«Rovereto torni a pensare in grande»

Alessandro Olivi rompe gli indugi e sferza i roveretani sul futuro, citando Kennedy: «Rovereto e la Vallagarina hanno potenzialità talmente forti che devono chiedersi che cosa possono fare per il Trentino e non continuare a chiedersi che cosa il Trentino può fare per loro».
F. Franchi, "L'Adige", 18 marzo 2012

Avvocato, ora assessore provinciale, tessera Pd, con qualche desiderio - peraltro negato con i giornalisti - di ambire in futuro al posto di presidente della giunta provinciale, il nostro JFK nostrano alza lo sguardo e invita tutti a cogliere le opportunità del momento e a immaginarsi una nuova Rovereto e un nuovo Trentino, come fecero i nostri padri negli anni ’60.
Assessore, lei chiede a tutti uno sguardo più lungo…
Cerco, vorrei, interpretare questo momento al di là della cronaca amministrativa. Vorrei dare un contributo di ragionamento intrecciando le dinamiche cittadine roveretane con il territorio della Vallagarina e con questo progetto di Trentino. Rovereto e la Vallagarina hanno potenzialità talmente forti che devono chiedersi che cosa possono fare per il Trentino e non chiedersi che cosa il Trentino può fare per loro.
Effettivamente Rovereto ha avuto un ruolo strategico industriale. E oggi? Non si intravede il futuro.
Rovereto è la città delle arti e dei mestieri. La storia della manifattura, intesa non come struttura, ha fortemente segnato la fisionomia urbana e il territorio. Dentro questo dibattito sul futuro della città non bisogna perdere di vista questo codice genetico. Rovereto è una città che guarda ai quattro punti cardinali. Non chiudiamoci dentro questo dibattito.
Andiamo indietro nel tempo. Lo snodo furono gli anni ’60. Oggi non si vedono le stesse potenzialità.
Certo, creando qui il distretto di diffusione produttivo, Provincia e Comune furono lungimiranti. Individuarono il differenziale competitivo che creava una prospettiva. Il tema dell’autostrada, la piattaforma industriale, l’autonomia territoriale. Fu una fase espansiva che appoggiava su una disponiblità forte e sulla filiera della produzione.
E oggi?
Oggi la Provincia sta confermando che questa vocazione è ancora attuale e ha prospettiva, ovviamente dentro un modello diverso. Con la Meccatronica e le aree di investimento c’è una rinnovata idea di manifattura, che è quella non più della consumazione del territorio, ma di riqualificare gli snodi, di sviluppare una idea di piattaforma tecnologica dell’innovazione.
Quindi la Provincia intende puntare sulla riqualificazione industriale?
Certo. Oggi bisogna puntare su una manifattura leggera, sulla manifattura delle idee. Si pensi comunque che abbiamo già impegnato 100 milioni di euro per Manifattura, di cui 30 già eseguiti. Per Meccatronica 90 milioni di euro già impegnati, e di cui 15,5 già in fase di esecuzione. 12,5 milioni sono per l’area delle Casotte. Su Alumetal, finalmente, dopo anni di stagnazione, ci sono 8 milioni di euro e un disegno urbanistico che può farlo diventare un quarto tassello di riqualificazione innovativa. È una nuova reimpostazione, una nuova fase dello sviluppo.
Se così è, allora qual è il problema?
Rovereto dagli anni ’60 è diventato un corpo che ha sviluppato i muscoli, ma la spina dorsale non ce la fa. Bisogna ora accompagnare con una modernizzazione, per andare avanti senza aumentare peso. Fare il polo della meccatronica significa spostare 2 mila persone al giorno, da una parte all’altra della ferrovia.
Quindi pensa a nuove infrastrutture?
Certo. Gran parte delle strozzature sono da traffico da e per Rovereto. È un problema di traffico urbano. Dellai e Miorandi a suo tempo individuarono tre grandi problemi: Sant’Ilario, la Mira e Rovereto centro, che è poi il tema della ferrovia.
Concretamente che cosa fare quindi?
Bisogna interrare la statale, lungo la ferrovia.
Significa cambiare la configurazione della città…
Certo. L’idea forte è incidere a nord e a sud. Questa per me è la vera infrastruttura della città, per ricucire il tessuto urbano senza soluzione di continuità.
Lo prevede il Prg. Sarà una spesa non indifferente…
È una spesa assolutamente sostenibile nell’ambito delle logiche della Provincia di riqualificazione urbana. Dobbiamo ragionare anche sul polo intermodale, per alleggerire il carico di merci sulle strade. Sono tasselli di un mosaico unico e bisogna cucire questi due pezzi di città. Il Polo della meccatronica senza università non sta in piedi.
Pensa quindi a un grande campus?
Sì. Ed è anche l’idea del Comune. Non ci si ferma a piazzale Orsi, ma all’idea di un campus scolastico legato alla città. Ma non penso solo al beneficio di quelle persone, ma anche agli impatti di quelle persone. Il protocollo che fu firmato dice già: spostiamo a Mori tutto quello che è stoccaggio, la rottura di carico, per le industrie e non per i servizi. Liberiamo la stazione da tutto quello che non è trasporto passeggeri. E non si tratta di investimenti proibitivi. La Meccatronica non è un progetto di Rovereto, ma della Provincia di Trento e potevamo farla anche da altre parti.
Insomma, bisogna alzare lo sguardo?
Sì, bisogna uscire dal rischio di una città che rivendica e una Provincia che aspetta. Allora ci pensò Bruno Kessler. Oggi, fatte le debite proporzioni, noi dobbiamo avere la forza di fare alcune scelte.
È riduttivo quindi guardare alle spaccature della maggioranza comunale e alle divisioni tra Miorandi e Pacher sulla viabilità?
A me non interessa quello che si sono detti Miorandi e Pacher. Siamo tutti dentro lo stesso sistema: bisogna rimettersi in asse sulle priorità. Non possiamo pianificare senza un forte rapporto con le istituzioni locali, ma la Provincia ha altre responsabilità politiche, non siamo dei notai. Torniamo tutti insieme a ripensare in grande. La visione è riqualificare le intelaiature delle reti.
Spostiamo il tiro: il mese prossimo si vota il referendum sulle comunità di valle. Lei che cosa farà?
Sono per l’astensione. Non mi piace come concetto, ma la politica deve avere la capacità di interpretare certi passaggi. Questo referendum mira solo a scassare un impianto che ancora ha delle criticità. Non vado a legittimare uno strumento che non mi dà l’alternativa e vuole solo distruggere.
Dellai quater…?
Io oggi sto lavorando con lui dentro la stessa squadra e ho un ottimo rapporto. Dellai è una risorsa preziosa per l’autonomia, anche per i prossimi anni. Ma su questo non rispondo anche per una questione di responsabilità. Il destino del Trentino non dobbiamo farlo dipendere da una persona. Io chiedo a lui di essere, come sempre è stato nei momenti chiavi, un innovatore. Chiedo di essere lui che guida questo fase di cambiamento, sapendo che nulla sarà più come prima. Il Trentino post 2013 sarà diverso da prima con la crisi che sta sconvolgendo tutto.
Allora pensa a un Olivi primo?
Non rispondo.