Non daremo spazio a chi vive di routine

Stimolante e persuasivo come sempre, il pezzo di Roberto Colletti su «Il Trentino» del 16 febbraio annuncia un’attesa con il sapore di una sfida: sarà capace la riforma degli incentivi, che si accinge ad entrare a regime, di dare nuovo slancio all’innovazione e all’internazionalizzazione al tessuto economico trentino?
Alessandro Olivi, 17 febbraio 2012


 La sfida è esattamente questa ed investe tanto l’azione pubblica quanto la compagine imprenditoriale. La Giunta provinciale, per parte sua, la raccoglie e si accinge ad affrontarla, con tutto l’impegno politico e operativo che saremo capaci di mettere in campo. Con una sottolineatura: la pubblica amministrazione ha a disposizione tre modi per conseguire i propri obiettivi anche sul fronte della politica economica: fare, imporre o incoraggiare.
Noi abbiamo sposato la terza opzione, promuovendo azioni capaci di stimolare le migliori energie imprenditoriali a mettersi in gioco in vista di obiettivi condivisi. Non a caso, nella riunione programmatica straordinaria tenutasi la scorsa settimana, la Giunta provinciale ha posto al centro della propria azione di governo per quest’ultimo scorcio di legislatura i temi della crescita economica e del lavoro, decidendo di mettere in campo risorse ed iniziative per contrastare i pesanti scenari recessivi.
Una riflessione merita invece il timore prospettato da Colletti, per cui la distribuzione attuale degli incentivi perpetui il «quieto vivere» delle nostre imprese, quasi fosse una garbata accusa di assistenzialismo. Se abbiamo deciso di cambiare, è evidente che abbiamo noi per primi diagnosticato un problema generale di efficacia delle politiche di incentivo, che fin dagli esordi del secondo statuto d’autonomia (1971) hanno sostenuto costantemente le imprese, seppure con forti discontinuità nel tempo, senza che sia emersa quella moltitudine di campioni di imprenditorialità che forse sarebbe stato lecito attendersi. Non bisogna peraltro dimenticare che, all’uscita dal secondo conflitto mondiale, il reddito pro-capite del Trentino era prossimo a quello della Basilicata e, quindi, è evidente il grande recupero di posizioni che il sistema locale ha messo a segno rispetto al resto del Paese. Ma attenzione: il pilastro portante di queste politiche non è in discussione: cioè l’investimento, come obiettivo primo e assoluto dell’azione stimolatrice pubblica, dal quale discendono tutti gli altri, dall’innovazione all’internazionalizzazione. Se non vi fosse discontinuità nella propensione ad investire, la politica economica non esisterebbe neppure: non c’é infatti obiettivo di crescita che non abbia come presupposto necessario un investimento. Presupposto necessario, ma non sufficiente, certo, perché possono esservi investimenti più o meno innovativi, più o meno coraggiosi, più o meno «giusti» per ciascuna specifica realtà aziendale. Per questo vogliamo associare gli aiuti pubblici non a tutti gli investimenti aziendali ma soltanto a quelli che appaiono più idonei a generare ritorni in termini di profitto per l’impresa e di beneficio sociale per il territorio, secondo quel criterio normalmente definito come «selettività». Ma sempre di investimenti si tratta: se fino ad oggi le politiche di incentivo hanno sostenuto dalle duemila alle duemilacinquecento aziende ogni anno, significa che, nel grande giardino delle quarantamila imprese trentine, una parte si è cimentata nella più qualificante delle operazioni di gestione aziendale, cioè appunto l’investimento, che significa utilizzo di profitti, sottratti alla distribuzione ai proprietari dell’impresa, o messa a disposizione di risorse proprie oppure l’assunzione di nuovi debiti, anche consistenti, non di rado assistiti dalla firma di garanzia personale dell’imprenditore, per acquisire beni, servizi o tecnologie da impiegare stabilmente nell’attività aziendale: uno sforzo dell’oggi per lavorare meglio domani, qualcosa dunque di un po’ diverso dal «quieto vivere». I numeri, del resto (duemila imprese annualmente agevolate su quarantamila) sono lì a ricordarci che l’investimento non é un fatto aziendale così automatico e diffuso come si pensa, ed é meglio non scoraggiarlo, specie in periodi recessivi. Non dimentichiamoci neppure che anche gli investimenti cosiddetti di routine, aventi l’obiettivo di mantenere il posizionamento sul mercato, contribuiscono alla conservazione dei posti di lavoro, aspetto tutt’altro che da disprezzare in questi tempi.
Se, dunque, dovremo - anche per ragioni di bilancio - togliere una parte degli aiuti al mero ammodernamento, lo faremo con molta attenzione, perché sempre di investimenti si tratta, che fin qui hanno tenuto in vita, e decorosamente, il sistema produttivo locale, nonostante le sciabolate della crisi. In effetti, più che a selezioni basate su teoriche attribuzioni qualitative (come, ad esempio, quelle di tipo merceologico/settoriale, usate in passato con disastrosi risultati), pensiamo a selezioni basate sullo sforzo dell’impresa, come ad esempio per il c.d. criterio dell’«addizionalità», che incentiva maggiormente gli investimenti superiori alla media del periodo precedente.
Nella nostra politica, insomma, vogliamo lasciare poco spazio alle imprese che si rintanano nella routine. Per questo nella riforma degli incentivi, che ci accingiamo a rendere completamente operativa, viene messa in campo una nuova «batteria di strumenti», molti dei quali innovativi, che sono centrati su precisi assi strategici quali: la finanza d’impresa, l’apertura della piattaforma produttiva, le reti d’impresa con specifica attenzione ai poli tecnologici ed alle filiere. Misure che andranno ad aggiungersi a quelle, operative dal 30 dicembre scorso, per la ricerca applicata e l’inserimento dei ricercatori nelle imprese, e quelle per l’imprenditorialità femminile e giovanile, attualmente sottoposte al confronto con le parti sociali, importanti per assicurare il costante afflusso di nuova «linfa vitale», di cui necessita il nostro sistema produttivo.
Le medesime considerazioni valgono anche per la società Trentino Sviluppo la quale, a seguito del nuovo assetto organizzativo e strategico, sarà chiamata a sostenere quei progetti industriali e del settore produttivo più in generale, che abbiano in sé i requisiti per produrre uno scatto di competitività per le singole aziende agevolate e per l’intero sistema. Non a caso, proprio in tema di internazionalizzazione, proponiamo che un team di competenze intersettoriali, promuova politiche attive a sostegno dell’export anche per le piccole e medie imprese organizzate in filiera. Questa rigenerazione in chiave innovativa delle imprese, che assume centralità nella politica economica della Provincia, trova un’importante validazione, per esempio, nell’affidamento a Trentino Sviluppo medesima della regia nella realizzazione di quei poli scientifico-tecnologici e produttivi, improntati ad una logica distrettuale, dove l’innovazione rappresenta il frutto dell’incontro tra il dinamismo delle aziende, da una parte, e la presenza di istituzioni generatrici di conoscenza dall’altra.
La Provincia, dunque, sta orientando la sua politica di sostegno all’economia nel creare le condizioni di contesto e quel differenziale competitivo di sistema, che spetterà poi al protagonismo delle imprese saper cogliere.