Autonomia, il rilancio è altrove

Vanno apprezzate le motivazioni e  riconosciuto il merito agli organizzatori della manifestazione del 10 marzo di aver portato in piazza buona parte della classe politica dirigente, ma è altrettanto giusto archiviarla. Non passano di qui, non passano dalla piazza, ne' la difesa ne' il rilancio della autonomia.
Roberto Pinter, "Trentino", 21 marzo 2012


C'è però il bisogno di fare un percorso che porti a ridefinire il contenuto della Autonomia e al quale tutti devono contribuire. E non bisogna aspettare tempi migliori per elaborare le idee che devono sorreggere il terzo statuto.

E' proprio questo il tempo giusto per riflettere sulla esperienza della Autonomia, sulla cornice che ne ha definito i contorni nell'accordo De Gasperi-Gruber e sulla cornice che oggi ne delimita i poteri.

E' oggi il momento di aggiornare le istituzioni della autonomia e la loro articolazione territoriale, è adesso, a fronte della contrazione delle risorse, che vanno individuate le priorità, i capisaldi e le esigenze di riforma.

Un rilancio della autonomia che non rimanga solo il frutto dell'elaborazione di un ristretto e chiuso gruppo dirigente, ma che risulti il frutto di una ampia condivisione e della mobilitazione di tutte le risorse. Un progetto che prescinda dal suo condottiero, nel senso che il futuro della autonomia non può dipendere da una persona, e a riguardo prima si sgombera il campo dall'idea di un quarto mandato a Dellai e meglio è.

Un progetto alla cui definizione deve concorrere chi ha guidato l'autonomia e chi meglio di altri conosce limiti e potenzialità della autonomia. Sono proprio i prossimi dodici mesi, che ci separano dalle elezioni politiche e poi regionali, quelli indicati per elaborare il progetto che dovrà poi costituire il programma di governo per la prossima legislatura. Consumare tutte le risorse nell'incertezza di una legge elettorale e poi nella ricerca della nuova leadership sarebbe distruttivo per l'autonomia provinciale.

Un progetto per il futuro della specialità è esigenza nostra per assicurare unità di intenti, ma è anche  necessità per rimanere credibili rispetto ai processi nazionali e per avere una direzione da percorrere nel conflitto apertosi tra Stato e Autonomia sul riparto delle risorse e delle competenze.

Un progetto che sia coerente con la cooperazione transfrontaliera e la costruzione dell'unità europea.

C'è chi è convinto che l'Autonomia faccia parte del passato, e la piazza del 10 marzo in parte lo rievocava, o sia un privilegio ingiustificato, ma è proprio guardando al futuro che l'autonomia può dire ancora molto.

Anche se il governo “tecnico” ha ridato un po' di serietà e di credibilità alle istituzioni dello Stato, anche se le Regioni fanno a gara per numero di indagati per corruzione, rimane una grande differenza tra apparati burocratici centralisti e inefficienti e l'amministrazione prodotta dalla nostra specialità territoriale, e questa differenza va coltivata per trovare nuove vie nella riforma delle politiche pubbliche, dal governo del territorio al welfare, dalla scuola alla sanità.

Una differenza che non torna soltanto a nostro vantaggio ma a vantaggio di uno Stato che va cambiato e di un federalismo che va attuato. Buone pratiche ma anche modelli di gestione e di partecipazione, che sperimentate dalle autonomie territoriali, suggeriscano non una chiusura a difesa dei Land ma l'apertura ad una Europa delle Regioni all'altezza delle sfide della globalizzazione.

Si può partire dagli Stati generali, dalla riflessione dei partiti, e da qualsiasi altro forum che dell'autonomia colga le opportunità, rilegga criticamente la storia e si immagini il futuro. Tutto aiuta meno che sventolare bandiere, cantare inni e appellarsi alla retorica, di questi purtroppo il mondo è pieno e l'autonomia non aggiungerebbe nulla di speciale.