Il centrodestra è in caduta libera, cresce il voto di protesta, il centrosinistra è avanti in molte città. Da 18 a 8 per il centrodestra, il risultato è stato completamente ribaltato. Sintesi della relazione del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, alla riunione del Coordinamento nazionale e della segreteria nazionale del partito.
"Ringrazio tutti per l’impegno che tutti hanno messo in questa campagna elettorale e credo che dovremo mettere a frutto il segnale forte di sicurezza e di unità che abbiamo dato perché in questo momento ne ha bisogno il paese.
In primo luogo, credo che sia necessario guardare le elezioni nel contesto europeo. Voglio sottolineare in particolare il dato della Francia e quello della Grecia. Entrambi i risultati elettorali segnalano un punto di fondo: così le cose non vanno bene in Europa. Le risposte naturalmente sono state diverse.
Si può dire che in Francia sia stata messa concretamente in moto una possibile inversione del ciclo che ha visto la destra europea governare questi ultimi dieci anni e che sia stato possibile contenere una tendenza regressiva, populista che si muove ovunque in Europa e che aveva anche in Francia una particolare forza. Tutto questo è stato possibile grazie a una battaglia politica ben condotta, per una adesione maggioritaria dei cittadini e anche per un sistema politico e istituzionale che aiuta una ricomposizione in vista della governabilità.
Per quanto riguarda la Grecia mi sembra ormai evidente un dato di fondo: quando la crisi arriva a un punto di acutezza particolare ed estrema emergono fenomeni di radicalizzazione molto spinti e si innesta un corto circuito tra tema sociale e tema democratico, cioè una regressione forte delle condizioni di vita e una impressione evidente di essere etero diretti, di non avere in mano il proprio destino. Il corto circuito tra queste due cose provoca reazione che mettono a rischio la governabilità e addirittura l’assetto democratico.
Ho richiamato questi due elementi del quadro europeo per dire che noi collochiamo in questo panorama la nostra situazione e non solo la nostra situazione: c’è una dinamica nel panorama europeo che sta dentro queste vicende, a cominciare dal fortissimo disagio sociale fino a soglie critiche superate le quali può essere messa in dubbio perfino la governabilità di un paese, dall’affermazione di correnti populiste e da un tentativo, condotto con successo in Francia, di trovare una composizione con uno schieramento progressista, di sinistra, di aree democratiche anche moderate, civiche e costituzionali che fanno argine a una destra condizionata da queste spinte.
Noi siamo dentro a un grande fenomeno di portata storica, che riguarda l’Europa e non solo il tema economico sul quale siamo sempre impegnati, ma un tema politico di primissima grandezza, strategico: le prospettive dell’Europa, e cioè se potrà esserci l’Europa. Nei prossimi anni saremo di fronte a questa sfida. E ciò ci richiama a una esigenza di affrontare il tema europeo non solo in chiave economica: bisogna tornare ai fondamentali, al senso della prospettiva europea, c’è bisogno di un colpo di reni politico, non basta solo discutere nei vertici di particolari trattati, la realtà sta prendendo una piega che sopravanza queste discussioni.
Dentro questo quadro si situa la vicenda delle nostre elezioni amministrative. Anche in questo caso segnalo solo alcuni punti, in sintesi.
Primo. Il dato relativo alla partecipazione è sicuramente preoccupante, in particolare per il Nord e per il Centro. Non direi un dato allarmante, direi un dato preoccupante. Rispetto alle aspettative una reazione dell’elettorato c’è stata, anche se in un quadro molto problematico.
Secondo. Se stiamo ai dati amministrativi, noi vinciamo senza se e senza ma. Su questo non ci sono discussioni. Naturalmente vi sono anche alcuni aspetti di criticità, ma sia nei comuni capoluogo, sia nei comuni minori c’è un ribaltamento completo della situazione precedente a nostro vantaggio. Dopo la fase dei ballottaggi, che nella grandissima parte dei casi ci vede in una posizione di vantaggio, noi avremo senza dubbio una maggiore responsabilità in tutto il paese.
