Vorrei spezzare una lancia a favore della quota rosa nei consigli di amministrazione delle società pubbliche. Per le ragioni opposte a quelle che mi vedono perplesso sulla quota rosa nella formazione delle liste alle elezioni.
Roberto Pinter, "Trentino", 31 marzo 2011
In quest'ultimo caso infatti non ritengo efficace la quota rosa perchè il numero maggiore di candidate donna non ha portato ad un significativo miglioramento della presenza femminile nelle istituzioni.
Si sono distribuite le preferenze al femminile rendendo più difficile la competizione e non c'è stato un investimento politico dei partiti per riequilibrare la presenza di genere.
Il Partito Democratico con l'applicazione del principio di parità di genere negli organismi dirigenti ha segnato la differenza ma non c'è dubbio che solo una quota rosa degli eletti può garantire il risultato. Personalmente terrei una quota dei Consigli e delle Giunte riservata all'altro genere e in assenza di candidate lascerei i posti vuoti.
Ecco perchè mi convince invece la quota rosa nei consigli di amministrazione, perchè il risultato è così assicurato.
Il Presidente Dellai dice che se una donna ha le capacità non c'è motivo per non premiarla, ma è appunto qui il problema. Ad una donna viene chiesto normalmente un curriculum più lungo come se dovesse dimostrare che pur essendo donna ha le capacità per amministrare, per entrare nelle fila dei candidati occorre spintonare oppure godere di un garante e non sempre le donne sono disponibili a farsi largo in una competizione tradizionalmente definita con le regole al maschile.
La meritocrazia è un concetto che a me non piace, perchè è il principio di sistemi scolastici ipocriti che in nome del merito non creano le pari opportunità e premiano le classi sociali privilegiate, diverso è invece il merito che è giusto riconoscere a valle di una azione che tende alle pari opportunità, sociali, culturali e di genere. Analogamente applicare in politica o nella amministrazione o nelle imprese la meritocrazia a prescindere dalle condizioni di partenza, dal contesto, dai tempi e dai modi richiesti e imposti, non è giusto.
Obbligare le donne ad essere più ambiziose, competitive,intoccabili, e perfino arroganti, dei maschi per emergere e per rimanere in politica come nei posti di comando non va bene. Credo che chi ha le capacità e le competenze debba poter assumersi delle importanti responsabilità senza per questo dover pagare il prezzo di una omologazione ai tempi e ai modi di chi ha l'abitudine e il privilegio del comando.
Le quote obbligatorie per ogni genere garantiscono un riequilibrio e una maggiore e reciproca contaminazione ed evitano anche che siano sempre le solite ad emergere: pari opportunità anche dentro lo stesso genere sono importanti per evitare che siano sempre le stesse persone che si ritrovano a parlare per conto e in nome delle donne, permettendo il necessario pluralismo.
Si, bisogna forzare, se non si creano le condizioni affinchè più donne possano governare, amministrare...si finisce per lasciare ad una selezione naturale, che non ha nulla di naturale, a meno che qualcuno non pensi che la discriminazione di genere sia naturale, il che non è affatto escluso viste le battutine di molti politici e commentatori.
Bisogna rimuovere gli ostacoli che hanno reso difficile alle donne,( e ci sarebbero pure i giovani, ma è un altro discorso), ancor più che entrare rimanere in politica, diventare dirigenti, guidare imprese senza per questo rinunciare alle altre cose della vita.
E un modo, transitorio, per farlo è anche quello di obbligare ad un minimo di presenza che vuol dire , nel caso dei partiti, dei sindacati, delle associazioni...obbligare ad una azione di promozione che magari assicuri che non solo delle donne ma le donne che lo meritano si ritrovino ad occupare quei posti. Come base di partenza non certo come traguardo.