Bruno Dorigatti, "Trentino", 8 marzo 2011
La festa della donna, come ogni appuntamento del calendario delle festività, rischia di diventare un cerimoniale pieno di retorica, di parole vuote, persino un po’ ipocrita. Per un giorno fingiamo che tutto funzioni alla perfezione, che non vi siano problemi legati alla parità di genere e che eventuali difficoltà possano essere superate con uno sforzo di buona volontà.
Regolarmente, il 9 marzo le mimose appassiscono, tutte le buone intenzioni finiscono per essere dimenticate, i problemi restano inalterati. Per non cadere in una discussione sterile, legata solo alle esigenze formali di questa ricorrenza, provo quindi a partire da qualche dato concreto. Secondo una recente analisi dell'Eurostat, l'Italia è in fondo alla classifica europea dell'occupazione femminile, e il dato diventa ancora più grave quando si prendono in considerazione le donne con figli. Per le donne senza figli, di età compresa tra i 25 e i 54 anni, il tasso di occupazione in Italia è pari al 63,9%, contro il 75,8% della media UE.
Le donne con un figlio registrano un'occupazione inferiore al 60%, a fronte di una media UE del 71,3%. La percentuale delle donne con due figli con un lavoro crolla al 54,1%, mentre nel caso di tre o più figli solo il 41,3% delle donne risulta occupata. Questa è la fotografia del nostro paese all'8 marzo del 2011.
Aggiungo altri dati, per definire meglio il quadro: secondo i dati di Almalaurea, le ragazze non solo rappresentano il 60,1% dei laureati, ma concludono prima il loro percorso di studi (40,6% in corso contro il 37% dei ragazzi) e con risultati migliori (voto medio 104,2 contro il 101,4). Eppure le donne che hanno incarichi di alta responsabilità nel sistema industriale italiano è stimato intorno al 7%, e il tasso di partecipazione alla vita politica è inferiore a quello della Cina. Per concludere l'elenco, il rapporto 2010 del World Economic Forum, che misura il divario di genere in più di cento nazioni prendendo in considerazione la distribuzione di risorse e opportunità tra uomini e donne, pone l'Italia al 74° posto.
E' la fotografia di un paese bloccato, solcato da profonde e strutturali ineguaglianze. Un paese dove diventare genitori sembra essere diventato un lusso per pochi: non è un caso che l'Italia abbia un tasso di natalità inferiore a tutti i paesi europei, e che meno del 10% degli italiani sotto i 34 anni abbia già avuto un figlio. Il paradosso più evidente è che in questa oggettiva situazione di crisi il tema del sostegno alla famiglia sembra essere, trasversalmente, uno dei punti focali di tutti gli schieramenti politici.
Purtroppo alle parole non seguono sempre i fatti: tutti i giovani lavoratori, e le donne più di chiunque altro, si accorgono di quanto sia difficile in Italia conciliare tempi di vita e tempi di lavoro e, in buona sostanza, di come una maternità rappresenti un ostacolo alla carriera professionale. Ma anche questi problemi non colpiscono tutti in modo omogeneo: sono soprattutto precari, collaboratori a progetto, vere o finte partite IVA a scontrarsi con le difficoltà maggiori. Precarietà che, anche qui non a caso, grava in modo più netto sulle giovani donne. Maggiore stabilità lavorativa, congedi e indennità di maternità e paternità, norme severe che impediscano i licenziamenti preventivi, servizi diffusi ed accessibili alla prima infanzia: sono queste le misure che vanno messe in campo per garantire realmente la partecipazione femminile al mondo del lavoro e per distribuire in modo più equo il lavoro di cura familiare, ad oggi completamente a carico delle donne.
In Trentino è stato fatto un primo, importantissimo passo avanti con l'approvazione in Consiglio provinciale della legge sul benessere familiare e la natalità, sulla quale si è trovata una positiva intesa bipartisan. In attesa della sua piena attuazione, possiamo guardare con soddisfazione alla definizione di un quadro normativo molto avanzato, che avvicina la nostra provincia alle migliori esperienze di welfare europeo.
Un pensiero speciale va alle tantissime donne straniere che lavorano in Trentino curando le persone anziane, donne costrette per necessità a stare a lungo lontano dalle loro famiglie, dai loro figli, privandosi dell'affetto dei loro cari e privando questi della loro presenza.
Grazie a loro in Italia si riesce a fare fronte ai tanti problemi legati alla cura delle persone non autosufficienti, problemi resi sempre più pressanti dal costante invecchiamento della popolazione, dalla crisi demografica, dall'allentamento delle reti familiari. Abbiamo il dovere di costruire strumenti nuovi per fronteggiare queste sfide, consapevoli che non possiamo scaricare su queste donne i costi delle nostre emergenze: l'otto marzo deve essere anche la loro festa, la festa dei loro diritti e della loro grande dignità di donne al lavoro.