Il dibattito di questi giorni, incentrato su una possibile evoluzione dell’esperienza dell’alleanza di centro sinistra autonomista, ripropone innanzitutto la centralità del ruolo dei partiti quali fondamenta necessarie per costruire una democrazia matura e realmente partecipata. Partiti che si debbono occupare meno di tattica e di geometria politica e più dei contenuti progettuali con cui proporsi alla Comunità.Alessandro Olivi, 5 marzo 2012
Dal 2008, inizio della legislatura, ad oggi i contesti sono mutati sia nella società che nella politica. Facciamo i conti con una crisi di un modello di sviluppo della quale temo che alcune parti della comunità trentina non abbiano colto la portata stravolgente ed i connessi rischi di una fase realmente regressiva dell’economia con inevitabili lacerazioni del tessuto sociale. Anche la politica ed i partiti per continuare ad essere credibili devono dunque saper cogliere il significato di questa nuova fase. Affrontare questo ultimo scorcio di legislatura provinciale con lo stesso schema del 2008 come se nulla fosse accaduto vuol dire rinunciare ad introdurre quegli elementi di innovazione politica e discontinuità negli schemi che ci viene imposta anche dalle rinnovate sfide dell’autonomia. Sia chiaro, l’alleanza ha ben governato ed il livello di coesione in particolare all’interno della Giunta è sempre stato molto elevato. Le politiche in particolare per fronteggiare la crisi economica e sociale sono state ispirate dalla comune idea di un Trentino che garantisce elevati livelli di equità sociale. Occorre adesso però saper imprimere alla coalizione una svolta. Il paradigma per cui dentro la coalizione l’U.P.T. presidia il centro, il P.A.T.T. rappresenta le istanze autonomistiche più spinte ed il P.D. copre l’ala sinistra dello schieramento è superato. E’ uno schematismo che rischia solo di difendere (non so fino a quando) alcune rendite di posizione elettorali. I cittadini sono già oltre. Faccio un esempio. La lotta all’evasione fiscale, una riforma del mercato del lavoro a favore dei giovani e degli inoccupati, l’efficientamento e la trasparenza della pubblica amministrazione sono certamente scelte di centro sinistra che oggi stà mettendo in campo il Governo Monti. A me non interessa il mezzo con cui si conquista il governo ma il fine ossia il perché ci si propone per governare. Voglio dire che l’alleanza deve saper prima di tutto individuare e far emergere quei valori comuni, gli obiettivi strategici e le scelte concrete capaci di interpretare un’idea di trentino per almeno i prossimi dieci anni. Questo tessuto connettivo spesso viene individuato nella opzione territoriale. Il problema è intendersi sul significato di territorialità. Certo non può essere localismo e chiusura. Un territorio è un sistema sociale caratterizzato da un’identità convenzionalmente riconosciuta, da un capitale sociale che tiene insieme gli abitanti che lo popolano, da beni collettivi che lo abilitano alla competizione con altri sistemi locali nonché da reti di relazioni che lo interconnettono con altri spazi territoriali. Territorialità sta dunque per autonomia e l’autonomia è un patrimonio collettivo che saremo in grado di consegnare alle nuove generazioni solo se sapremo farne un modello efficiente di autogoverno, un laboratorio di idee, una fucina di innovazione. La Comunità Autonoma del Trentino, la sfida dell’autonomia integrale significa fare del Trentino un punto di riferimento di una nuova cultura dell’autonomia che sulle ceneri del fallimento del federalismo leghista e contro le tentazioni dell’omologazione culturale della destra contribuisca a migliorare la qualità dell’intero impianto istituzionale del nostro Paese. Se riusciremo a dimostrare che dalla gestione di un’autonomia rinforzata il Trentino migliorerà la competitività del suo sistema economico, la coesione sociale e l’efficienza della pubblica amministrazione avremo offerto non solo una esibizione dei nostri standard prestazionali ma un servizio all’intero Paese. In sostanza autonomia integrale significa intraprendere una coraggiosa stagione delle riforme soprattutto sul fronte economico sociale. Come si traduce questo sul piano delle forme partito e della riconfigurazione di un alleanza politica più stabile? Di certo non significa avere la tentazione di coltivare il proprio “orticello” ma sapersi riconoscere in un progetto comune il cui collante sia rappresentato dai contenuti e non dalla vecchia logica dei cartelli elettorali che mutano a seconda delle convenienze. Questo non significa costituire un partito dal pensiero unico in quanto il pluralismo è una ricchezza e non un limite. Penso piuttosto ad un rapporto di natura federativa fra le forze del centro sinistra autonomista le quali sottoscrivono non un programma di legislatura ma un vero e proprio patto per il governo dell’autonomia che abbia un’agenda molto più ambiziosa che non quella dettata dalle scadenze elettorali. Un simile assetto peraltro non può prescindere dalla presenza dentro la coalizione di una forza che sia in grado di dialogare da protagonista con una dimensione politica più ampia che non si esaurisce dentro i confini del Trentino. Un grande movimento popolare e riformista che contribuisce a rinforzare anche la qualità della politica nazionale ed è capace di confrontarsi con comuni esperienze che stanno di qua e al di la delle Alpi. Questa forza oggi è rappresentata dal Partito Democratico il quale proprio per questa sua aspirazione ad essere il punto di incontro di diverse culture può e deve diventare un pilastro della nuova fase dell’autonomia. La specialità e l’impronta autonomista del P.D. del Trentino non dipende pertanto dall’azionabilità di una clausola contenuta nel suo statuto. Dipende semmai dalla sua capacità di rappresentare dentro la coalizione oggi al governo il più convinto l’ispiratore di quelle riforme che devono fare del Trentino un modello virtuoso da esportare. Anche a costo di prendere posizioni diverse rispetto alla titubante linea nazionale. A noi P.D. del Trentino il compito di mantenere il piede sull’acceleratore dell’innovazione e del cambiamento che poi significa avere il coraggio e la responsabilità di fare delle scelte anche impopolari ma dettate dall’etica della responsabilità. Sul tema del mercato del lavoro per esempio, entrata a regime la delega sugli ammortizzatori sociali, dovremo spenderci per superare l’attuale dualismo tra le categorie iperprotette e quelle ipoprotette. Comprendere oggi che la riforma del mercato del lavoro è anche in Trentino condizione per rilanciare la competitività della nostra economia significa meritarsi la patente di riformisti.
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