Intervengo sul dibattito che in questi giorni è presente sulle pagine dei quotidiani e che si snoda intorno all’idea prospettata dal presidente Dellai di costituire in Trentino un partito territoriale che veda la confluenza in un unico contenitore di PD, UPT e PATT.Mi pare che tale prospettiva sia mancante di un passaggio necessario e precondizione per ogni scelta ragionevole e cioè la definizione di un progetto e di una prospettiva comune capace di impegnare e stimolare le attuali e future generazioni.Andrea Rudari, "Corriere del Trentino", 10 marzo 2012
Anch’io, come altri esponenti del mio partito, credo che oggi non ci siano le condizioni per una fusione dei tre partiti tout court.
Pensare ad un partito territoriale unico, sulla falsariga della SVP altoatesina, senza un progetto chiaro e condiviso sul futuro dell’autonomia e di una comunità che oggi va oltre i confini geografici della nostra regione ed abbraccia territori limitrofi e non solo verso nord, sembra rispondere più ad una scelta tattica che ad una necessità politica vera e propria.
Non dobbiamo però fermarci con il ragionamento in quanto oggi siamo in una evidente situazione di cambiamento della società e della percezione che i cittadini hanno del proprio futuro, che si riverbera anche in un atteggiamento nei confronti dei partiti così negativo come non lo si vedeva da anni (i dati, riportati in questi giorni dai giornali, sottolineano come la disaffezione e la lontananza dei partiti dalla gente sia assolutamente evidente e marcata).
Per questo sono convinto che oggi al PD si debba chiedere di farsi interprete del cambiamento assumendosi anche l’onere di scelte innovative.
Allora, il PD del Trentino deve saper cogliere questa occasione non tanto per fondersi con gli altri maggiori partiti della coalizione, ma per essere in grado di evolversi e ricercare anche nuove modalità di partecipazione e gestione del potere.
E seppure sono d’accordo che noi dobbiamo marcare una nostra territorialità, lo si deve fare in modo quantomeno originale.
Innanzitutto guardando al nostro interno. Nessuno mette, o ha mai messo, in discussione l’aggancio al partito nazionale, ma dobbiamo recuperare la territorialità attraverso un processo riformatore che veda il “nostro” PD capace di aprirsi a strade nuove.
Basti pensare alla partita delle prossime candidature per le elezioni nazionali, dove - a maggior ragione dopo l’affossamento del referendum sull’abrogazione della legge elettorale - il Partito Democratico Trentino dovrebbe assumere un impegno diretto per ridare al cittadino la giusta possibilità di esprimere il voto in modo compiuto, scegliendo i propri rappresentanti da mettere in lista e non in quanto indicati dalle segreterie nazionali.
Per un partito come il nostro che ha fatto del sistema delle “primarie” il metodo per produrre un vero cambiamento nella scelta della propria classe dirigente, rispetto ad passato anche recente, non si può adesso tornare indietro: la considero scelta di fondo per la democrazia e per il rispetto del cittadino elettore.
Territorialità significa allora possibilità di decisione nei confronti della stessa forma partito, del rapporto con gli iscritti e con i simpatizzanti, del rapporto e del coinvolgimento dei cittadini elettori, della scelta di una classe dirigente che sia in grado di leggere le prospettive future.
Il PD Trentino deve saper guardare anche fuori e non solo al proprio interno. Dobbiamo assolutamente diventare interlocutori capaci, inclusivi ed attrattivi, anche per quelle aree politiche e civili che oggi non trovano ufficiale rappresentanza nelle istituzioni, sia quelle storiche come l’area laico socialista che quella delle liste civiche, sia di coloro che non hanno tutele o forme organizzate di partecipazione. Ma ancora di più oggi bisogna saper cogliere gli umori, le speranze le attese dei cittadini che utilizzano modalità e forme di aggregazione meno tradizionali ma molto potenti e significative, grazie alle nuove tecnologie ed alla diffusione rapida e globale delle informazioni.
A fronte delle riflessioni di Dellai, ritengo necessaria dunque un’evoluzione del PD, per diventare una forza politica territoriale con una propria personalità rispetto al partito nazionale, ma ben inserita nel tessuto e nel contesto europeo, capace di discutere anche con forze che oggi sono distanti sia per contenuti che per agire politico ma con le quali ci si dovrà confrontare se si decide di intraprendere in modo definitivo la strada del riformismo e non del conservatorismo, se si decide di favorire l’innovazione e scommettere sul futuro e le nuove generazioni, se in tema di lavoro, sviluppo, modello sociale si fa la scelta della creazione delle opportunità e non della difesa dei privilegi.
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