Insieme per un nuovo ritmo dell’economia

Il testo del mio intervento all’incontro “Insieme per un nuovo ritmo dell’economia”, promosso dalla Provincia autonoma di Trento in collaborazione con Trentino Sviluppo per mettere a confronto imprenditori ed operatori del settore con l’obiettivo di stimolare un cambio di passo dell’economia locale.
Alessandro Olivi, 12 giugno 2012

Oggi è quasi una verità dogmatica: dalla stagnazione si esce soltanto creando posti di lavoro e ricchezza, cioè con la crescita, l’unico rimedio anche per risanare le finanze pubbliche, allentare la pressione fiscale e girare davvero pagina.
Questa pesante crisi ha almeno il merito di mettere a nudo gli effetti devastanti dell’alchimia finanziaria più speculativa, ridandoci la voglia di concretezza dell’economia produttiva, che non possiamo permetterci il lusso di trascurare.

Il manifatturiero continua in effetti ad essere la «sala macchine» dello sviluppo, perché da esso originano i guadagni di produttività del sistema, attraverso le innovazioni incorporate nei beni utilizzati nel resto dell’economia. La produzione, inoltre, crea posti di lavoro mediamente qualificati e ben remunerati, tanto più se basata sulla conoscenza.
Tornare a crescere. Questa è la sfida per tutti noi. Nel 2011 il PIL pro capite in Italia è cresciuto pochissimo, anzi sceso in termini reali, mentre le previsioni per il 2012 delineano un marcato peggioramento, a causa della debolezza della domanda interna e, in misura più intensa, degli investimenti.
L’unico freno alla recessione proviene dalle esportazioni. Le vendite all’estero delle imprese italiane hanno superato quelle precedenti la recessione del 2009. Analogamente si sono mosse le imprese trentine. Durante lo scorso anno, come pure nel primo trimestre 2012, il tasso di crescita delle nostre esportazioni è stato uguale a quello della Germania.
Evidentemente le produzioni di qualità sono in grado di conquistare i mercati esteri e di superare i limiti della piccola dimensione, sfidando la nuova geografia mondiale dello sviluppo. In mancanza di materie prime e di risorse umane a basso costo, per essere competitivi in un mercato globale bisogna offrire gusto, innovazione e qualità. Bisogna produrre cose nuove che piacciono al mondo.
Fortunatamente, un nutrito drappello di «pionieri» – imprese più dinamiche ed innovative – va in avanscoperta ad esplorare il nuovo terreno, per trovare le opportunità che si stanno esaurendo nel vecchio.
Ciò richiede tuttavia un ambiente adatto allo sviluppo. E’ risaputo che la competitività segue le nuove idee. Mentre cadono le barriere, dobbiamo dunque disegnare un contesto favorevole agli investimenti produttivi e alla diffusione della conoscenza, sostenendo così un flusso di innovazioni superiore a quello tendenzialmente espresso dai singoli operatori. E’ preciso compito della politica economica accelerare l’incontro tra l’innovazione e l’investimento.
Un incontro che non può prescindere da una profonda riforma fiscale, che sposti il baricentro impositivo dal lavoro alle rendite, specie quelle finanziarie, e favorisca la ricerca e la produttività (con il conseguente innalzamento delle retribuzioni) senza le quali rischiamo di rimanere emarginati nella competizione internazionale. Il fisco non deve essere solo strumento di cassa ma anche “leva”, in grado di premiare chi assume, chi fa ricerca, chi esporta in nuovi mercati, chi patrimonializza l’impresa, chi investe in sicurezza e sostenibilità. Su questa linea la Provincia ha già utilizzato la proprie potestà fiscali con le agevolazioni IRAP. C’è bisogno, in definitiva, di una fase di redistribuzione della ricchezza, che premi le capacità produttive e cambi il paradigma del rapporto triangolare imprese-finanza-istituzioni.
Questa «battaglia per la crescita e per l’occupazione» richiede un coinvolgimento al massimo livello politico e la mobilitazione di tutte le parti interessate, anche per supplire alle minori risorse pubbliche a disposizione dello sviluppo.
Non c’è dubbio che più innovazione, educazione ed ICT, più inclusione, un’economia più verde, e nuove tecnologie nel settore dell’energia e dell’ambiente sono oramai ineludibili.
