Al fianco di chi chiede la libertà

La risoluzione che abbiamo presentato nei giorni scorsi alla Camera come forze di opposizione ha inteso sostenere in modo ampio l'azione e il mandato al Governo nella crisi che si è aperta.
di Laura Froner, "Trentino", 28 marzo 2011

Il Partito Democratico ha sostenuto fin dal primo momento l'iniziativa internazionale e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che hanno garantito, in modo forse tardivo ma necessario ed inevitabile, un intervento della comunità internazionale nella crisi libica.

E giovedì notte è stato risolto anche il nodo del comando e del controllo della missione, affidati finalmente alla NATO, come abbiamo sempre auspicato.Non vi è dubbio che la scelta dell'uso della forza sia una scelta molto difficile, che ha suscitato un comprensibile turbamento in tanta parte dell'opinione pubblica, ma è una scelta che si era purtroppo resa necessaria.
Il Presidente Napoletano - che anche in questa drammatica occasione ha saputo ben interpretare i sentimenti e i valori che uniscono gli italiani - ha detto che noi non siamo in guerra ma aderiamo alla necessità di quell'uso legale della forza che è previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. D'altro canto non possiamo non pensare al numero delle vite salvate attraverso le azioni intraprese o a ciò che sarebbe accaduto se la coalizione internazionale non avesse fermato i carri armati di Gheddafi alle soglie di Bengasi o l'artiglieria che martellava Misurata uccidendo i civili.
Come ha ricordato D’Alema nella sua dichiarazione di voto, “fermare l'offensiva” delle forze armate “contro un popolo in rivolta non è la soluzione della crisi” né “la risoluzione autorizza ad occupare la Libia, a liberarla o a cambiare il regime”, pur tuttavia “siamo fermamente convinti che si debba agire nell'ambito della legalità e dei limiti della risoluzione n. 1973”.
Nel corso di questa crisi complessa si dovranno ponderare uso della forza e capacità di iniziativa politica. E a questo scopo sarebbe ancora più importante la coesione politica di una coalizione che, purtroppo è apparsa divisa sin dal primo momento, rilevando ancora una volta la debolezza del nostro Paese e dell’Europa. L’Italia ha contribuito alla confusione, non solo per il susseguirsi di dichiarazioni contraddittorie dei Ministri e del Presidente del Consiglio, dichiarazioni che possono aver sconcertato i nostri alleati. Il nostro Paese è condizionato oggi da troppe paure ed i pesanti vincoli con il passato contribuiscono ad indebolire l'immagine e il ruolo che potremmo avere.
L’assenza del Presidente del Consiglio nelle aule parlamentari, ripetuta negli scorsi giorni, non è apparsa più solo un atto di scortesia verso il Parlamento, è stata interpretata come il simbolo di una assenza di guida politica, autorevole e credibile, sul piano internazionale.
Un’assenza che appare ancora più grave se si considera l’importanza epocale di ciò che sta accadendo in questo momento nel Mediterraneo. Il moto democratico che lo sta percorrendo mette in crisi anche le politiche tradizionali, a cominciare dalla nostra.
Non possiamo esimerci dal riconoscere anche i nostri errori, di italiani ed europei. Forse per troppo tempo abbiamo pensato che i regimi autoritari fossero la migliore garanzia per assicurasi il petrolio, per contenere l'immigrazione e per contenere l'islamismo, ma non è così. L'unica vera garanzia di libertà economica e di contenimento dell'estremismo è la democrazia.
Ecco perchè ciò che sta accadendo è una grande opportunità anche per il nostro Paese: dovremmo essere a fianco di questo mondo che cambia, che chiede libertà e democrazia.