ARCO - L'utopia del 35enne vicesindaco di Arco che pensa a un referendum. "Serve coerenza e sinistra, niente yacht e Ferrari"."L'Adige", 4 settembre 2012
L'auditorium di Arco, «promosso» a teatro sovracomunale, avrà tra i 435 ed i 450 posti a sedere. Lo precisa la delibera dell'assessore provinciale Mauro Gilmozzi che stanzia oltre 1,4 milioni di euro per l'ampliamento della struttura. Il progetto iniziale ne prevedeva 395, ma dopo la sospensione del cantiere per la variante progettuale, adesso accolta e finanziata, la capienza della struttura interrata, aumenta di almeno 40 posti. La Comunità di valle aveva espresso favorevole alla soluzione avanzata da Arco con una delibera del 3 maggio scorso, indispettendo in parte Riva el Garda che nel dispositivo ha ottenuto la non esclusione di un possibile finanziamento per la realizzazione di un teatro in città. Tuttavia, il Servizio attività culturali della Provincia, «al fine di evitare la ridondanza di funzioni», ritiene «opportuna se non necessaria l'attivazione di un livello di coordinamento per la programmazione delle attività e delle funzioni che veda coinvolti i Comuni del territorio, la Comunità e la Provincia».Sogna in grande Alessandro Betta, 35enne vicesindaco di Arco: «Un'utopia amministrativa che si chiami Alto Garda e che riunisca tutti le municipalità della zona: Riva, Arco, Tenno, Nago Torbole, Dro e Drena». Tutto qui? «Mi piacerebbe un referendum: i tempi sono maturi ed una politica lungimirante dovrebbe sostenerlo».Quella dell'ex segretario del Pd di Arco non è una provocazione, anche se, precisa, è una sua idea personale: «Nel partito non ne ho mai parlato. È semplicemente la mia utopia». È l'utopia di un professore di scienze elettriche dell'Enaip «prestato» alla politica, che si è anche preso la briga di contare le ore che dedica alla pubblica amministrazione. Da giugno a dicembre del 2010, quando ha assunto la carica, sono state 1.249 (per ottenere il cosiddetto «tempo pieno», che vale lo stipendio integrale, nel caso di Betta 1.660 euro netti al mese da decurtare dei 230 che gira al partito di appartenenza, occorre dichiararne 1.200 l'anno), che nell'intero 2011 sono state 2.512 e tra gennaio e giugno di quest'anno, sono state altre 1.198. «Sono certo che ci sono molti che lavorano anche più di me», puntualizza. In ballo non c'è il titolo di «Stakhanov» dell'amministrazione pubblica, ma il ruolo della politica: «Mia moglie mi ricorda il tempo che sottraggo alla famiglia», ammette. Di questo «comune unico» lei sarebbe vice sindaco?«No, è l'utopia per la quale sono disposto ad impegnarmi, non solo non da vice sindaco, ma nemmeno da consigliere. La scelta di comune unico vista egoisticamente sarebbe "un sacrificio", visto che il comune di Arco ha ottime prospettive e risorse umane valide, ma è proprio una visione di futuro». Perché adesso? «Perché la politica deve essere coerente e dare risposte concrete. Uno non può dichiararsi di centro sinistra e poi avere sia lo yacht sia la Ferrari e frequentare esclusivamente gli ambienti tipo il Billionaire. La gente ha problemi, si chiede come mai la politica costi così tanto e si aspetta risposte». Non si rischia, come dire, una perdita delle identità? «Guardo l'esempio di Ledro, che conosco anche perché vedo i ragazzi ai quali insegno a scuola. C'è un forte senso di appartenenza, eppure è nato un comune unico, con tutte le difficoltà del caso. Hanno innescato un percorso virtuoso». E l'Alto Garda? «Con un comune unico si possono contenere le spese, essere più equi ed efficienti. Oggi, per una carta d'identità sono richieste cifre diverse a seconda delle amministrazioni, è solo un esempio banale, per non parlare delle diverse regole urbanistiche sullo stesso territorio. E poi si possono unificare gli uffici e via dicendo per dare servizi ancora migliori ai cittadini». È l'unico a pensarla così? «Non lo so. So solo che Michela Zampiccoli (ormai ex consigliere di Arco Più, ndr) aveva sollecitato, ad esempio, una riduzione del numero dei rappresentanti e dei costi della politica. E io non credo che un Comune unico significhi meno democrazia». I partiti? «Credo nei partiti, nella passione che dovrebbe animare quanti ne fanno parte e credo nel percorso che si faceva al loro interno. Sono convinto della loro utilità e ricordo i tempi in cui le discussioni si facevano al loro interno e quello che veniva deciso dalla maggioranza valeva poi per tutti. Adesso non è più così, c'è troppo personalismo». Però i partiti fanno spesso ricorso alla cosiddetta «società civile». «Alla quale mi sento di appartenere anch'io: non sono della "società incivile". Arco ha dato un esempio di discontinuità chiedendo a Mattei di spendersi. La politica va fatta sui fatti, non sulle persone. E i controllati devono essere diversi dai controllori».
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Partito Democratico del Trentino