Olivi: «Primarie di coalizione e aperte»

TRENTO—«Non possiamo chiedere ai trentini di rivotarci perché abbiamo bene amministrato. È vero, ma non basta». Alessandro Olivi interviene al tavolo del centrosinistra trentino per rilanciare.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 20 marzo 2012

Chiede alla coalizione «un patto» che preveda non solo «l’ammodernamento dell’apparato pubblico, ma anche un coraggioso progetto di riforma dei rapporti interni alla società, cominciando dal welfare». Perché questo progetto sia credibile agli occhi degli elettori, per l’assessore la classe dirigente del centrosinistra deve evitare di «riproporsi stancamente». Tradotto in concreto, lo strumentomigliore sarebbero «primarie di coalizione aperte». Olivi non nasconde che tra i «papabili» ci potrebbe essere anche lui. «Tutti coloro che ritengono di poter dare il loro contributo devono farsi avanti in modo da dare al proprio partito, alla coalizione e ai cittadini il ventaglio di scelta più ampio possibile ».
Assessore, le provinciali cadranno nell’autunno 2013, ma già in primavera si voterà per le politiche. È ragionevole pensare che, per allora, le scelte principali dovranno già essere state fatte. «È evidente che bisogna cominciare a discutere di cosa intendiamo fare come coalizione nel 2013. L’unica cosa che eviterei, però, è di ridurre la discussione alla scelta del candidato presidente. Non vorrei che si dessero per scontate troppe cose».
In che senso? «Non possiamo chiedere ai trentini di rivotarci perché abbiamo bene amministrato. È vero, ma non basta. La crisi economica, il processo di riforma avviato dal governo Monti, il parziale commissariamento della politica nazionale sono, insieme ad altre, tutte nuove domande cui abbiamo il dovere di dare altrettante risposte. Prima di ogni altra cosa, dobbiamo individuare tre, quattro temi forti su cui stringere un patto che dia un senso chiaro al nostro stare insieme e comunichi con altrettanta chiarezza ai trentini perché chiederemo il loro voto».
Può fare qualche esempio? «Voi avete giustamente lanciato un dibattito sul futuro della nostra autonomia. C’è un’autonomia indisponibile, che è il patrimonio collettivo che la storia ci consegna, e c’è un’autonomia che è, come ha ricordato sul vostro giornale Pacher, un continuo progetto di riforme. Il primo punto, per quanto mi riguarda, è procedere sì all’ammodernamento dell’apparato pubblico, ma anche a un coraggioso progetto di riforma dei rapporti interni alla società, cominciando dal welfare. Anche a costo di confrontarsi con corporazioni, stratificazioni e retorica delle parti. Il modello cui guardare è quello tedesco, dove sono state superate alcune rigidità, ma dove al contempo i lavoratori partecipano alle decisioni delle aziende. Poi ci sono i giovani e le risposte che oggi non trovano: scuola, università, mercato del lavoro, istituzioni, tutti devono collaborare per trovare queste risposte ».
Più d’uno, a partire da Molinari, ha chiesto di rivedere alcuni investimenti infrastrutturali. «È il terzo punto, quello delle reti. Occorre meno ansia di dotarsi di infrastrutture tradizionali e ha ragione Pacher a dire che bisogna spostare l’attenzione su una mobilità più sostenibile, come la ferrovia, così come dobbiamo scongiurare il pericolo che le future infrastrutture servano a fare del Trentino una terra di transito. Più in generale, occorrono reti più qualificate. Su quelle telematiche, ad esempio, bisogna avere molto coraggio e investire. Come quarto e ultimo punto metterei la ricerca e la necessità che si traduca in ricchezza anche economica per il territorio. Tutto ciò deve diventare il nostro differenziale competitivo. Lavorare, vivere e anche trasferirsi in Trentino, penso alle personema anche alle aziende, deve diventare sempre più una prospettiva interessante. Solo così il Trentino resterà davvero al centro dell’Europa».
Definito il «patto», dovrete sceglierne l’interprete. Nuovamente Dellai? «Non mi iscriverò mai tra coloro che giudicano chiusa l’”epoca Dellai” e sono certo che di questa innovazione sarà indubbiamente protagonista. Sottolineato questo, credo anch’io che una sua ricandidatura, al momento, sia difficile ».
E come crede che potrete assolvere il non facile compito di individuare il suo successore? «A meno che la politica, da sola, non sia in grado di fare una scelta forte e condivisa, penso che lo strumento migliore saranno le primarie di coalizione. A una condizione: dovranno essere ampie, senza filtri e senza l’impressione che siano telecomandate ».
Anche a costo di avere più di un candidato del Pd? «Le primarie sono un eccezionale strumento se permettono alla gente di partecipare a una scelta. Non si può chiedere ai cittadini di ratificare una decisione già presa, nè si possono usare le primarie per pesarsi al proprio interno. Anche perché il candidato presidente andrà poi sottoposto agli elettori, non ai tesserati di questo o quel partito. Dovrà intercettare il consenso anche di chi non è necessariamente un elettore del centrosinistra ».
A questo punto una domanda è d’obbligo: potrebbe esserci anche lei tra i candidati alle primarie, qualora queste si tenessero? «Tutti coloro che ritengono e riterranno di poter dare il loro contributo devono farsi avanti in modo da dare al proprio partito, alla coalizione e ai cittadini il ventaglio di scelta più ampio possibile. Io sono pronto, in questo senso, a dare la mia disponibilità».
Un tema legato al rilancio della coalizione e del suo progetto politico è quello del partito territoriale. Lei che posizione ha in merito? «Io sono contrario a ipotesi di partito unico, a omologazioni che impoveriscano la coalizione del pluralismo dato dalle diverse identità. Ciò detto, sono contrario anche all’omologazione nazionale. Quindi, se mi si chiede se mi siederei a un tavolo in cui si discute di un partito territoriale, la mia risposta è sì, ma senza dimenticare che il Partito democratico rappresenta oggi l’unico collegamento nazionale del centrosinistra trentino».