Comunità e indennità, una norma iniqua e sbagliata

Povera quella Autonomia che affida i propri destini ai provvedimenti di un governo d'emergenza che ha il compito di salvare lo Stato dalla bancarotta.
Roberto Pinter, 13 dicembre 2011

Non mi riferisco alla salvaguardia delle competenze della Autonomia in materia di risorse finanziarie, rispetto alla quale c'è uno schieramento trasversale impegnato ad ottenerla, bensì al provvedimento riguardante i compensi degli amministratori degli enti locali non previsti dalla Costituzione.

Trovo maldestra la manovra del governo sui costi della politica e della amministrazione perché per incompetenza, inopportunità o per scelta, di fatto non si toccano i veri costi e ci si concentra su aspetti marginali quali i costi delle Province, delle circoscrizioni e nel nostro caso delle Comunità di valle.

Tra i mille segnali che si potevano dare nel superamento di sprechi e privilegi si  sono scelti quelli che toccano interessi limitati e poco tutelati. Ma soprattutto colpisce la logica ragionieristica che accomuna cose non accomunabili, se non che costituiscono una voce dei costi della pubblica amministrazione.

Prevedere che “la titolarità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione è a titolo esclusivamente onorifico” risulta iniquo, perché salvaguardia ciò che prevede la Costituzione a prescindere dalla reale e attuale necessità e punisce ciò che lo sviluppo dell'ordinamento costituzionale ha previsto a prescindere anche in questo caso della funzionalità e della congruità degli enti previsti.

Possiamo anche esonerare, come io credo e auspico, gli ordinamenti autonomistici dalla applicazione di questa norma prevalendo la competenza esclusiva ma rimane comunque una norma sbagliata.

Anche per questo non comprendo chi in Trentino si appella a questa norma per mettere in difficoltà la riforma istituzionale che ha istituito le Comunità di valle. Rispetto chi ha una opinione contraria alle Comunità, trovo invece un modo per nascondere la mano il richiamo al governo Monti per mettere in discussione le Comunità e sicuramente indice di assenza della benché minima cultura autonomistica.

Se i compensi per gli amministratori sono sbagliati o se gli enti sono inutili non può essere certo per una norma improvvisata e iniqua del governo nazionale ma per una seria valutazione che i nostri legislatori provinciali sono senz'altro in grado di fare.

Non è tagliando i compensi che si decide l'assetto istituzionale. Hanno ragione gli amministratori delle Comunità a ritenere inaccettabile questo provvedimento perché è semplicemente offensivo puntare alla riorganizzazione dell'Autonomia attraverso le Comunità e immaginare che questa azione sia onorifica. Ma hanno anche ragione i Presidenti delle Circoscrizioni che fanno un lavoro che non è certo inferiore a quello degli amministratori comunali o di altri enti.

Va quindi respinta la tentazione di approfittare di un provvedimento governativo per cancellare una riforma.

Il Partito Democratico non ha alcun problema viceversa ad immaginare, e lo ha già fatto con una articolata proposta, che il costo di funzionamento politico delle Comunità sia bilanciato  da economie nei costi generali della politica. Si può tranquillamente sostenere che il risparmio previsto dal taglio di questi compensi si possa ottenere con il contenimento dei costi della Provincia e dei suoi enti e con la ridefinizione del numero e dei costi degli amministratori locali.

Il Partito Democratico ritiene che le Comunità di valle sono un tassello importante per la ridefinizione istituzionale, partecipativa ed amministrativa della nostra autonomia. Le Comunità sono enti associativi dei Comuni indispensabili per assicurare non solo il contenimento della spesa pubblica, ma soprattutto la sua qualità ed efficienza e per rafforzare l'autogoverno delle comunità territoriali sottraendo alla Provincia la concentrazione di poteri e risorse.

Certo non mancano le difficoltà di attuazione di una riforma che presenta ancora situazioni di incertezza nella definizione delle competenze, e nel trasferimento delle risorse e del personale dalla Provincia, e nel rapporto tra Comuni e Comunità.

Ci vuole il concorso di tutti nel costruire la dimensione politica e sociale delle Comunità sottraendoci dalla facile difesa dello stato esistente (delle realtà comunali come sono) o dell'altrettanto facile difesa della legge  ignorando le carenze che vanno colmate con uno sforzo anche di innovazione.