L'Autonomia provinciale sta affrontando una crisi generale che comporta la restrizione delle risorse finanziarie, ma anche una ridefinizione delle proprie competenze. La crisi può generare nuove opportunità e quelle che si aprono in tema di mobilità sono importanti.Roberto Pinter, 10 febbraio 2012
Il fatto che la Provincia Autonoma di Trento possa gestire la Ferrovia della Valsugana, infatti, non è solo la possibilità di migliorare l'utilizzo di una infrastruttura, rendendo più facile la vita dei pendolari, ma è finalmente la concreta opportunità di avviare una nuova politica della mobilità. Una mobilità che riprende l'idea sottintesa al progetto Metroland, ma che lo ri-orienta rendendolo percorribile.
Quando è stata inserita nel PUP l'idea di Metroland, dopo decenni trascorsi a parlare solo di strade, molti hanno pensato che finalmente la mobilità pubblica diventava un investimento strategico per il futuro del Trentino.
Ma altrettanti hanno anche pensato, e qualcuno l'ha pure detto, che tracciare quattro linee su una carta pensando di trasformare il Trentino in una forma di gruviera per poter raggiungere da ogni valle il grande centro di Trento in venti minuti o poco più, non era esattamente quello di cui aveva bisogno questa terra. Inoltre era poco credibile che si proponesse un grandissimo investimento sulla rotaia per la mobilità interna, se non si riusciva nel frattempo a definire lo sviluppo dell'asse del Brennero e ad utilizzare al meglio l'attuale rete ferroviaria.
A tre anni di distanza l' idea di Metroland è stata in larga parte ridimensionata e non solo per la carenza di risorse da investire, ma soprattutto per le diffuse perplessità e l'assenza di sostenitori.
Pur tralasciando le obiezioni di chi pensa solo alle strade, non riuscendo ad immaginarsi uno sviluppo su rotaia o comunque della mobilità pubblica, sono tanti, amministratori e non, quelli che hanno trovato il modello Metroland fuori scala e poco rispettoso dell'identità territoriale del Trentino. Non sono mancate a riguardo le proposte di modifica del progetto, che si sono concentrate sulla connessione delle valli dell'Avisio ma estendibili anche ad altre zone.
La domanda è, infatti, quella di connettere sì il Trentino con una moderna rete, non però solo con una velocissima connessione tra centro e alcuni poli periferici, ma permettendo piuttosto a tutte le valli e a tutti i centri significativi di poterne fruire, allungando i fantasiosi tempi di percorrenza promessi ma allargando il servizio.
Il governo provinciale ha difeso Metroland, ma nei fatti l'ha via via ridimensionato, prima scaglionandolo nel tempo, poi modificandone il tracciato e infine aprendo il progetto a soluzioni differenti da quelle ipotizzate.
Trovo ragionevole questo ri-orientamento dell'idea di Metroland e mi pare che l'assessore di merito, Alberto Pacher, abbia più volte indossato il berretto del ferroviere che guarda al rilancio della vecchia rete ferroviaria trentina piuttosto che quello di un conduttore di metro che si mette alla guida di una gigantesca talpa.
La scelta di puntare sulla gestione della ferrovia della Valsugana, indicandola come parte importante della mobilità, e alternativa all'investimento sulla inutile Valdastico, conferma che i binari di Metroland ripartono da quelli che ci sono già, anche se modificandone, estendendone e elettrificandone il tracciato. Incontrando in questo percorso il consenso dello storico comitato per l'ammodernamento della Valsugana e di chi ha sostenuto il progetto, che vede nella ferrovia della Valsugana non solo una parte della metropolitana trentina, ma anche una opportunità per trasferire su rotaia una parte del traffico merci.
Tutto ciò porta ad ulteriori considerazioni:
1) Bisogna partire dall'esistente, sfruttarne tutte le opportunità, come nel caso della ferrovia del Brennero per renderla moderna e competitiva, nel numero di treni, nella frequenza, nella qualità, e trasformarla un domani in ferrovia per soli passeggeri o affiancarla da un binario dedicato.
2) Bisogna investire sui “rami secchi”, risultato di una disastrosa politica della mobilità tutta volta all'automobile e all'aereo e di una ancor più disastrosa gestione delle ferrovie italiane, e farlo a partire dalla nuova ferrovia della Valsugana, per connettere quei territori in tempi adeguati ed offrire una alternativa alle merci che si riversano sulla statale.E connettere con la Valsugana le valli dell'Avisio. Senza trascurare le possibilità non ancora esplorate della Trento-Malè.
3) Bisogna recuperare il trasporto pubblico su binario o comunque dedicato, una volta vanto di questa terra e poi rimosso, alienandone perfino il sedime del tracciato, per connettere la Vallagarina con l'Alto Garda, ma farlo rendendolo accessibile e utilizzabile anche per i centri attraversati: Mori, Nago, Arco, Riva, Torbole, valutando poi il proseguimento e la connessione con le Valli Giudicarie.
4) Bisogna mettere progressivamente in rete questa nostra terra, con diverse soluzioni, tenendo conto della morfologia, della realtà urbanistica, del bisogno di mobilità dei trentini e dei turisti.
Con tre premesse:
a) assicurare la priorità nel bilancio provinciale a questi investimenti, anche rispetto alla realizzazione di nuova viabilità, che non risulta strategicamente importante e che comunque andrebbe ripensata alla luce di questa idea della mobilità e della contrazione delle risorse;
b) percorrere la strategia indicata dal Pup, cioè l'attuazione di un Trentino policentrico, con una riforma istituzionale che sottragga Trento da una abnorme concentrazione di funzioni, con la riduzione della mobilità per lavoro e per l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione. Azionare, quindi, tutte quelle azioni tendenti ad uno sviluppo sostenibile, l'unico futuro possibile per un territorio che affida la capacità di attrazione alla qualità del suo paesaggio e alle risorse ambientali;
c) rendere coerenti le politiche nazionali con quelle del Trentino, (con quelle europee è molto più facile), il che significa chiedere al governo nazionale di investire sullo sviluppo della ferrovia, di trasferire su di essa una maggiore quota del trasporto delle merci, di connettere il territorio produttivo con le grandi direttrici ferroviarie che altrimenti costituirebbero un investimento insostenibile, di mantenere la concessione della A22, di poter ri-orientare le connessioni con le regioni confinanti coerentemente con queste priorità.
C'è bisogno di uscire da un paradosso che vede il governo provinciale sostenere grandi progetti di mobilità pubblica su rotaia e amministratori locali e ambientalisti contrari al raddoppio della ferrovia del Brennero e a Metroland, considerandole opere dall'alto costo economico e ambientale, e categorie economiche contrarie, perché preferiscono invece nuovi grandi infrastrutture viarie. In mezzo i cittadini, che si muovono con i mezzi che hanno e secondo le offerte che si ritrovano, che non capiscono cosa si vuole veramente fare. Se non se ne esce si finirà per continuare a fare quello che abbiamo fatto negli ultimi cento anni, costruire nuove strade, rinunciando ad una politica della mobilità sostenibile e dunque rinunciando ad esercitare la nostra autonomia.
Seguici su YouTube
Partito Democratico del Trentino