Leggiamo i questi giorni sulla stampa le richieste che l’Associazione Artigiani sta portando all’attenzione degli amministratori provinciali, legate soprattutto alla crisi che sta attraversando, ormai da più mesi, il settore dell’edilizia. Si chiede, tra l’altro, un ulteriore intervento straordinario volto ad agevolare il recupero edilizio sulla falsariga della manovra fatta nel 2009.Andrea Rudari, 30 settembre 2011
Si dice giustamente: oggi è necessario che la Provincia si faccia carico di sostenere interventi strutturali, piuttosto che elargire contributi a spot, in modo da far crescere le piccole aziende del settore artigiano affinché abbiano gli strumenti per affrontare le nuove sfide del futuro. Parole sacrosante, ed invero questa è la filosofia che fonda giustamente tutta la modifica alla LP 6/99, recentemente approvata dal Consiglio provinciale su proposta dell’assessore Olivi, laddove si parla di agevolazione per le imprese che vogliano mettersi in rete, che facciano sistema, che si strutturino ed organizzino in modo più forte, che facciano innovazione di prodotto, che impieghino nuove tecnologie. Perché il mondo è cambiato e lo di dovrà affrontare in maniera diversa, altrimenti gli interventi della Provincia andranno solo a tamponare una situazione già fortemente compromessa anziché sanarla.
E’ tuttavia vero che, nel frattempo, la crisi sta ancora mordendo, e non si è fermata come forse pensavamo due anni fa, ed a soffrire di più è ancora (dati alla mano) proprio il comparto dell’edilizia. Attenzione: non stiamo parlando solamente delle medie aziende che sono sufficientemente strutturate per partecipare (seppure a fatica) alle grandi commesse pubbliche, ma di quelle piccole o addirittura micro che poggiano spesso sul lavoro del titolare oltre che di qualche dipendente.
Condivido pertanto la preoccupazione che esprime AssoArtigiani e credo che la proposta fatta, pur con dovuti accorgimenti, debba essere presa in seria considerazione per alcuni motivi che vedo di segnalare di seguito.
In primo luogo è da dire che la manovra congiunturale del 2009 ha movimentato circa 300 milioni di euro - corrispondenti a circa 3.200 domande - a cui la Provincia ha contribuito con 80 milioni di euro. Ebbene, è lecito supporre che se questi investimenti produrranno utile tassabile, questa cifra potrà rientrare praticamente tutta (forse pure qualcosa in più) attraverso la quota parte di tasse e di IVA versate all’erario statale e di spettanza della Provincia autonoma di Trento. Quindi, vorrei dire, si è trattato di un investimento a costo zero per la PAT, ancorché i soldi entrino in cassa un paio d’anni dopo.
In secondo luogo, c’è necessità di rimettere in moto un settore che porta con sé un indubbio indotto. Se lavorano le piccole imprese edili, lavorano i falegnami, gli idraulici, coloro che producono o vendono materiali da costruzione, i cavatori lapidei, gli elettricisti e quant’altri hanno a che fare con i cantieri. Lavorano anche i tecnici progettisti, per i quali pure i tempi sono magri, visto anche la scarsa possibilità di realizzazione di opere pubbliche che ormai mostrano i nostri enti locali.
Si considererebbe altresì il fatto che oggi il rischio della perdita di lavoro nel comparto edilizio (su questo i dati presso i sindacati potrebbero essere illuminanti) viene pagato probabilmente da strati sociali già problematici, cioè dai lavoratori stranieri, posto che ormai il mestiere di muratore o manovale viene prevalentemente svolto da questa mano d’opera. La perdita di tanti posti potrebbe negativamente ricadere quindi su una parte della nostra cittadinanza priva di alcun tipo di tutela, soprattutto priva di quegli ammortizzatori che spesso aiutano in questi casi (vicinanza familiare, possibilità di adattamento, ecc.); e questo vorrebbe dire alzare la soglia della problematicità sociale.
Guardandola dal punto di vista del cittadino, la possibilità di usufruire di sostegno alle ristrutturazioni stimolerebbero i cittadini ad investire i propri risparmi in un settore da sempre rassicurante, anziché nel mercato azionario che oggi non dà alcuna certezza di rendita così come invece il vecchio mattone può ancora garantire. E’ una atavica tendenza quella dei Trentini, di avere casa propria; ma al giorno d’oggi sappiamo bene che i costi stanno rendendo sempre più difficile la possibilità, soprattutto per i giovani, di investire pro futuro nella casa d’abitazione laddove la si debba costruire da zereo, magari acquistando a caro prezzo i terreni edificabili.
E questo è interessante anche in un’ottica più pubblica. Infatti, gli interventi di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente sarebbero anche ottimali proprio per la possibilità di recupero edilizio dei centri storici, ma non solo; darebbero risposta alla esigenza di prima casa di giovani coppie che possono magari usufruire di beni di proprietà familiare senza ulteriori esborsi in compravendite onerose; darebbero risposta alle esigenze abitative senza sprecare nuovo territorio, così prezioso ormai per tutte le nostre comunità.
Sono altresì d’accordo che in questa fase di ristrettezze finanziarie, sia giusto prevedere interventi un po’ più specifici, con delle priorità tipologiche (risparmio energetico, risanamento, ecc.) o territoriali (zone svantaggiate, comuni minori, immobili tutelati, ecc.) ben precise. Aggiungerei altresì una ulteriore valutazione. Il fondo eventualmente costituito potrebbe prevedere l’opportunità di usare prioritariamente prodotti e imprese a “chilometri zero”, similmente a quanto avviene già per la ristrutturazione di aziende alberghiere, dove si premia con un di più di contributo chi si avvale di materie prime e ditte che “risiedono” in provincia di Trento.
Un’ultima cosa da condividere con AssoArtigiani. La sfida per il futuro delle nostre aziende trentine è ancora tutta da giocare e sicuramente non sarà solamente un ulteriore intervento contributivo della Provincia a invertire la rotta. Ripristinare i fondi per le ristrutturazioni private può sicuramente ridare un po’ di fiato in attesa che quanto di innovativo è già stato previsto (leggi nuova LP 6) possa finalmente far decollare un nuovo modo di fare impresa e di affrontare il mercato. Ed in questo - non ho dubbi che sarà così – dovranno proprio le Associazioni di categoria saper giocare un nuovo, fondamentale ruolo di stimolo e di sprone alle proprie imprese.
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