Alla politica economica viene infatti chiesto il modo di riparare il motore dello sviluppo, che si è fermato, e di farlo ripartire, avendo in mente le due regole di buon senso che ci suggerisce il prof. Rullani:
«a) bisogna sapere dove andare, perché non c’è mai vento a favore per un marinaio che non sa qual è il suo porto;
b) la rotta deve essere realistica e praticabile, anche se ambiziosa quanto serve a sollecitare un forte impegno di tutto l’equipaggio Per innovare bisogna in qualche misura sorprendere e sorprendersi: e la cosa non è mai banale.»
La questione che si pone diventa dunque quella degli strumenti.
Alle prime avvisaglie della crisi la Provincia ha prontamente messo in campo straordinarie azioni antirecessive. A 3 mila imprese si è consentito di consolidare debiti a breve per un ammontare superiore a 500 milioni di euro. Sono stati agevolati 103 progetti di riorganizzazione di medio-grandi imprese, che stabilizzano 11 mila dipendenti. Sono stati sostenuti in modo intenso gli investimenti fissi, la ricerca applicata e le iniziative strutturali di Trentino Sviluppo. Per il rafforzamento patrimoniale delle imprese, con le agevolazioni sui prestiti partecipativi, i proprietari di 534 imprese si sono impegnati a patrimonializzarle per 200 milioni.
Per dare liquidità al sistema, nel 2011 su pagamenti complessivi prossimi ai 5 miliardi di euro, ben l’86 per cento (pari a 4,2 miliardi di euro) sono stati effettuati mediamente in 10 giorni. Le criticità dell’accesso al credito sono state affrontate con strumenti di sistema e di incentivazione.
Fra i primi, è assolutamente originale l’intervento di Cassa del Trentino, d’intesa con le banche locali, che, attraverso la sottoscrizione di obbligazioni BEI e del sistema locale, ha mobilitato finanziamenti per le imprese e per gli enti pubblici trentini per circa 300 milioni.
Fra i secondi, nel 2011 la Provincia ha aiutato 2.375 imprese ad investire, per un ammontare complessivo di 564 milioni (agevolato con 121 milioni), cui si aggiungono 57 progetti di ricerca per 37 milioni (agevolati con 20 milioni).
Al di là dell’immediato, appare evidente che il sistema produttivo trentino necessita di una profonda rigenerazione orientata all’innovazione attraverso tre linee direttrici: riorientare la domanda pubblica, rifocalizzare gli incentivi, rafforzare il contesto.
Si punta cioè ad incidere sulla riqualificazione della spesa, come leva per stimolare la produttività del sistema in settori trainanti.
Di qui la revisione degli incentivi alle imprese (legge provinciale n. 12 del 1° agosto 2011) che introduce più restrittivi criteri di selettività, in favore degli investimenti maggiormente in grado di produrre valore e crescita, focalizzando le risorse sulle migliori opportunità competitive: crescita dimensionale, spirito imprenditoriale, addizionalità degli investimenti agevolati, azioni sistemiche, internazionalizzazione. L’obiettivo di fondo è indirizzare gli aiuti verso le iniziative sostenibili, immateriali e a maggiore ricaduta sociale.
Trentino Sviluppo dovrà conferire efficacia alle politiche di contesto, riorganizzandosi per esprimere maggiore forza nel promuovere il territorio e nell’attrarre capitali esterni, sia dal lato produttivo che da quello turistico, con una nuova missione dedicata ai servizi innovativi alle imprese.
In questo solco rientra la valorizzazione delle risorse umane e, di conseguenza, della scuola tecnica, che le famiglie di buon senso non devono considerare di serie B. Basti pensare all’esperienza delle Fachhochschulen nel mondo germanico e alle prospettive che saranno dischiuse dal nascente polo della meccatronica.
Alla pubblica amministrazione viene richiesto, dal canto suo, un cambio di cultura organizzativa ed amministrativa in grado di accelerare i processi decisionali e dare concreta attuazione ai programmi.
In definitiva, puntiamo ad un Trentino più aperto, concorrenziale e attrattivo, dove si investa non soltanto per i pur importanti benefici agevolativi, ma per l’appartenenza ad un sistema virtuoso, che ha fatto dell’autonomia un servizio allo sviluppo economico.