L’arrivo di Piero Fassino alla Festa Democratica di Moena si è trasformato subito in un evento mediatico: fuori dal teatro Navalge, confusa tra un vivace gruppetto di curiosi e simpatizzanti, lo attendeva persino una troupe di “Striscia la Notizia”.
Moena, 16 gennaio 2008
Ma dopo una breve intervista, accompagnato da Alberto Pacher e dal sindaco di Moena Riccardo Franceschetti, Fassino ha comunque guadagnato velocemente l’entrata del teatro, che per l’occasione ha registrato il tutto esaurito. La prima domanda del giornalista del Corriere della Sera Aldo Cazzullo ha toccato la questione israelo-palestinese: un tema che sta particolarmente a cuore a Fassino, noto anche per la sua particolare empatia con la comunità ebraica di Torino e per la passione con cui, ormai da trent’anni, segue da vicino le varie fasi del conflitto e gli sforzi della diplomazia internazionale per porvi rimedio. Si tratta di un conflitto tra due popoli entrambi animati da aspirazioni ed esigenze legittime, ha esordito Fassino, ma è necessario che le due parti in conflitto riconoscano all’avversario il diritto di esistere: è l’unica precondizione ad una soluzione negoziale del conflitto. In questa situazione di grave crisi internazionale il governo Berlusconi non c’è, perché non ha una linea politica originale: è triste constatare che l’Italia non è più in grado di esprimere un’iniziativa politica attiva, di essere protagonista, come invece era successo nel 2006 con il conflitto in Libano. Da Gaza a Obama: l’insediamento alla Casa Bianca del primo Presidente di colore rappresenta un enorme cambiamento in termini simbolici, ha sottolineato Fassino, anche perché gli Stati Uniti, grazie a otto anni di governo Bush, sono in questo momento ai minimi storici rispetto a forza, autorevolezza, simpatia e fiducia in campo internazionale. L’auspicio è che l’America abbandoni definitivamente la linea dell’unilateralismo politico e inizi a costruire un rapporto nuovo con l’Europa: l’intenzione di chiudere la base di Guantanamo, espressa recentemente da Obama, fa già ben sperare.
Sulla crisi economica internazionale Fassino ha espresso una doppia preoccupazione, dettata in primo luogo dalle previsioni preoccupanti della Banca d’Italia, che per il nostro Paese si aspetta nel 2009 il 2% di crescita in meno (sarebbe la prima volta dal dopoguerra!), e dalla constatazione che non è possibile prevedere l’impatto che una crisi economica globale avrà su Paesi emergenti come India, Cina, Brasile. Il Pd propone una terapia che miri a prevenirne gli effetti più devastanti: in primo luogo un ricco programma di investimenti pubblici, un sostegno forte alla competitività delle imprese e la tutela del lavoro e dei lavoratori. La Social Card proposta dal Governo è una vergogna e chi l’ha decisa non sa cos’è la povertà; “è una nuova stella di Davide” ha rincarato Fassino, “e certo non è con la propaganda e con l’umiliazione delle classi più deboli che si può affrontare seriamente una tale congiuntura economica”.
Cazzullo ha poi sollecitato il suo ospite su una tematica, quella dell’immigrazione, che spesso crea qualche imbarazzo alla sinistra: “Questa visione irenica del fenomeno è forse frutto di un ritardo culturale?” Il Partito Democratico non condivide l’approccio terroristico al problema che è proprio della Lega, ha replicato Fassino, ma è anche consapevole che con questa devastante crisi economica in atto si avrà a breve una vera e propria lotta per la sopravvivenza tra immigrati regolari e la fascia più povera della popolazione italiana: è necessario trovare al più presto dei nuovi criteri, delle nuove formule per governare questo fenomeno e sfidare con coraggio e determinazione la Lega sul suo stesso terreno. Ma la domanda che in assoluto ha suscitato maggiore interesse e coinvolgimento nel pubblico assiepato nel teatro è stata quella sulla situazione interna del Pd. Tre, secondo Fassino, sono i fattori da tenere presente per inquadrare la questione con obiettività: ci sono dei tempi fisiologici per battere il Governo in carica e per costruire un’opposizione efficace, basti pensare alla situazione da cui, nel 2001, è ripartito l’Ulivo; il processo di contaminazione politica e culturale all’interno di un partito giovane e innovativo come il Pd richiede anch’esso del tempo; la crisi del sistema politico e istituzionale, particolarmente grave in alcune zone del Sud Italia, ha un maggiore impatto su un partito ancora in fase di sviluppo e definizione come il Partito Democratico.
“Non è comunque cambiando il leader che si risolve tutto – ha concluso tra gli applausi Fassino – perché il Pd non ha nulla a che spartire con il modello Berlusconi; è necessario invece che ognuno, all’interno del partito, lavori per creare le condizioni di una collegialità e responsabilità solidale”.
Ma la serata a Moena non poteva che concludersi in un unico modo: nelle cucine, con l’abbraccio dei tanti volontari che hanno contribuito, ancora una volta, alla riuscita di questa grande festa popolare.