Non si salva l'Autonomia guardando al passato

La rappresentazione che viene fatta della nostra Autonomia  è spesso quella di un territorio privilegiato, un po’ sprecone ed arrogante. Come stessimo seduti sui nostri danari a guardar le fatiche altrui con disinteresse e superiorità. Non è questa la nostra specialità ed è inaccettabile che venga caricaturata e distorta a tal punto l’identità nostra e del territorio che abitiamo.
Mattia Civico, "L'Adige", 16 gennaio 2012 

Di fronte ai ciclici attacchi nei confronti della nostra autonomia, ora dalla stampa nazionale, ora da qualche gruppo politico locale o nazionale, ci sarebbe bisogno di una risposta di comunità. Perché l’autonomia del nostro territorio non è un patrimonio della maggioranza o del solo presidente della giunta, ma è molto semplicemente la nostra casa.

Dobbiamo uscire dalla dinamica di difesa di ciò che abbiamo per riscoprire le ragioni più profonde della nostra autonomia, quelle che la hanno generato ed alimentato. Tornare a quel patto di cittadinanza che ha fatto di questo territorio una comunità viva e solidale, capace di resistere a sirene localiste che pure hanno irretito molte regioni alpine.  Dobbiamo rinnovare il nostro specifico patto di cittadinanza basato sulla mutualità, sul riconoscimento reciproco nelle differenze, sulla chiamata di tutti alla coesione, alla tolleranza, alla responsabilità.

Le motivazioni storiche e politiche della nostra autonomiasono ampiamente note, ma non bastano a raccontare quello che siamo e a ribadire la nostra specialità. Ci dicono da dove veniamo, ma non chiariscono fino in fondo le ragioni per cui camminiamo e la direzione del nostro cammino futuro.
Non basta quindi ribadire la legittimità della nostra autonomia, e non è neppure sufficiente ricordare che le scelte che facciamo si fondano sulla nostra responsabilità, a fronte di deleghe e competenze che possiamo e dobbiamo esercitare. Insomma: non possiamo difendere l’autonomia guardando al passato.

L’autonomia si difende facendo un investimento sul futuro, attualizzando e promuovendo quel patto di comunità che ha segnato l’inizio della nostra specialità. E questo lo dobbiamo fare almeno in tre ambiti.

Il primo ambito è quello locale: è importante (ri)consegnare ai Trentini la loro Autonomia, perché possa essere davvero patrimonio di tutti e perché tutti siano chiamati ad esercitare la propria responsabilità. Superare quindi la centralità della Provincia quale luogo esclusivo di regia  e di governo, sprigionando le forze presenti nella società civile. Realizzare le Comunità di Valle vuol dire proprio questo: diffondere l’idea e la pratica dell’autonomia, consegnando competenze e responsabilità dal livello provinciale a quello delle Comunità. Ma dobbiamo farlo veramente, con convinzione e rapidità, in costante ed aperto dialogo. Anche rivedendo dove necessario alcune impostazioni, snellendo organismi di rappresentanza e cogliendo il momento che stiamo vivendo come una opportunità per riflettere sulla necessaria sobrietà.

Il secondo ambito è quello regionale. Perché la Regione non è morta e non possiamo rassegnarci alla sua inesorabile agonia. Dobbiamo riflettere sul nostro rapporto con Bolzano e con Innsbruck,  ripensare alla Regione e al nostro ruolo in quanto territorio alpino transfrontaliero. Siamo “speciali” nella misura in cui siamo europei, capaci di dialettica nuova ed aperta con i Länder vicini a noi. Condividere competenze, progetti, visioni di futuro. Prepararci ad un rapporto innovativo con l’Europa, in quanto regione europea. E chiudendo una volta per tutte i conti in sospeso con la storia passata, possibilmente prima che il tempo li chiuda da sé.

Il terzo ambito è quello del rapporto con la Mitteleuropa ma anche con il Mediterraneo: la nostra autonomia deve poter avere un senso non solo per noi. Deve essere patrimonio di tutti, spazio di incontro, scambio, formazione, sviluppo. Tenere viva la curiosità per ciò che è fuori dai nostri sottili confini, senza paura di ciò che non conosciamo, ma con la certezza che possiamo essere “speciali” nella dimensione in cui sapremo essere “comunità aperta”.

Questa l’Autonomia che vorrei: meno preoccupati nel difenderla,più impegnati nel condividerla.