Se guardiamo ai risultati dal punto di vista politico, ciò che emerge da queste elezioni è, in primo luogo, il crollo del centrodestra e della Lega, in particolare al Nord e al Centro; uno smottamento francamente di proporzioni inedite. Questo crollo non viene intercettato dal centrosinistra: non abbiamo dati che ci dicono questo, e bisogna ricordare che ciò rientra nella tradizione della politica italiana, dove non si verificano transiti così importanti da un campo all’altro. Questo smottamento, tuttavia, non viene intercettato nemmeno dalle posizioni centrali del Terzo Polo. E’ un dato politicamente piuttosto significativo. E segnala una questione di fondo, della quale abbiamo parlato più volte e che dobbiamo qui ribadire: la via di uscita da questa situazione di crisi profonda del centrodestra non si trova in una prospettiva tecnocratica, illuministica o salottiera, è una questione molto più seria. Sotto la pelle del paese c’è un fermento di reazione molto più profondo, che non può essere risolto con alchimie di palazzo e neanche con improvvisazioni. E questo credo che vada ribadito anche ad alcuni apprendisti stregoni che si incontrano in giro, ambienti che tendono, anche nelle classi dirigenti, a pensare ad una distruzione creativa del sistema politico perché ne venga fuori chissà che cosa. Sotto la pelle del paese c’è un populismo in cerca di autore. E credo che questo sia un dato in cui abbiamo avuto una conferma proprio in queste elezioni, perché a fronte di uno smottamento così significativo del centrodestra – dati impressionanti, dal 60 al 12, dal 37 al 4 – non vi è stato un flusso verso posizioni centriste e illuministe, ma verso dispersione, astensione, verso Grillo, solo marginalmente verso di noi. Insomma, sono ancora lì: il campo del centrodestra si è destrutturato fortemente, ma non è che non esiste più la destra in Italia. Gli elettori del centrodestra non sono scomparsi. Siamo in una situazione nella quale quell’area richiede una interpretazione che ancora non si capisce quali sbocchi avrà.
Abbiamo avuto inoltre il fenomeno del partito 5 Stelle, chiamiamo le cose con il loro nome: è un partito. Su questo punto inviterei anche in questi giorni a tenere fermo un giudizio: il partito 5 Stelle è stato ingrossato enormemente dalla protesta, ma non è solo protesta: quel voto contiene anche una domanda e in quella domanda c’è una esigenza di una politica più sobria, di un taglio dei costi della politica, di maggiore trasparenza, e così via. Quindi noi dobbiamo tenere fermi i nostri principi e rispondere alle provocazioni, ma non dobbiamo aprire una guerra a Grillo, noi dobbiamo migliorare la nostra proposta. Dobbiamo rispondere colpo su colpo quando si va fuori
dal seminato, dobbiamo tenere fermi i nostri principi, ma – lo ripeto – dobbiamo migliorare la nostra proposta, per dare noi la risposta a quella domanda.
In un esame rispetto al 2007, e tenendo conto delle nostre liste e di quelle civiche dei sindaci, noi abbiamo un risultato buono e in crescita. Naturalmente c’è una differenza nelle diverse aree del paese. Non ci sfuggono i dati di criticità. Un conto è come sta andando in Lombardia, in Toscana, in Puglia, un conto come va in Sicilia o in Friuli. E tuttavia, noi vediamo una accentuata presenza del nostro partito, in particolare nel Nord. Se guardiamo a noi stessi e guardiamo il panorama generale, viene fuori una constatazione inequivocabile: di fronte al paese noi abbiamo una responsabilità enormemente accresciuta.
Questo è l’elemento di fondo in un paese che ha ed avrà di fronte problemi enormi e inediti dal Dopoguerra ad oggi. Questa è la situazione. Noi dobbiamo rispondere a questa responsabilità e quindi noi inevitabilmente dobbiamo dichiararci come perno di una ricostruzione democratica, sociale, al servizio di una riscossa del paese. E tutto questo – va detto con chiarezza – va oltre qualsiasi bricolage di alleanze politiche. Il campo del centrosinistra ha retto bene. Ma non possiamo ritenere che da questo voto esca fuori un centrosinistra autosufficiente. E neanche possiamo ritenere che al centro siano venute fuori chissà quali cose.
La realtà è che c’è un Pd che in questo panorama deve caricarsi di un messaggio molto aperto, largo, molto forte, che dica: noi ci apriremo di più, sto parlando del campo culturale, del campo sociale, del campo economico, con i soggetti che sono disponibili. Terremo la testa larga e proporremo alla società di darci la mano, di accompagnare questo Pd, di affiancarlo per una riscossa civile e una ricostruzione sul piano democratico e sul piano sociale democratica di questo paese, contro la disgregazione e l’impotenza della destra, contro il rischio di insorgenze regressive. Credo che questo sia il tema: prendere atto delle nuove responsabilità.
Se è così, ed è così, leviamoci dalla testa che il nostro pluralismo significhi che allarghiamo le ali se ciascuno dalla sua posizione si pone in situazione critica verso il Pd. No. Il Pd è unito, solido e sicuro. E ciascuno per la sua vocazione va a predicarlo, va a predicare il Pd nei luoghi più diversi, se vogliamo essere utili al nostro paese.
Nell’immediato tutto questo significa che noi ribadiamo la nostra lealtà al governo, ma ribadendo – come segnala questo voto – che in questo paese ci siamo, siamo dappertutto: siamo l’unica forza presente ovunque. Possiamo dire la nostra e dobbiamo essere ascoltati. Dunque lealtà al governo e chiediamo adesso di essere ascoltati, perché abbiamo cose da dire.
