Conferenza Nazionale su Sviluppo e Lavoro - Il contributo del Pd del Trentino

Il presente documento è il contributo che il Partito Democratico del Trentino vuole inviare ai responsabili del Dipartimento economia e lavoro del PD nazionale quale contributo alla stesura del documento per la Conferenza “Sviluppo sostenibile per la buona e piena occupazione” che si terrà a Napoli il prossimo mese di giugno.
Trento, 1 giugno 2012

I lavori della conferenza provinciale di Trento hanno visto la partecipazione dei rappresentanti delle tre confederazioni sindacali, nonché del responsabile della pastorale del lavoro della diocesi di Trento,  e dei rappresentanti di Unione Commercio e Turismo, Associazione Albergatori, Ente Bilaterale dell’Artigianato, Comitato InterProfessionale ed Ordine Commercialisti, ACLI Trentine. All’incontro, coordinato dal consigliere provinciale Andrea Rudari, sono altresì intervenuti l’onorevole Laura Froner e l’assessore provinciale Alessandro Olivi, nonché alcuni rappresentanti dei circoli territoriali ed il segretario provinciale Michele Nicoletti.

In via preliminare sottolineiamo come, all’interno della dinamica dell’occupazione e dello sviluppo debba essere rimarcata la centralità del lavoratore e la dignità del lavoro,  sia esso lavoro dipendente o lavoro professionale. Quindi le scelte politiche devono conseguentemente  tendere a questo fine ultimo. 

In secondo luogo, dobbiamo ricordare come il mondo del lavoro ha subito radicali trasformazione negli scorsi anni. Per questo non si possono adottare gli stessi strumenti nell’affrontare queste tematiche, pur mantenendo gli obiettivi fondamentali.
Dobbiamo tener conto anche delle radicali trasformazioni che il sistema economico ha subito in questi anni, causate in primo luogo da processi di innovazione tecnologica che inevitabilmente hanno cambiato i rapporti di forza e gli scenari competitivi. La rivoluzione digitale ha determinato il superamento di modelli di organizzazione del lavoro gerarchici e rigidamente verticali, tipici della società industriale, ed ha aumentato l’autonomia del lavoratore nella realizzazione delle proprie mansioni; ha offerto alle imprese l’opportunità di operare in rete favorendo la specializzazione produttiva, le esternalizzazioni nonché fenomeni di delocalizzazione. Quindi il prototipo di lavoro subordinato “standard” non è più la sola fattispecie di riferimento, nella prassi operativa ancor prima che nella legislazione sul lavoro.

Per questo concordiamo su quanto anche il documento nazionale evidenzia: per la buona e piena occupazione, l’attenzione dedicata alle regole del mercato del lavoro nell’agenda europea e italiana è stata eccessiva e fuorviante, e si rischia di perdere di vista il vero problema. Riforma del lavoro non vuole dire automaticamente più occupazione, maggior sviluppo, maggior competitività e maggior benessere per i nostri cittadini.

E, d’altronde, la riforma del lavoro che il Parlamento sta portando a compimento non soddisfa pienamente, anche se dobbiamo approvarla perché ce lo impone la BCE.

Ne consegue che dobbiamo essere consapevoli che semplificazione normativa, ricerca e innovazione (significativo al proposito il forte impegno del governo e del ministro competente sul tema delle c.d. “start up”, viste come imperdibile occasione di nuova occupazione e nuovi posti di lavoro, soprattutto per le nuove generazioni), qualità del lavoro, nuovi ammortizzatori sociali, valorizzazione degli outsider (giovani e donne) sono temi complementari ed interconnessi che devono essere affrontati in una prospettiva di sistema. Solo così il PD potrà essere il soggetto meglio capace di costruire la piattaforma del dialogo tra generazioni di cui si sente il bisogno.

A fianco degli altri temi, diventa centrale anche l’orientamento al lavoro dei giovani e la loro formazione professionale, che non vuol dire necessariamente puntare a profili bassi di occupazione, ma a qualificare chi vuole occuparsi manualmente in settori strategici dell’economia. Anche se dobbiamo tenere presente che, in tema di integrazione tra il mondo del lavoro, della formazione e della ricerca e la qualità del sistema economico, dovrebbero essere affrontate alcune criticità: il nostro tessuto produttivo non è sempre in grado di assorbire professionalità altamente qualificate e, per questo, da anni, vi è una progressiva diminuzione della sua competitività.

Uno strumento che attualmente si colloca in questa prospettiva e che può svolgere una funzione di “contratto a tutele crescenti per i giovani” (come dice Tito Boeri) è quello dell’apprendistato, su cui anche la Provincia di Trento, seguendo i modelli germanici, sta puntando molto. Esso permette ai giovani di usufruire di percorsi professionali qualificati e dotati di tutele significative e alle imprese di godere di incentivi, sia attraverso contributi sia attraverso sgravi fiscali e previdenziali, per assumere e formare i giovani e per stabilizzarli.
Ancora. È necessario che, senza sostituirsi alla vitalità del sistema economico, la Pubblica Amministrazione orienti le proprie politiche verso la qualità della crescita e dello sviluppo e non più sulla mera quantità. La crisi, anche ambientale, ci obbliga a fare questo. È quindi necessario attraverso la domanda pubblica, il sistema dei contribuiti e attraverso sgravi fiscali, stimolare gli investimenti a maggior valore aggiunto puntando sui settori innovativi e capaci di cambiare nel profondo e stabilmente i connotati strutturali della nostra economia (ristrutturazione offerta). Si pensi ai nuovi business basati sulle tecnologie ambientali e sul risparmio energetico. Solo così potremmo garantire in futuro quei posti di lavoro qualificati in grado di valorizzare meglio i percorsi formativi e professionali dei più giovani.

Altro tema fondamentale, in materia di sviluppo, è quello dell’equità fiscale che va di pari passo con quello della lotta all’evasione. Lo chiedono i cittadini, lo chiedono le imprese che pure si rendono conto del danno che arreca anche a loro chi non paga il giusto tributo dovuto. E’ anche da evidenziare, in tema di rapporti con l’amministrazione tributaria, che in caso di riscorso da parte dei contribuenti, spesso l’amministrazione fiscale ha più torto che ragione, dando quindi adito al pensare che spesso ci sia una sorta di cieco ed ottuso accanimento, volto più al fare statistica che non a combattere efficacemente il fenomeno dell’evasione.

E’ emerso anche un aspetto di cui il documento nazionale parla poco: la centralità dell’attività e dell’imprenditorialità turistica in Italia, unico settore che ancora cresce (seppure a fatica) nell’occupazione nonostante la crisi. Per stessa ammissione di Confindustria, il turismo è l’attività produttiva che oggi maggiormente può contribuire al rilancio del paese, anche per l’indotto che lo stesso può avere su altre categorie economiche (commercianti, ristoratori, artigiani). Lo sviluppo del nostro paese non può prescindere da un forte impegno delle istituzioni in questo settore, sempre in un’ottica di sistema che solo può essere vincente. 

Infine, ci sembra opportuno rimarcare come sia una possibilità in  più di sviluppo e buona occupazione puntare sulla capacità di valorizzare e fa emergere quelle che sono le vocazioni e le capacità territoriali della nostra Italia, fatta di cultura, di campi coltivati, di coste e mari, di natura e montagna, di grande capacità di inventiva e aggregazione. Una ricchezza che dovrebbe anche riportare ala nostra attenzione lo sviluppo delle filiere corte dei prodotti nazionali, che permetterebbe di migliorare le molte eccellenze che abbiamo.