i valori delle comunità. E' per tale ragione che non si possono costruire politiche di sviluppo mortificando i territori. Il Trentino è stato ed è ancora disponibile a concorrere al risanamento economico dello Stato: non come atto imposto, ma come riconoscimento di una storia, di una tradizione e di risultati concreti, che parlano con la voce antica di una terra che ha saputo costruire faticosamente benessere e sviluppo diffuso.
Per queste ragioni, che ho sinteticamente richiamato in questa riflessione, la difesa dell'autonomia non può essere solo un problema della politica e delle Istituzioni, ma deve diventare un impegno del Trentino tutto, impegno che comporta il dovere onesto di guardarsi allo specchio.
"Come popolo siamo abbastanza forti; siamo coraggiosi abbastanza da affrontare la verità su come stiamo. Questa terra necessita di onestà e sincerità nella vita politica e non solo, senza false promesse o illusioni. Voglio che si esamini dove abbiamo sbagliato, per cercare opportunità nuove e diverse per i nostri giovani. (...) Dobbiamo agire contro la miseria ed anzitutto contro la povertà di soddisfazioni, di scopi e di dignità che ci affligge tutti (...) In breve, viviamo in un'epoca dove il Prodotto Interno Lordo misura tutto, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta".
Era il marzo 1968 quando Robert Kennedy pronunciava queste parole, all'interno di un lungo e celebre discorso. Più di quarant'anni fa. Eppure queste idee a me sembrano oggi talmente attuali, da costituire la premessa per una nuova stagione dell'autonomia; una stagione non segnata dagli egoismi di gruppo e dalle mere dinamiche del profitto, quanto da una ritrovata centralità dell'individuo e della comunità, all'insegna dei diritti e delle pari opportunità per tutti. Lo dico senza retorica: l'autonomia è a difesa dei più deboli e delle fasce sociali più a rischio, perché attraverso di essa possiamo e dobbiamo rimuovere quegli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Un dettato costituzionale spesso inapplicato e che deve essere invece l'orizzonte necessario della nostra autonomia.
Come ho avuto spesso modo di affermare, abbiamo superato la fase del benessere ed ora dobbiamo affrontare, con coraggio, il periodo della responsabilità. Tocca cioè alla società trentina reagire con intelligenza e determinazione, partecipando effettivamente alla costruzione di un nuovo Statuto di Autonomia, in grado di guardare oltre gli attuali confini e capace di utilizzare gli strumenti realizzati in questi anni, a partire dal GECT e dalle molte vie di collaborazione sovranazionale che si sono fin qui aperte e che ancora possono essere sviluppate.
Al contempo, a me sembra ancora percorribile la strada di un'ulteriore attribuzione di competenze al Trentino ed all'Alto Adige/SüdTirol, per rafforzare l'autonomia e renderla finalmente integrale, soprattutto qualora vi fosse una ripresa del ruolo del regionalismo anche in chiave europea, con maggiori poteri alle autonomie locali, con un allargamento della democrazia partecipativa e con una vera riforma dello Stato, mirata allo snellimento istituzionale e burocratico. Dobbiamo essere in grado di spiegare come l'ordinamento autonomistico non ha nulla a che vedere con privilegi e egoismi localistici, ma esso è invece condizione necessaria per lo sviluppo di una solida cultura amministrativa e di buone pratiche di governo. E dobbiamo farlo senza presunzioni o atteggiamenti da primi della classe, ma con umile disponibilità e voglia di migliorare continuamente.
Dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ospite questa mattina della Provincia di Bolzano, ancora una volta sono arrivate parole di apprezzamento per le nostre realtà: una boccata di ossigeno dopo un'estate torrida, un segnale di apertura che ci fa ben sperare, una dimostrazione che quella del confronto è l'unica strada percorribile.
Queste sono alcune delle possibili rotte per la navigazione del Trentino dentro l'oceano del futuro. Non si tratta solo di parole, bensì di comportamenti e di impegni.
Solo in tal modo, a mio parere, la politica potrà quindi smetterla di "fiutare l'aria", per ritornare al suo compito primo, che è poi quello di rilanciare il presente nel futuro, con coraggio e coscienza di sé. Se infatti alla politica si può scusare l'errore umano, non le si può mai perdonare d'aver barato. Solo dentro la soluzione di quest'equivoco si esce cioè dal "fango" del consenso scambiato, per poggiare il piede sul più sicuro terreno della responsabilità e della condivisione."