«Io italiano ma mio figlio è albanese»

Cittadinanza agli immigrati, i paradossi della norma.
R. M. Grosselli, "L'Adige", 30 ottobre 2011

Raccolta di firme ieri per la campagna nazionale «L'Italia sono anch'io». Serviranno per la presentazione di due disegni di legge di iniziativa popolare che vogliono modificare le norme che regolano l'acquisizione della cittadinanza italiana ma anche riconoscere l'elettorato attivo e passivo (votare e essere votati) agli immigrati per le elezioni amministrative di tutti i livelli. Il primo disegno di legge introduce la possibilità per i figli di genitori stranieri di acquisire la cittadinanza senza attendere la maggiore età, se nati in Italia e con almeno un genitore che soggiorna da almeno un anno in Italia. Cittadini italiani diventerebbero poi i bambini che frequentano le scuole italiane. Ottima l'affluenza di cittadini per una iniziativa che in Trentinio ha coinvolto una quarantina di gruppi ed associazioni, dalla Cgil, all'Atas, dalla Caritas al Pd e ai Volontari di strada.
Tra i raccoglitori di firme anche i consiglieri provinciali Mattia Civico e Michele Nardelli e il sindacalista della Cgil Mirko Carotta : «Molto interesse della gente e molte firme raccolte». Una norma, quella italiana, che nei fatti prevede trascorrano quasi 15 anni prima che un immigrato possa essere naturalizzato e nega in questo periodo la fruizione del diritto di voto. la legge, tra l'altro, non porta solo sofferenze gratuite a chi deve soggiacervi ma anche a paradossi. Artan Shkurtaj è un cittadino albanese arrivato in Italia nel 1991 e in Trentino nel 1993, dove ha fatto vari lavori (in patria era ricercatore universitario, come la moglie) per operare infine nel ramo della ristorazione. Negli ultimi anni ha gestito un ristorante pizzeria nella zona valsuganotta dei laghi. «La cittadinanza - dice - avrei potuto richiederla dopo 10 anni di residenza. Ma se non porti dal tuo paese i certificati penali tradotti e vidimati dal ministero della giustizia e dall'ambasciata italiana, non puoi. Devi andare lì apposta e ci vogliono settimane. Qui io ero occupatissimo, avevo un bambino e poi sarebbe nata una bambina. La domanda la feci solo nel 2006». Per la maggioranza degli immigrati per arrivare alla fine dell'iter burocratico ci vogliono mediamente quattro anni. Per Artan la cosa fu un poco più veloce: «C'è stato chi, in termini burocratici, mi ha dato una mano». Nella media però, per ottenere la cittadinanza italiana uno straniero ci impiega quasi 15 anni, una enormità, per troppi versi assurda. «Nel 2009 ero italiano. Mia figlia a quel punto poté diventare italiana: era nata qui, aveva studiato qui e si sentiva italianissima, ma aveva dovuto attendere 12 anni». Però a quel punto si è presentato il problema del figlio. «Quando io ho ottenuto la cittadinanza lui, che ora frequenta l'Università a Trento, aveva appena compiuto i 18 anni, era diventato maggiorenne». Quindi niente cittadinanza. Risultato: una ragazza che nasce in Italia, studia qui, cresce come italiana e si sente italiana, deve attendere molti anni, magari anche 14 e 15 per poter ottenere la cittadinanza, solo quando la ottengono i genitori. E il fratello, che in Albania era nato ma vi era vissuto solo per 6 mesi, crescendo poi in Italia fino ai 18 anni, rimane albanese. Mentre il padre è italiano. «Non ha ottenuto automaticamente il passaporto italiano e ha dovuto a sua volta sottoporsi al lungo iter burocratico. Per quattro o cinque anni dovrà attendere. Eppure lui in Albania ci è vissuto ben poco». Artan Shkurtaj è persona di cultura. E di personalità non banale. Le sue idee le esprime sino in fondo. Non le paiono troppi, gli chiediamo, 10 anni per poter chiedere la cittadinanza, e poi altri quattro o cinque per ottenerla? Sorpresa: «Con la tipologia di immigrazione che l'Italia conosce, io non ritengo che dieci anni siano troppi. Vanno bene. Negli Stati Uniti puoi ottenere la cittadinanza dopo cinque anni ma lì ci sono filtri severi per arrivare nel paese. In Italia arrivano genti di culture straordinariamente diverse e diversificate. Ed io credo che per diventare un buon cittadino di una nazione, si debba riuscire a vivere questo sentimento di appartenenza. Si deve essere vicini a quella cultura. Capire dove si vive, sapere magari qualcosa della storia del tuo nuovo paese, della cultura locale». Artan comunque pensa che il tempo di attesa della cittadinanza in Italia è comunque eccessivo. «La trafila burocratica di quattro o cinque anni, quella sì è eccessiva. Si potrebbe ridurre il tutto ad un anno». E quindi, comunque, si passerebbe dagli attuali 14-15 anni ad 11 anni. E suo figlio? «Per chi è nato qui o ci è venuto piccolissimo, comunque prima dell'età della scolarizzazione, la cosa è del tutto diversa. Si tratta di gioventù che proprio a scuola ha potuto avvicinarsi e fare propria la cultura del paese. Si tratta di italiani e basta».