Le primarie rafforzano

Ha ragione Marco Brunazzo che al tema delle primarie ha dedicato l’editoriale di mercoledì scorso. Ha ragione quando afferma su queste colonne che «le primarie sono state uno degli elementi di maggiore innovazione della politica italiana».
Alessandro Branz, "Corriere del Trentino", 24 marzo 2012

Sono presenti infatti anche in altri Paesi (non solo negli USA), ma probabilmente in nessun sistema politico hanno assunto un significato di rottura come nel nostro.

Il tal senso alle primarie sono state attribuite aspettative forse eccessive, in parte attenuate non tanto dall’ovvia constatazione che, trattandosi di un meccanismo democratico, possono dar luogo anche alla vittoria a sorpresa di outsiders, quanto dal verificarsi di episodi di manipolazione e inquinamento del voto che recentemente a Palermo hanno indotto talune forze politiche a disconoscerne la legittimità.

Io credo che, di fronte a questo scenario, il dibattito non possa più prescindere da una distinzione fondamentale: quella fra primarie di «coalizione» e primarie di «partito». E’ innegabile infatti che le prime, per la loro stessa natura (trattandosi della scelta di un candidato ad una carica monocratica: sindaco o presidente di regione), non solo «polarizzano» la competizione, favorendo soprattutto nei grandi centri urbani il candidato più radicale e maggiormente riconoscibile, ma finiscono anche per «personalizzare» eccessivamente il confronto, alimentando quel filone di pensiero e azione che in questi anni ha promosso una declinazione «leaderistica» della politica italiana, con preoccupanti ricadute di tipo populistico e plebiscitario.

Un discorso molto diverso va invece fatto per le primarie di «partito», soprattutto nel caso si tratti della compilazione di una lista finalizzata all’elezione di un futuro gruppo parlamentare o consiliare. Proprio dal recente seminario genovese di Quarto sono emerse una serie di interessanti indicazioni, estensibili anche alla nostra realtà provinciale: la necessità che il candidato sia radicato sul territorio, il coinvolgimento degli iscritti non solo nel momento finale del voto, la funzione di riequilibrio che può essere esercitata dagli organismi dirigenti del partito, l’adozione di un sistema di voto che «ordini» le preferenze al fine di moderare la conflittualità interna e ponderare meglio le scelte. In tal modo le primarie verrebbero ad assumere il significato di una partecipazione vera ed intensa alla vita del partito che ne uscirebbe arricchito e rafforzato.

In definitiva, a differenza di quanto sostengono alcuni osservatori, il ricorso alle primarie non comporta necessariamente un indebolimento dei partiti. Molto però dipende da quali primarie, quali regole e soprattutto quali obiettivi si intendono raggiungere.