Ricordo di un amico: Gianni Lenzi

Talora il ripetersi del rito delle rimembranze rischia di scadere nella banalità del dovuto. È per tale ragione che ho a lungo riflettuto circa il senso da dare a questo mio modesto ricordo di un Amico, ancor prima che di un consigliere provinciale, prematuramente scomparso mentre nutriva di concretezze vere l'agire stesso della politica.
Bruno Dorigatti, "L'Adige", 31 maggio 2012

Sono trascorsi ormai tre anni da quando l'immensità oceanica si è chiusa sopra il destino di Giovanni Battista Lenzi e con lui, su quello di Rino Zandonai, direttore della Trentini nel Mondo e di Luigi Zortea, già sindaco di Canal S. Bovo. Tre anni. Un soffio nella storia del tempo, ma anche un grande vuoto nella vicenda umana di tutti noi che li abbiamo conosciuti e stimati.
Guardavo, qualche domenica fa, la sfilata orgogliosa degli Alpini durante l'adunata di Bolzano e dentro quei volti segnati di fatica, di problemi, di interrogativi sul futuro, ma anche di serenità e di fiducia, vedevo lo stesso sorriso di uomini come Lenzi; di uomini cioè che attribuiscono al lavoro, all'impegno, alla responsabilità e alla solidarietà il valore di un collante sociale che, mi auguro, nessuna crisi riuscirà mai a intaccare. In quegli sguardi di cittadini sotto il cappello che fu anche di Gianni Lenzi; negli occhi di individui provenienti da ogni dove, ma accomunati da un medesimo sentire più forte di qualsiasi altra pulsione, m'è parso, per un attimo, di rivedere il sorriso di questi tre Amici che si sono spesi per riannodare i fili fra la loro terra e quella che fu dei padri di un Trentino che sta altrove. E questa voglia di allacciare dialoghi, di ridare senso alle parole, di condividere anche le sofferenze altrui, oltreché le gioie, è la lezione di un solidale, non declamato nelle sedi del consenso, ma convintamente praticato nell'agire di ogni giorno.
Viviamo un tempo difficile e sempre più incerto. Viviamo un'epoca dove la cultura del lavoro - che è la stessa che ha nutrito Lenzi, il sottoscritto e migliaia di trentini che hanno fatto grande questa terra con la loro azione quotidiana - sembra calpestata dalle sole logiche del profitto e da un'economia, virtuale nel suo evolversi, ma crudelmente concreta nel suo esistere. Non è questo l'obiettivo politico e ideale per il quale uomini come Lenzi, Zortea e Zandonai hanno investito l'intera esistenza.
i Gianni ciò che mi ha  colpito di più è sempre stata l'idea che il lavoro fosse uno strumento di dignità, prima ancora che di sopravvivenza; una dignità che deve essere garantita a tutti: qui come in Brasile e in ogni angolo del pianeta; una dignità che non può essere ostaggio delle oscillanti convenienze delle agenzie di rating; una dignità, infine, che dice dell'uomo più di qualunque altra dichiarazione altisonante.
Ripenso spesso a quell'ultimo viaggio; a quegli ultimi orribili attimi; a quel nulla che si spalanca come un baratro, dove anche la speranza si perde nel vuoto. Eppure, non riesco a credere che la traccia lasciata da queste persone dentro la vita sia già stata ricoperta dal sempre più rapido depositarsi della polvere del tempo che va. Non riesco a credere che la lezione bella lasciataci sia già sfumata nelle memorie di questa terra e, mentre ancora osservo lo sfilare di Penne Nere sui viali di un luogo che è esempio di convivenza vissuta, incrocio ancora gli sguardi della montagna e sento quella voce contadina  della Bassa Valsugana che chiama tutti noi al dovere di non dimenticare gli ultimi, soprattutto quando più aspra si fa la salita sul sentiero del vivere.
Cari Amici non dimenticheremo. Non si tratta solo di un auspicio, bensì di un impegno che proviamo ogni giorno a onorare, cercando di riconsegnare alla politica un'idea semplice di onestà e pulizia, un'idea come quella che vi ha accompagnato fino a quell'ultimo, estremo volo.