Quanto è successo il 4 novembre negli USA cambia la politica mondiale. Non solo perché si passerà dal ‘nuovo imperialismo americano’ al multilateralismo, alla ricerca della pace, al rispetto di tutti i popoli.
on. Letizia De Torre, 6 novembre 2008
Cambia molto di più: cambia la pratica della politica nella sua essenza. La vittoria di Barack Obama non è ascrivibile alle usuali grandi lobby, né alle finanze di queste stesse lobby, ma ai milioni di cittadini che si sono messi in moto, che hanno fatto anche tre ore di fila per poter far sentire la propria voce, per far sapere quale America vogliono, e ai quali il 44° Presidente degli Stati Uniti ha fatto arrivare subito un sms: "Abbiamo appena fatto la storia. Questo e' potuto accadere perché voi avete profuso il vostro tempo, il vostro talento e la vostra passione in questa campagna. Tutto questo e' accaduto per voi. Grazie, Barack".
Non è stato il potere delle televisioni, ché anzi in cima ai suggerimenti che si trovano on- line per mettere in piedi una community c’è: ‘spegni la TV’ e poi ‘incontra i vicini’. E’ stata la capacità di mobilitare le istanze più vere e profonde, è stato mettere insieme le persone, coinvolgerle nel cambiamento: ‘change’ non solo in termini di politica economica, finanziaria, estera, sociale, ma anche e soprattutto nella possibilità di realizzare – insieme – una nuova fase per l’America. E l’altra parola chiave è stata: ‘hope’, speranza, che Barack Obama ha riportato con piena dignità tra le parole della politica. E milioni di americani, di lingua, origine, fede, età diverse, ma ‘insieme americani’, hanno risposto di sì, hanno preso in mano la storia, da ‘cittadini sovrani’ della democrazia.
Colpisce molto positivamente la dichiarazione a caldo del candidato sconfitto McCain che, nel riconoscere la vittoria di Obama, ha affermato: “fino a ieri era il mio avversario, da oggi è il mio Presidente”. E’ l’espressione di un sentimento che dice appartenenza ad un popolo, che riconosce la sovranità della democrazia.
Per questo sogno, d’essere un unico popolo che cammina insieme, gli Stati Uniti hanno versate lacrime e la vita di tanti, come descrive un salmo: Nell’andare, se ne va e piange, / portando la semente da gettare, / ma nel tornare, viene con giubilo, / portando i suoi covoni” (Sal. 126, 5-6). Non è certo ancora il raccolto, perché tante prove attendono l’America e il suo nuovo Presidente. Tante prove attendono il mondo intero in questo terzo millennio. Ma certo l’umanità comincia a tornare, a camminare verso la meta di divenire da tanti popoli un solo popolo, nel rispetto e nel ‘giubilo’ di tante ricchezze diverse.
Da oggi il Partito democratico americano è un partito diverso, come il mondo non lo conosceva prima. Da oggi anche qui in Trentino, noi democratici non possiamo essere più quelli di ieri. La nostra politica deve contenere la parola ‘speranza’ e mantenerla viva nei luoghi di vita e lavoro, nei condomini, nelle valli, nei nostri 223 Comuni. Negli USA e nella campagna di Obama si dice ‘community building’, da noi l’abbiamo già chiamata ‘costruire comunità’. Spegnere la TV e incontrare i vicini. Cosicché le scelte non siano mai chiuse nei palazzi, ma ritornino ad essere il frutto di quella partecipazione vera e quotidiana così legata alla storia e al sentire della nostra terra e alla solidità della nostra Autonomia. Ne sono un’occasione questi ultimi giorni di campagna elettorale e il prossimo voto di domenica. Ma l’occasione continuerà ogni giorno. Per ciascuno di noi. In ogni angolo del Trentino.