Nicoletti riprende il gruppo consiliare: si prescinde da aspetti fondamentiali.
"L'Adige", 24 marzo 2011
«È la posizione di singole persone, non certo del partito». Michele Nicoletti , segretario del Pd, non alza i toni - non è nel suo stile - ma non rinuncia a «bacchettare» i consiglieri provinciali per il loro documento di contrarietà all'intervento militare italiano in Libia, in completa dissonanza con la posizione del partito a livello nazionale. «L'argomento - spiega Nicoletti - non è di competenza provinciale. Quel documento lo interpreto come un semplice contributo al dibattito». Il segretario spiega che se fosse stato nei consiglieri provinciali del partito non avrebbe firmato il documento preparato da Nardelli. «Di sicuro io non l'avrei formulato in questo modo, come semplice condanna della guerra, ma avrei posto l'accento sul problema di riconoscere che nel diritto internazionale si sta facendo strada il principio della responsabilità delle vite umane che deve portare la comunità internazionale ad intervenire per salvare la popolazione di uno Stato nel caso non lo faccia il suo governo, vale a dire nei casi di carestia, ma anche omicidi di massa e genocidi». Cosa succederà ora? «È ovvio che il loro atto apre la discussione dentro il partito, ma tengo a ribadire che si tratta di un'iniziativa di singoli perché non è stata discussa dentro al partito». In ogni caso Nicoletti afferma che «Il Pd non si sottrae al dovere di difendere i civili, ma l'azione deve essere coordinata e non può avere obiettivi di natura militare. Per questo il rovesciamento del regime di Gheddafi o la ricerca di nuovi spazi commerciali non sono ammessi come motivi di intervento armato». Nonostante la «reprimenda» del segretario, però, il gruppo marcia completo dietro a Nardelli. Il capogruppo Luca Zeni spiega che «nel documento sono riportati i motivi per cui questo intervento ci pare un errore dal punto di vista del diritto internazionale e degli interessi nazionali dell'Italia. E visto che avrà ripercussioni anche in Trentino ci sembrava doveroso esprimere le nostre criticità». Per Mattia Civico l'obiettivo del documento era quello di «ribadire il primato della politica rispetto all'intervento militare all'ultimo minuto». Margherita Cogo contesta invece la linea del Pd nazionale. «La politica del partito in genere lascia perplessi su parecchie questioni, dal federalismo alla Libia. Capisco che il Pd voglia assumere un atteggiamento di responsabilità, ma fare da stampella ad un governo spaccato è un grave errore». «In ogni caso - aggiusta un po' il tiro Andrea Rudari - non è la sconfessione dei nostri parlamentari. Sappiamo che l'efficacia del documento è relativa ma ci sembrava corretto far sapere la nostra posizione». Sara Ferrari confessa che si è trovata «un po' in imbarazzo» nel firmare il documento perché - conoscendo la posizione dei parlamentari - s'immaginava che la difformità rispetto alla linea nazionale avrebbe sollevato critiche e perplessità. «Personalmente - dice - mi trovo d'accordo nel partecipare ad un intervento militare sotto il controllo dell'Onu offrendo le basi per gli aerei, non nello sganciare bombe su un paese straniero».