La prima cosa che dobbiamo dire al governo riguarda l’Europa. La vittoria di Francois Hollande in Francia apre uno spazio per fare in modo che alle politiche del rigore si affianchi concretamente e immediatamente una politica per la crescita. C’è un tema che riguarda l’approvazione del Fiscal Compact. Noi siamo leali con il governo italiano. Ma parliamo anche con i progressisti europei: in Germania non passa senza il voto dell’Spd, e l’Spd chiede che si voti dopo una discussione sull’affiancamento di misure per la crescita. Noi cerchiamo di stare dentro questa discussione e di favorirla. Parliamo di eurobond, di projectbond, di una tassa sulle transazioni finanziarie, di
investimenti da parte della Bei, insomma di ciò che abbiamo da tempo discusso nell’ambito della piattaforma dei progressisti europei. Io aggiungerei una cosa, perché prima che tutte queste cose si mettano in moto ci vuole tempo: l’Italia è in una situazione particolare, siamo l’unico paese che ha deciso di chiudere il bilancio in pareggio nel 2013 (e ricordiamo che questa fuga in avanti l’ha firmata Tremonti, imponendo all’Italia una cura da cavallo), abbiamo un avanzo primario incomparabilmente superiore a quello degli altri, abbiamo una recessione più forte degli altri. Ecco io dico che esiste, oltre all’architettura europea, un caso italiano e propongo di adottare una mini golden rule: consentiamo, almeno in parte, di dislocare alcune risorse sugli investimenti e di non contabilizzarle ai fini del disavanzo.
Per quanto riguarda l’Italia, noi dobbiamo stimolare il governo a prendere alcune decisioni. Una riguarda i pagamenti della pubblica amministrazione. Non ho capito perché la soluzione si è incagliata. E’ una situazione drammatica. Nessun paese europeo è nelle nostre condizioni. Le piccole imprese rischiano di morire come mosche. Occorre che i pagamenti vengano riattivati. In secondo luogo, vi è un problema fiscale. Noi sull’Imu avevamo fatto un’altra proposta: farla più leggera e affiancare per cinque o sei miliardi un’imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari. E avevamo detto che questa imposta rimane ai comuni e casomai si riducono i trasferimenti erariali. Credo che questa proposta sia ancora da sostenere. Bisogna sbloccare inoltre un po’ di investimenti dei comuni e affrontare il problema drammatico degli esodati.
Noi abbiamo bisogno che dall’iniziativa del governo, non in modo risolutivo, perché non ce ne sono le condizioni, ma almeno in modo visibile e tangibile, venga un segno positivo verso il paese, sul piano pratico ma anche sul piano psicologico, perché sono troppi mesi che non arriva al paese un segnale positivo. Abbiamo girato tutto il paese, i dirigenti del Pd hanno girato l’Italia intera in questa campagna elettorale, e non solo: se lo diciamo è perché sappiamo a ragion veduta che è così.
Lealtà al governo, richiesta di essere ascoltata, attenzione al sociale e al mondo del lavoro sia in chiave europea sia sul fronte nazionale. Mi auguro che in questo contesta venga sbrogliato anche il tema del mercato del lavoro, e mi auguro che ciò avvenga migliorando le risposte verso i giovani. In questo contesto, la decisione presa da Cgil, Cisl e Uil di fare una manifestazione unitaria il due giugno sui temi del lavoro e del fisco. E’ una piattaforma positiva. Ed è una novità importante: è la prima volta che si sancisce la ricomposizione sindacale. Il due giugno sarà dunque una giornata per il lavoro e per la democrazia.
Compito nostro sarà anche dare una spinta sulla riforma della politica: avanti con il tema della riforma costituzionale; avanti con la riforma dei partiti e con la riduzione dei finanziamenti, noi manteniamo ferma la nostra proposta del dimezzamento immediato. Sulla legge elettorale credo che noi dobbiamo ricordare che noi abbiamo ragionato fin qui sull’esigenza che i cittadini riprendano in mano la scelta dei parlamentari e che ci sia un indirizzo di governo plausibile e riconosciuto. Quindi ribadiamo la necessità di superare il porcellum, che è stata la causa di una grande parte dei problemi nel rapporto tra la politica e i cittadini, pronti a discutere le mediazioni, ma facciamo notare che il risultato di queste votazioni rinvigorisce il senso della nostra proposta
originaria, e cioè il doppio turno di collegio. Facciamo notare questo elemento per una discussione più matura e responsabile.
Infine, torno sui ballottaggi: la partita non è finita, abbiamo bisogno di una conferma forte. Siamo in una buona posizione, anche se vi sono insidie. Chiedo a tutti di fare il massimo sforzo per far tornare la nostra gente a votare, cominciando ad alludere a una idea che si può tradurre così: oggi nei comuni domani in Italia. A questo punto dobbiamo cominciare, sia pure in una traiettoria che riguarda il futuro, a sollevare l’idea che il Pd si candida a essere il protagonista del cambiamento."
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